articolo apparso sul numero di agosto 2022 di Forbes Italia. Abbonati!
In un contesto in cui la pandemia da Covid-19 ha provocato una grave crisi economica, sociale e sanitaria, gravando – ancora adesso – su tutto il paese, la necessità e la volontà di fornire il proprio sostegno è diventata un obiettivo da inseguire. Nino Carmine Cafasso, giuslavorista, nonché esperto di diritto del lavoro e ceo dello Studio Cafasso & Figli, lo sa benissimo. “Dal lockdown ho deciso di impegnarmi nella tutela di aziende e lavoratori di ogni settore per garantire, da parte di governo e istituzioni, un’azione forte di sostegno e rilancio di famiglie, lavoratori e imprese. In sintesi dell’intero sistema Italia”.
Sul tema, d’altronde, ha anche pubblicato l’opuscolo Il lavoro ai tempi del coronavirus, in cui Cafasso esplora gli effetti economici e sociali della crisi epidemiologica che ha cambiato attività, prospettive e vita, di lavoratori e imprenditori. “Insieme al mio team, che conta oltre 90 professionisti, mi sono impegnato nel cercare soluzioni ai problemi che hanno riscontrato diverse aziende e lavoratori, soprattutto in alcuni settori particolarmente colpiti dalla crisi. Sia per la difficoltà di accesso agli ammortizzatori sociali messi in campo dal governo, sia per le difficoltà oggettive riscontrate dalle aziende che hanno potuto riaprire dopo il lockdown. E lo abbiamo potuto fare grazie allo smart working”, dice colui che negli ’90 ha fondato lo studio, che già prima dell’esplosione della pandemia aveva implementato al proprio interno questa forma di lavoro.
Con una presenza femminile al 98%, che le garantisce il primato tra le realtà del settore, e sette sedi in tutta Italia (Napoli, Roma, Torino, Palermo, Genova, Milano e Udine) e a breve due all’estero (una a Barcellona e una in apertura a Londra), lo Studio Cafasso & Figli è frutto di una professionalità e di una stabilità familiare che a breve vedrà l’ingresso della terza generazione. Che continuerà a lavorare con il preciso intento di rivolgersi al mercato globale dei servizi di elaborazione, gestione, amministrazione e organizzazione del personale, fornendo, anche grazie a sofisticate tecniche di telematizzazione, di digitalizzazione e dematerializzazione, servizi consulenziali ad alto valore aggiunto, al di là della gestione patrimoniale del rapporto di lavoro. Aspetto che, peraltro, nel corso del lockdown si è ulteriormente consolidato, insieme all’attenzione per l’importanza del welfare e della tutela delle fasce più deboli. “Oltre a questi punti di forza, lo studio può vantare l’apporto costante di consulenti e collaboratori di alto valore che, insieme alla comprovata esperienza maturata nel campo della gestione del personale, ha garantito il consolidamento di importanti traguardi attraverso il costante aggiornamento del team e il forte apporto di innovazione tecnologica, frutto della creatività e dell’impegno messi in campo”.
Ecco che quindi diventa fondamentale la figura del consulente del lavoro. “Oggi è necessariamente la chiave di volta per lo sviluppo e la crescita di un’azienda. Ma non deve essere confusa con la semplice con la semplice elaborazione del cedolino paga”. Anche perché investire nei processi di organizzazione aziendale e gestione dei dipendenti, appoggiarsi alle opportunità che gli strumenti tecnologici che migliorano continuamente il know how del proprio personale significa cogliere appieno ciò che un’azienda può avere dalla consulenza del lavoro. Anche perché oggi le aziende chiedono soluzioni ai loro problemi non con l’asettica lettura dei dettati normativi, ma attraverso una competente analisi e una comparazione della prassi amministrativa al servizio di un mondo le cui difficoltà, talvolta, provengono proprio da un sistema che avrebbe unicamente l’obbligo di farle crescere con regole snelle e soprattutto con percorsi premianti.
“Si tratta di aziende che, vivendo del valore umano dei loro collaboratori, sperano costantemente che le istituzioni possano offrire loro spiragli di azione nella logica più coerente di un abbattimento del costo del lavoro che incida sul sistema e non sui lavoratori, grandi artefici del successo delle stesse e con l’applicazione del codice delle ‘buone pratiche’ per nulla concretamente valutato dal nostro sistema, ma semplicemente idealizzato nella sola logica del profitto che, oggi più che mai, è il volano dei paesi ai quali da sempre strizziamo l’occhio senza mai validamente apprenderne le logiche di sviluppo e di coerenza legislativa in un’ottica di crescita del sistema Paese”.
E anche se in questo momento si parla tanto di salario minimo, Nino Carmine Cafasso non ha dubbi. “Non può esserci salario minimo garantito se non attraverso una riduzione del cuneo fiscale. Le imprese sono allo stremo delle forze e non potrebbero sostenere ulteriori costi di salario, senza una logica di sviluppo. Abbiamo un appuntamento di vita: il Pnrr, non facciamoci trovare distratti o impreparati. Ma soprattutto cogliamo davvero, e in senso concreto, le logiche anglosassoni con un patto vero per l’Italia con tutte le parti sociali. D’altronde, solo la coesione può essere logica di serenità, sviluppo e traguardi ai quali mirare”. Anche perché, conclude Cafasso, c’è in ballo il futuro dei nostri giovani e delle nostre aziende.
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