Articolo tratto dall’allegato Small Giants di Forbes di giugno 2022. Abbonati!
Il mercato dei reperti fossili sta godendo di una fortuna senza precedenti. Non si esclude lo zampino della celebre pellicola Jurassic Park che – indirettamente – ha contribuito ad accendere i riflettori su un mondo prima appannaggio degli studiosi di settore, paleontologi in testa. Il successo viene scandito dai colpi di martello delle case d’asta che aggiudicano i manufatti a suon di milioni.
E così, se nel 2000 un dinosauro Allosaurus venduto a 1.3 milioni di euro da Sotheby’s Londra aveva stabilito un record assoluto per il mercato europeo, nell’ottobre 2020 a fare notizia è stata la vendita di uno scheletro di Tyrannosaurus Rex alto 12 metri e lungo 4, dotato di 188 ossa. Il lotto ha raggiunto il prezzo di 31,8 milioni di dollari da Christie’s di New York battendo il record per il prezzo più alto pagato per i fossili di dinosauro. Partito con base d’asta di 8 milioni di dollari, il vitalissimo scheletro del T-Rex aveva animato la sala rendendo la vendita piuttosto frizzante.
Cosa fa l’azienda Zoic
In questo contesto si inserisce il crescendo dell’azienda triestina Zoic specializzata nella lavorazione di resti fossili. Flavio Bacchia, fondatore e ceo, è un geologo che ha saputo trasformare in professione la passione di sempre: il collezionismo di fossili. “Ero studente universitario e le risorse erano quel che erano… Mi resi però conto che vendendo qualche campione, potevo procedere ad altri acquisti saziando la mia curiosità. Iniziai così. Per venticinque anni ho fatto la spola tra Stati Uniti e Trieste per seguire le operazioni di estrazione di reperti. Poi con la mia squadra mi resi conto che avevamo maturato competenze con pochi pari nel trattamento dei pezzi. Di qui la decisione di comperare il materiale grezzo da chi ha il titolo di scavarlo nelle varie proprietà private. Questo ha consentito di concentrarci sulla trasformazione del materiale grezzo in finito”, racconta Bacchia che ha portato l’azienda a un giro d’affari milionario.
Il business
“Per la verità, il fatturato varia a seconda degli anni. Il 2021 per esempio è stato piuttosto fortunato per via della vendita di Big John”. Che è il triceratopo più grande mai rinvenuto al mondo. Si parte dal cranio, 2 metri e 67 centimetri in lunghezza per due in larghezza, corna di un metro e dieci centimetri. La lunghezza totale, coda compresa, tocca sette metri e mezzo per un peso di dodici tonnellate. Big John è stato battuto a un’asta di Parigi lo scorso ottobre per 5 milioni. Questo, dopo essere stato esposto per un mese intero alle Galeries Lafayette.
L’acquirente è un facoltoso americano che ha voluto l’esemplare per la residenza di Miami. Proveniente da un ranch del South Dakota, Big John è stato acquistato dalla Zoic allo stato grezzo, quindi è stato ricomposto seguendo un processo che chiede mesi e mesi. In cosa consiste precisamente l’operazione? Si ricompongono i pezzi esistenti e si generano quelli mancanti con procedure che sposano la carpenteria metallica con l’arte scultorea. Una volta completato il restauro, il manufatto deve poter essere smontato e rimontato per viaggiare nel mondo. E qui sta un’altra abilità che distingue le aziende di settore e che proietta la Zoic tra le eccellenze assolute, tre sole in Europa.
Una passione per veri collezionisti
Come è accaduto per Big John, gli esemplari preistorici finiscono regolarmente nelle ville dei collezionisti. Tra costoro, parecchi vennero folgorati lungo la via di Hollywood, si va da Nicholas Cage a Russel Crowe e Leonardo Di Caprio.
In Zoic opera una squadra di biologi, archeologi, carpentieri metallici e artisti. Cosa c’entrano gli artisti con i fossili? “Se uno sa scolpire e dipingere, ha mani d’artista insomma, anziché fare i Pokémon può ricostruire le parti mancanti di un dinosauro”, spiega Bacchia che opera direttamente col committente quando si tratta di manufatti dai costi non impegnativi. Superata una certa soglia, si passa alle aste perché è in questo mondo, per certi versi bizzarro, tessuto di passioni scatenanti, che orbitano quanti ambiscono ad avere dinosauri da collocare nel proprio salotto.
Immaginate di ricevere una telefonata dove si chiede di poter disporre in tempi rapidi di un dinosauro. Questa è la norma per Bacchia, che però giustamente osserva: “Non possiamo fornire dinosauri all’istante. Non mai abbiamo manufatti già pronti, dati i costi per reperire il materiale grezzo e per sostenere i trattamenti successivi, non sarebbe sostenibile avere pezzi invenduti nei nostri laboratori”.
Da dove arriva il materiale?
Una curiosità. Da dove arriva il materiale di base? “Anzitutto dagli Usa, qui abbiamo un rapporto consolidato con tante realtà proprietarie di territori dove si scava. In primis, Utah, Wyoming, Montana, South Dakota. Confesso che però ultimamente la materia inizia a scarseggiare”, lamenta Bacchia. Quanto all’Italia, prosegue il paleontologo, “vi sono interessanti reperti, ma i fossili sono proprietà dello Stato, non possono dunque essere trattati commercialmente. Abbiamo lavorato per il Ministero creando il sito paleontologico del Villaggio del Pescatore, a Trieste. Sito dove sono emersi gli scheletri dei dinosauri Antonio, Bruno e Zdravko. Un’impresa che ci ha dato molta visibilità facendo conoscere la perizia con cui sappiamo lavorare”.
Un altro Paese ricco di giacimenti di animali preistorici è l’Ucraina. “Per via della guerra, da mesi abbiamo container bloccati alla frontiera”. Contenuto? Due mammut.
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