Di Letizia Fontana
L’Italia come Paese centrale per il transito del gas verso tutta l’Europa, con un ruolo chiave per la sicurezza energetica a fronte delle minacce poste dal conflitto in Ucraina. È questo lo scenario prospettato da Stefano Venier, amministratore delegato di Snam. “La geografia dei flussi ha subito un cambiamento radicale”, ha dichiarato Venier al Forum di Cernobbio, il 3 settembre. “Nel nostro Paese stiamo portando molto più gas dal Sud verso il Nord. Non è un caso che si sia scelto di collocare i nuovi rigassificatori nell’Italia settentrionale, vicino ai punti di maggiore consumo. Tutto questo permette di pensare all’Italia non solo come a un Paese di destinazione, ma anche come a una possibile porta verso i mercati del mondo”.
I nuovi rigassificatori
I rigassificatori citati da Venier sono quelli acquistati in estate da Snam. A giugno l’azienda ha annunciato di avere comprato per 350 milioni di dollari la Golar Tundra, una nave in grado di operare come unità galleggiante per lo stoccaggio del gas naturale liquefatto (gnl) e la sua rigassificazione. La Golar Tundra dovrebbe entrare in funzione nella primavera del 2023 ed essere collocata nel porto di Piombino. Le sue capacità di stoccaggio (170mila metri cubi di gas naturale liquefatto) e di rigassificazione continua (cinque miliardi di metri cubi all’anno) sono le stesse della Bw Singapore, acquistata il mese successivo per 400 milioni di dollari e destinata a essere installata, dal terzo trimestre del 2024, al largo di Ravenna.
Le due operazioni, ha spiegato Venier, potranno “contribuire in modo decisivo alla sicurezza e alla diversificazione energetica del Paese”. Insieme, le navi potranno coprire il 13% del fabbisogno nazionale di gas e portare la capacità di rigassificazione a più del 30% della domanda. Il posizionamento della Bw Singapore nell’Alto Adriatico, inoltre, permetterà di “intercettare potenziali nuovi flussi di gas naturale liquefatto dal Nord Africa e dal Mediterraneo Orientale”.
Come funzionano i rigassificatori
Golar Tundra e Bw Singapore saranno due dei circa 50 rigassificatori galleggianti in esercizio nel mondo. O, come si chiamano in gergo, fsru: floating storage and regasification units (tradotto alla lettera: unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione). Navi che vengono collocate nella maggior parte dei casi in prossimità di porti, ricevono gas naturale liquefatto a una temperatura di -160° C da navi metaniere e lo riportano allo stato gassoso per poi immetterlo nelle reti. Questi impianti offrono un’alternativa ai metanodotti, cioè le condotte che vanno dal luogo di produzione a quello di consumo, e contribuiscono dunque alla diversificazione delle fonti di importazione. Richiedono, inoltre meno tempo per essere installati rispetto ai terminali di rigassificazione fissi e possono essere trasferiti dove c’è maggiore necessità. Sul fronte della sicurezza, sono dotati di sistemi di emergenza e di strumenti per rilevare eventuali perdite.
Nel brevissimo periodo, in attesa cioè dell’entrata in funzione dei due nuovi rigassificatori, Snam ha lavorato per massimizzare gli stoccaggi. Strumenti chiave per la sicurezza energetica, sono giacimenti di gas naturale che hanno esaurito la fase produttiva e sono stati riconvertiti in depositi sotterranei. La maggior parte dei siti – nove su 13 – è gestita da Snam attraverso la controllata Stogit, che ha avuto un ruolo attivo anche nel processo di riempimento, in quanto operatore di ultima istanza indicato dal governo. Alla fine dell’estate, il livello di riempimento dei siti italiani ha superato l’85%, in linea con l’obiettivo del 90% fissato dall’esecutivo. Gli stoccaggi, che sono in grado di soddisfare più di un terzo del fabbisogno invernale del Paese, permettono di coprire la differenza tra domanda e offerta nei periodi più freddi dell’anno e di fare fronte a eventuali carenze di import. Come quelle provocate dai tagli russi.
La transizione energetica
Le infrastrutture del gas avranno un ruolo chiave non solo nell’assicurare all’Italia l’approvvigionamento, ma anche nella transizione energetica. A cominciare dal biometano, gas rinnovabile ricavato da rifiuti organici, dall’agricoltura e dalla filiera agroalimentare. Secondo il regolamento RePowerEu, entro il 2030 la produzione di biometano nell’Unione europea dovrà crescere da tre a 35 miliardi di metri cubi: circa un quarto del gas importato fino allo scorso anno dalla Russia. L’obiettivo per l’Italia è di cinque miliardi di metri cubi. Oggi Snam ha 18 impianti di biometano in esercizio e 11 già autorizzati.
Oltre al biometano, il gruppo punta su altri due filoni di decarbonizzazione: l’idrogeno e la ccs (carbon capture and storage, cioè cattura e stoccaggio della CO2). Attività che sono state raggruppate in una nuova business unit, denominata Decarbonisation Projects. L’obiettivo è quello di creare una rete del futuro che, oltre ad accogliere gas sempre più decarbonizzato per soddisfare i consumi nazionali, possa anche contribuire a portare idrogeno verde dal Nord Africa, ricco di sole, fino ai centri di consumo del Centro e del Nord Europa.
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