
Contenuto tratto dal numero di dicembre 2025 di Forbes Italia. Abbonati!
Milly Carlucci non è solo un volto storico della tv italiana: è anche l’unica showrunner riconosciuta per strategia, visione e impatto economico nell’intrattenimento. Creatrice e direttrice artistica di Ballando con le stelle, ha accompagnato la televisione italiana attraverso cambiamenti culturali, nuove sfide competitive e rivoluzione digitale.
Il ruolo di showrunner – termine mutuato dal mondo del cinema americano – è difficile da definire. Carlucci lo racconta declinato in chiave televisiva: “È il ruolo del direttore artistico. Controlla la parte artistica, quella produttiva (senza portafoglio) e ha in mano lo sviluppo del format. Inoltre, deve essere attento al target di mercato e tenere conto del budget”. Serve, perciò, grande intelligenza produttiva. Nessuno ha un budget illimitato, tanto meno un’azienda pubblica che usa il denaro di tutti i cittadini. Il ruolo, quindi, è al crocevia tra il mondo creativo e quello esecutivo, con competenze di sceneggiatore capo e produttore esecutivo.
Che cosa significa, concretamente ed economicamente, guidare una macchina di spettacolo così complessa?
Intanto vuol dire conoscere i propri limiti. Non sono io che faccio i conti, ma sono io che li faccio quadrare. Significa adattare la creatività alle possibilità. Significa anche fare una regia: non quella delle telecamere, ma del racconto delle singole puntate. Il grande segreto è che a casa nessuno deve mai immaginare che ci sia un limite di budget. È la prima serata e il pubblico vuole sognare.
Che cosa significa fare prime time?
Per me significa unire tanti filoni narrativi: a Ballando abbiamo la gara, le storie personali dei partecipanti e la giuria con le sue controversie. Poi c’è la storia del varietà Rai, con la sua immancabile bellezza, uno spettacolo di luci e colori. Con la tecnologia, poi, riusciamo a comprimere i costi regalando un sogno a chi ci guarda (i grandi oggetti di scena vengono realizzati con la realtà aumentata, ndr). Certo, le prove tecniche diventano ancora più importanti.
Guardando indietro, quale momento o incontro è stato determinante per la sua svolta professionale come showrunner?
Per me è una necessita del lavoro. Certo, ci sono stati incontri significativi. Un personaggio straordinario è stato Pippo Baudo, per la sua capacità di occuparsi di ogni dettaglio. Spesso mi sono ispirata al lavoro degli americani. Per Il cantante mascherato siamo andati in delegazione a Los Angeles. Ho capito che dovevo occuparmi di tutto per avere il prodotto che volevo. Allora è stato necessario avere una competenza a 360 gradi e imparare a valorizzare al massimo tutte le professionalità che mi circondano.
Ci sono state difficoltà o ostacoli particolari che l’hanno formata, sia come artista che come manager, nelle diverse fasi della carriera?
Difficoltà sì. Come donna, ho capito che dovevo essere più brava. Non ci è concesso sbagliare. Così diventiamo più brave nel combattimento quotidiano. Attorno a me, negli ultimi 20 anni, ho visto e sentito una comunità di donne che ce la faceva e così ho costruito il mio percorso. Ho capito che dovevo ottenere il rispetto perché credessero in me come capo. Così ho studiato, sono stata curiosa e mi sono dovuta consolidare. Alla fine, mi sono messa nella posizione di poter essere il capo. Io sono la punta di un iceberg immenso (è a capo di circa 300 persone, ndr), una nave che può deragliare se non tutti sono convinti del prodotto. Io li devo convincere ogni giorno.
Come si misura il valore economico che un format porta alla Rai e al settore dell’intrattenimento?
Si misura sul ritorno pubblicitario. È il marketing a dirci quanto valiamo e ce lo dice minuto per minuto. Per noi sono fondamentali anche i social, che danno un grande valore economico. Ci siamo mossi con grande veemenza. Abbiamo capito subito quanto contassero e li abbiamo inglobati nella trasmissione in modo massiccio. Come autori non dobbiamo solo adeguarci ai cambiamenti del mondo: dobbiamo intuirli. Così abbiamo trovato un nuovo pubblico e, di conseguenza, nuovi acquisiti pubblicitari. Abbiamo un nuovo pubblico giovane e di laureati.
Quali sono le principali sfide nell’innovare oggi il mercato televisivo italiano?
Siamo uno dei pochi paesi ad avere ancora la tv generalista. Per il resto, tutto si è parcellizzato. I canali tematici hanno un pubblico molto specifico e, direi, anche una clientela molto targettizzata. Il nostro pubblico ama ancora raccogliersi davanti alla tv la sera, anche se magari lo fa con più schermi e con il telefono in mano. Il mondo è il nostro palcoscenico. Credo sarà fondamentale studiare sempre di più le nuove curve di ascolto tramite i social. Sono luoghi dove scopri non solo quanti ti seguono, ma i profili personali di chi ti segue. Avere i dati reali è fondamentale. Non si può rimanere in un piccolo mondo antico, se si vuole innovare.
C’è un consiglio o una lezione ricevuta da maestri o colleghi che considera fondamentale nel suo percorso professionale?
Ci sono cose fondamentali: prepararsi, studiare, conoscere ogni reparto nel proprio ambito, fare domande, formarsi, essere curiosi di tutto quello che succede in Italia e nel mondo. Ricordare che, nel caso della tv e dei format, tutto deve essere adattato al nostro pubblico. Un format non è mai per sempre. Bisogna guardare sempre dove va il mondo, cercare una linea guida e confrontarsi, nel mio caso con il gruppo di autori.
Come si attraggono e si mantengono i migliori talenti in un settore così competitivo?
Come si fa è una grande domanda. Bisogna costruirli e crescere insieme. Io li costruisco e cerco di tenerli. Una parte del team è una squadra tecnica Rai di altissimo livello. Ci vogliono team building, tanto entusiasmo e voglia di fare. Ad esempio, la parte autorale, che è il cuore del programma, per me è vitale: è un gruppo meraviglioso e tenerli è un lavoro fatto di tante componenti. Questo lavoro non si fa per vanità. Tutti abbiamo bisogno di essere garantiti, ci sono le famiglie e vanno rispettate. Al di là di questo, è un lavoro che si fa soprattutto per passione e si nutre di armonia, gioia di lavorare e di stare insieme. Sono fondamentali tutte le sensibilità.
Che consiglio darebbe ai giovani imprenditori – specialmente donne – che vogliono cambiare il settore dello spettacolo?
Siate molto curiosi e umili: mai pensare di possedere la verità, ma ascoltare profondamente. Mettetevi in discussione, coltivate il dubbio, ascoltate tutti e poi scegliete la vostra direzione.
Qual è il progetto o il programma che considera il più innovativo o audace della sua carriera e perché?
Senza dubbio Il cantante mascherato, che infatti ha faticato a farsi capire. Ha incuriosito, ha fatto volare la fantasia, ma forse ha creato una sfida troppo grande per un pubblico tradizionale. È un format diverso dalle nostre abitudini. Ma il pubblico deve essere sfidato e rinnovato. Magari inizialmente, come è successo, si soffre, ma l’esigenza della tv è parlare anche a un pubblico giovane. La tv generalista deve tornare a sperimentare. Certo, nella prima serata è più complesso, ma la sfida è fondamentale.
E quale sarà allora la sua prossima sfida?
Il cantante mascherato, naturalmente.
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