Articolo tratto dal numero di ottobre 2021 di Forbes Italia. Abbonati!
Compattezza e fluidità sembrano essere due le parole chiave per Zoran Radumilo, president of global potential markets di Ifs e coo per l’America Latina, ovest e sud Europa. È entrato a far parte della società globale di software cloud enterprise, che sviluppa e fornisce software aziendali a imprese che producono o distribuiscono beni, che costruiscono o mantengono asset e gestiscono operazioni incentrare sui servizi, nel gennaio 2020, ma la sua carriera si fa fatica a scriverla tutta per lunghezza ed eterogeneità.
Ha cominciato nella consulenza strategica per la boutique che ha disegnato la prima agenda digitale italiana. Dopo di che la scalata: executive di Cisco, vicepresidente di Sap, managing director di Workday. Inoltre presiede il board di varie società e startup, è global mentor di Henkel X e si occupa da vicino di fintech, fashion retail e energy.
Lo scorso anno è stato chiamato dall’ad di Ifs a gestire i mercati ad alto potenziale del sud America e del sud Europa, tra cui l’Italia. Qui la storia trentennale dell’azienda si solidifica con una folta rete consulenziale, che a detta di Radumilo continua ad essere centro di investimenti importanti. E la piattaforma di Ifs, che ha come obiettivo quello di ottimizzare i processi all’interno della struttura aziendale, continua a crescere in modo esponenziale: a livello globale i clienti sono più di 10mila e l’azienda ha segnato nel 2020 una crescita del 26% rispetto all’anno precedente grazie proprio alle sue caratteristiche principali: compattezza e fluidità.
Quanto ha impattato il Covid su un business come il vostro?
All’inizio della pandemia ognuno ha cercato di trovare il modo di approcciare l’emergenza al meglio. Dal canto nostro abbiamo provato a mettere in prima posizione i clienti. La nostra dimensione d’azienda, sufficientemente grande ma non un colosso, ci ha permesso di essere agili su questo punto e abbiamo avuto il privilegio di essere vicino ad ogni cliente. Questo senza dubbio ci ha aiutati a crescere. Il nostro lavoro è consistito anche nell’aiutarlo a capire come superare il periodo post-pandemia, in cui è necessaria la rivisitazione dei problemi che il Covid ha evidenziato. Credo, a livello generale, che l’emergenza sanitaria ci abbia permesso di capire l’importanza della trasformazione digitale. Abbiamo capito come preparare i prodotti e le soluzioni future coniando il concetto di Moment of service. Ovvero, da ora in poi, sarà necessario concentrarsi sul cliente in ogni parte della catena produttiva. Questo ci permette di fare diventare i problemi delle opportunità.
Una ricerca del fornitore mondiale di software aziendali Ifs rivela oggi che le aziende stanno perdendo l’occasione unica rappresentata dal post-pandemia per correggere i processi interni e affrontare le cause di fondo dei problemi legati alla customer experience. Da cosa dipende questa mancanza?
I dati lo mostrano. È importante dire che questa ricerca è stata fatta su oltre 1.700 top manager di varie aziende in Gran Bretagna, Usa, Australia, Francia e altri Paesi nordici. Il risultato di questa analisi ha portato tre importanti elementi: il 29% di manager che hanno riscontrato problemi durante il Covid non mette in pratica nessuna azione per ripartire. Il 18% non ha tempo per segnalare i problemi. L’82% delle aziende non assicura che il customer service sia fluido. Credo che se trasliamo questo nel mondo italiano lo possiamo facilmente identificare nelle nostre imprese. Bisogna quindi guardare in questo senso a una grande opportunità, tramite il dialogo e cominciare a dire che le alternative ci sono. E noi, ad esempio, le offriamo.
Qual è la cosa necessaria da fare in quest’ottica?
Dipende molto dalla decisione dell’azienda di prendere questo problema sul serio. Bisogna partire con il capire cosa si può fare. Per questo abbiamo lanciato il concetto del Moment of services. Ogni esperienza è elemento che va vissuto, rivisitato e orchestrato. Capire cosa fare con il feedback e integrarlo nelle nuove soluzioni di software è importantissimo in previsione di una ripresa e lo si può fare anche se la piattaforma lo permette. Per questo quella di Ifs cerca di accorpare varie funzionalità in un unico strumento che garantisca una fluidità di processo.
Che visione ha allora del futuro?
Partendo da questi dati ho aspettative ottimistiche. La positività nasce dalla capacità che abbiamo avuto di identificare i clienti, avere un dialogo e aprirlo con loro su qualsivoglia soluzione. L’importante è far capire al cliente che è tempo di agire. D’altronde la pandemia ha rafforzato la consapevolezza nella trasformazione digitale, che non vuol dire solo digitalizzazione, ma la trasformazione dei processi. Questa è la chiave per andare avanti. Ci saranno aziende che andranno avanti grazie al digitale, altre che saranno destinate a morire. Con Ifs diamo questa opportunità con la nostra piattaforma.
In che modo?
In un’unica piattaforma cerchiamo di dare al cliente diverse caratteristiche fondamentali: il know how industriale abbinato alla modernità delle tecnologie proprie di un determinato ambito; dare la possibilità di sfruttare il modello della nostra piattaforma con qualsiasi tipo di implementazione, che sia cloud o on-premise, sta al cliente scegliere cosa vuole fare, come implementare il prodotto, dove e in che modo; la servitizzazione, con lo sviluppo di nuovi processi di business soprattutto in alcuni settori. E siamo molto attenti alla customer experience: la piattaforma è intuitiva e semplice da capire. Infine, il futuro passa sicuramente da soluzioni out of the box come la nostra, per le industrie dove siamo focalizzati, nelle quali non ci sarà più bisogno di pensare all’integrazione di tutti questi elementi. Avere un prodotto inclusivo come questo significa ridurre il time to market e arrivare sul mercato prima e maggiormente preparati.
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