“Per me essere a Il Palagio è come vivere in un dipinto. È uno dei miei luoghi preferiti sulla Terra: l’atmosfera che vi si respira è magica”, racconta il musicista Sting. “Abbiamo sempre amato molto questa nostra proprietà in Toscana, anche per quello che la sua terra ha saputo darci”, confessa Trudie Styler, attrice, regista, produttrice e imprenditrice, oltre che moglie del cantante, mentre le parliamo nella loro casa a New York. “Quando cercavamo casa in Italia, pensavano che volessimo un palazzo con affreschi alle pareti e sul soffitto. Ma io sono figlia di un agricoltore e cercavo più un luogo dove potessimo costituire un’azienda agricola ecologica, coltivare i nostri prodotti, avere i nostri animali. Sia io che Sting abbiamo da sempre lavorato: ci dà energia dedicarci a diversi tipi di attività”.
Dallo scorso autunno Trudie Styler e Sting hanno deciso di dedicarsi attivamente alla viticoltura e di trasformarla in un vero business. Il 14 febbraio 2021, giorno di San Valentino, Trudie lancerà l’edizione speciale di un nuovo vino da lei ideato, assieme al famoso viticoltore Riccardo Cotarella: Baci sulla bocca. “Sarà disponibile in quantità limitata a partire da metà marzo 2021, attraverso i nostri distributori e al negozio Tenuta Il Palagio farm shop a Figline e Incisa Valdarno”.
Come è nato Baci sulla Bocca?
Tra me e Riccardo c’è stata un’intesa immediata. Prediligo di solito il vino bianco. Riccardo mi ha ricordato che nelle nostre terre abbiamo molto vermentino. Abbiamo quindi lavorato con questo vino, fino a che trovato quello che per noi era eccellente. Bevendolo ho detto: ‘Questo vino ha il sapore di baci sulla bocca!’. Tutti hanno sorriso, ma era nato il nome di questo prodotto. Il nostro Igt vermentino vintage 2020 ha l’aroma della pesca, dei fiori, con un leggero sapore di drupacee e gelsomino. In questi duri momenti, in cui ci manca il contatto umano, questo vino risveglia per me i sensi come un caldo bacio estivo. Volevo un’etichetta particolare: così ho chiesto al grande fotografo Elliott Erwitt, che peraltro è stato un nostro vicino di casa per lungo tempo a New York, di darmi il permesso di usare una sua famosa fotografia del 1955, California Kiss: un’immagine riflessa nello specchietto di un’automobile di due amanti che si baciano.
In futuro, lei e Sting pensate di espandere ancora di più il business del vino?
Baci sulla Bocca è per noi, in realtà, l’inizio di un nuovo capitolo del nostro brand: Il Palagio 1530. Il numero è l’anno in cui questa proprietà cominciò a essere attiva dal punto di vista vitivinicolo. Stiamo lavorando a un rosato, uno spumante che dovrebbe essere pronto tra quattro anni e che stiamo pensando di chiamare come una canzone di Sting, Brand New Day, e ad alcuni vini rossi, tra cui un merlot con una minuscola percentuale di sangiovese. Vogliamo poi fare vini chiamati Roxanne, come un’altra canzone di Sting: uno bianco e uno rosso. Ci siamo avvicinati piuttosto tardi alla viticoltura, ma ci auguriamo che i nostri vini abbiano successo. Ci stiamo mettendo il massimo impegno (finora hanno ideato anche vini rossi che portano i nomi di alcune canzoni di Sting, come Message in a Bottle, Sister Moon e When We Dance, ndr).
Oltre al vino vendete anche altri prodotti a Il Palagio.
Essendo cresciuta in una fattoria e avendo passato diverso tempo nella foresta amazzonica, a contatto con la natura selvaggia, credo fortemente che la regola vincente sia l’agricoltura biologica che difende la biodiversità. Tutti i nostri prodotti sono, quindi, organic. Produciamo olio extravergine, con olive leccino, frantoio e moraiolo, raccolte a mano e spremute a freddo. Siamo molto fieri del nostro miele. Nella nostra proprietà in Inghilterra abbiamo cinque famiglie di api, ma, non essendoci mai troppo caldo, non sono produttive come quelle italiane. A Il Palagio abbiamo adesso settantacinque famiglie di api e produciamo diversi tipi di miele, tra cui il millefiori e quello alla lavanda. Nel settore vitivinicolo e in quello agricolo ho appreso molto da Alan York, che fu il nostro primo enologo a Il Palagio e che aveva fatto esperienza in Francia e in California prima di approdare in Italia.
Come avete deciso di venire a vivere anche in Italia?
Abbiamo cominciato a cercare una proprietà in Italia nel 1990. Sting stava scrivendo un album e io ero incinta di nostra figlia Eliot (Trudie e Sting si sono sposati nel 1992, dopo dieci anni di convivenza, e hanno quattro figli. Eliot è cantante e fondatrice del gruppo musicale I Blame Coco, ndr). Io decisi che volevo rimanere in Italia per partorire mia figlia: mi pareva il paese ideale per avere dei bambini. Stavamo affittando una casa in quel periodo, dalla famiglia Salviati a Migliarino. Sting aveva perso entrambi i suoi genitori in un anno ed era molto triste: scrisse in quel periodo The Soul Cages, con musiche molto malinconiche. Ma avere un figlio fu una gioia immensa. Intorno a noi c’era questa comunità italiana che ci stette molto vicino e fu questo il motivo per cui decidemmo di fare dell’Italia anche casa nostra. Ci vollero, però, sette anni per noi, prima di trovare Il Palagio. Lo acquistammo nel 1997 e non è nel Chianti, una terra dove si sono trasferite tante persone ricche da tutto il mondo, una zona più turistica. Dove viviamo noi esiste ancora un’atmosfera più autentica e molto italiana. Il nostro intento è di condividere sempre più questa esperienza con gli altri in futuro. Ci fa molto piacere che la gente decida di venire qui per un matrimonio, un compleanno, per fare una festa, che voglia affittare una residenza nella nostra proprietà per un po’ di tempo. Speriamo, inoltre, che i nostri figli si appassionino allo stesso modo a tutte le attività che stiamo sviluppando a Il Palagio e che questo diventi un business di generazioni.
Lei lavora anche a tempo pieno come produttrice.
Ho cominciato come attrice. Scappai di casa a 17 anni, dopo aver avuto un litigio con mio padre che non voleva seguissi questa professione. Prima approdai a Stratford-upon-Avon e fui molto fortunata a trovare una famiglia molto connessa con il mondo teatrale, in cui potei lavorare come au pair. Ero molto ambiziosa e tenace. Frequentai la Bristol Old Vic theatre school ed entrai a far parte della Royal Shakespeare company. A volte recito ancora, come di recente nella mini-serie tv Maniac, con Emma Stone e Jonah Hill. Ma, quando incontrai Sting cominciai a seguirlo. Avendo anche quattro figli, dovetti, per un certo tempo, dedicarmi alla famiglia. Quando ero pronta a ricominciare a lavorare, non volevo aspettare che il telefono suonasse per avere del lavoro. Decisi quindi di fondare la mia casa di produzione cinematografica. Alla metà degli anni ’90 nacque Xingu films: un nome che derivava da quello di un fiume dell’Amazzonia, la cui corrente mi aveva trascinato e mi aveva fatto quasi rischiare la vita, ma al contempo mi aveva portata a riflettere su quello che volevo davvero. Cominciai a fare documentari che vinsero molti premi, a scoprire talenti come Guy Ritchie e Duncan Jones. A New York fondai invece, nel 2011, con Celine Rattray, la Maven pictures, con cui siamo molto attive. Abbiamo fatto e stiamo realizzato film di alta qualità e, al momento, stiamo lavorando a materiale per la televisione e le piattaforme digitali. Con un nuovo progetto di Maven screen media, ancora in fase di sviluppo, vogliamo sostenere sia le iniziative e le storie a favore delle donne che quelle sull’uguaglianza. Il movimento Black lives matter ci ha portato a riflettere e influirà su tutta la produzione cinematografica futura.
A cosa sta lavorando al momento in questo campo?
Quando è scoppiata la pandemia da coronavirus, stavamo finendo di girare Silent Night con Keira Knightley. È stato un duro colpo per la produzione, perché da un lato temevamo che chiudessero il set, con danni finanziari tremendi, dall’altro non si sapeva ancora bene cosa fosse questo virus e avevamo anche paura che qualcuno si ammalasse. Per fortuna, siamo stati tutti bene, ma ogni sera andavo a dormire e pregavo che non accadesse nulla. Tra poco mi dovrò recare in Slovenia, invece, perché dovrebbero cominciare le riprese di Infinite Storm, con Naomi Watts, diretto da una regista polacca, Malgorzata Szumowska, che ha vinto anche l’Orso d’argento a Berlino. Le riprese sono tra le montagne e quindi in una zona isolata, che dovrebbe essere al riparo dal Covid-19. Sul set prenderemo tutte le precauzioni necessarie, naturalmente. Ma è un mondo nuovo, che ci impone di adattarci e organizzarci, se vogliamo continuare a lavorare.
Conta di essere più attiva come produttrice anche negli anni a venire?
Ho lavorato con successo anche come regista. In futuro, conto di dirigere di più. , un mezzo di comunicazione e sperimentazione che mi affascina molto è quello dei podcast. Ho diversi progetti in questa direzione e alcuni, che ho diretto io, dovrebbero uscire nei prossimi mesi.
Come è cambiata la vita sua e di Sting durante la pandemia?
Sting stava recitando a San Francisco nel suo musical The Last Ship. Io ero sul set del film Silent Night in Inghilterra. Quando tutto ha chiuso, lui mi ha raggiunto nella nostra casa nel Wiltshire. Siamo rimasti bloccati in Inghilterra fino a luglio, poi siamo venuti in Toscana al Palagio. E’ stato molto bello essere immersi nella natura in un momento tanto difficile. Allo stesso tempo ci siamo concentrati sulla creazione di nuovi vini. Adesso siamo tornati a New York, principalmente per vedere i nostri nipoti. Ne abbiamo sette e sono tutti negli Stati Uniti.
Lei è un’attiva filantropa: fin dagli anni ’80, lei e Sting eravate impegnati per salvare la foresta amazzonica, occupandovi di difendere il pianeta prima ancora prima che il cambiamento climatico divenisse un problema tanto grande. È tuttora molto impegnata nell’organizzare programmi in tutto il mondo con la sua fondazione Rainforest fund.
Fondammo il Rainforest fund nel 1989, dopo che conoscemmo, nell’Amazzonia brasiliana, Raoni Metuktire, capo degli indigeni brasiliani Kayapò. Assistemmo personalmente alla devastazione della foresta in quello che considerammo un vandalismo terribile contro il pianeta e una delle sue risorse più grandi. Decidemmo di portare Raoni, che adesso è divenuto un eroe della salvaguardia ambientale, in giro per il mondo per diffondere il messaggio che quello che stava succedendo nella sua casa, la foresta amazzonica, sarebbe poi accaduto in tutto il mondo. Per questo io e Sting non ci stancheremo mai di far presente come sia importante influire sui nostri politici perché compiano le scelte giuste. È davvero fondamentale, poi, supportare business sostenibili, prestare attenzione a tutto quello che si acquista, supportare l’energia alternativa. Adesso la nostra fondazione ha progetti in quasi venti paesi e si occupa anche di far conoscere alle comunità indigene i loro diritti. Mi piace il nuovo presidente americano, Joe Biden, e mi auguro che si impegni a fare molto in questa direzione. Questa pandemia ci ha fatto comprendere che possiamo viaggiare di meno, usare meno risorse, dare più valore alle nostre relazioni personali, passare più tempo con il nostro partner e diminuire i consumi non indispensabili. Allo stesso tempo, si stanno sviluppando sempre più business in questa direzione, che stanno considerando anche la protezione del pianeta. Ci tengo a raccontarle un episodio divertente: ho degli amici in India che vivono presso una strada molto trafficata e si divertono a inviarmi fotografie di chi attraversa la loro strada in questo periodo, tra cui animali che non hanno mai visto prima. Questo ci insegna che un equilibrio tra il business e la protezione del pianeta è ormai indispensabile e che lottare tutti insieme contro il cambiamento climatico deve essere una priorità.
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .
Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .