Nel 2030, i brand leader saranno quelli che avranno messo la sostenibilità al centro della loro agenda strategica rivendendo gradualmente la propria cultura aziendale e i modelli di business. È quanto emerge dal report LuxCo2030: A Vision of Sustainable Luxury, realizzato da Bain & Company in collaborazione con Positive Luxury, la società dietro il Butterfly Mark, secondo cui, complice la crisi dovuta al Covid-19, la generazione Z premierà sempre di più i brand che hanno un impatto positivo sull’ambiente e sulla società, rischiando di abbandonare quelli che non prendono sul serio su questi temi.
Una call-to-action per le company del lusso, che si è concentrata su cinque fattori principali: la ridefinizione del purpose del brand, il disaccoppiamento della crescita dai volumi, la tracciabilità della supply chain, la massimizzazione dei committment ambientali e sociali e la creazione di valore economico dalla sostenibilità.
“I marchi del lusso percepiscono un’aspettativa crescente da parte dei consumatori. Un restyling dei modelli non sarà sufficiente: i brand che vorranno avere successo nel 2030 dovranno iniziare già da oggi a re-immaginarsi profondamente”, ha aggiunto Claudia D’Arpizio, global head del vertical moda & lusso della società e co-autrice della ricerca.
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Ma cosa c’entra in questa accelerazione la pandemia? Innanzitutto, ha obbligato le aziende a gettare le basi per un cambiamento a lungo termine, portando i brand a comprendere che la crescente domanda dei consumatori per beni di lusso più sostenibili – in parte guidata dal desiderio di prodotti più durevoli e di qualità superiore – non fosse soltanto un trend passeggero ma una vera e propria rivoluzione strutturale, destinata a durare.
“Le aziende più virtuose saranno quelle che riusciranno a scindere la crescita del business dalla crescita dei volumi, tramite l’adozione su scala di modelli circolari come il second hand e il rental”, ha spiegato D’Arpizio.
Ma non solo. In base allo studio, anche grazie al supporto che riceveranno dall’intelligenza artificiale le aziende di successo saranno quelle capaci di ridurre le eccedenze nei magazzini, favorendo gli ordini e offrendo al cliente, nel processo, più opzioni di personalizzazione. E saranno leader quindi anche quelle realtà che sceglieranno anche di internalizzare i processi di rivendita. Parola d’ordine quindi moda di seconda mano: nel 2030, infatti, i marchi di successo potrebbero vedere una quota di mercato del second-hand anche pari al 20% del fatturato, con un incremento del margine di profitto del singolo prodotto del 40%. In questo scenario, anche il noleggio di capi e prodotti potrebbe arrivare a pesare il 10% del fatturato.
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All’interno delle aziende sarà infine cruciale il ruolo del chief diversity officer, figura manageriale che ha l’obiettivo di colmare i gap aziendali in tema di inclusività, ma anche di adattare le misure di sostenibilità globali alle condizioni specifiche di ciascun mercato locale.
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