L’attuale difficoltà delle imprese a trovare personale è di pubblico dominio e, allo stesso tempo, è evidente che chi è in cerca di un lavoro ha davanti poche possibilità e canali ai quali rivolgersi.
Le difficoltà dei centri per l’impiego in alcune regioni, apre lo spazio a soluzioni alternati e in alcuni casi innovative. È il caso di Restworld, la startup che punta a diventare il punto d’incontro per chi lavora nella ristorazione, nel turismo e nell’ospitalità. Per conoscere di più questa realtà, Forbes ha intervistato Luca Lotterio, co-founder e ceo della società.
Come nasce l’idea di Restworld?
Per ricostruire la genesi di Restworld bisogna tornare indietro di qualche anno. È l’inizio del 2018 e mi trovo a Timisoara, in Romania, per un periodo Erasmus. Come progetto d’esame per un corso universitario, dovevo ideare una campagna di comunicazione interna per una multinazionale che offrisse, ai propri worker, la possibilità di cambiare nazione, continuando a lavorare sempre all’interno della medesima azienda. Così, mi venne in mente di creare una fittizia catena di slow food, con locali sparsi per il mondo, e di dare la possibilità allo staff dell’azienda di richiedere, in qualsiasi momento, il trasferimento in uno degli altri locali sparsi per il mondo, all’unica condizione di conoscere la lingua del paese di destinazione. Qualche mese dopo, insieme al mio collega di università Davide ci ritrovammo a ragionare sulle cause che, nella ristorazione, determinano un alto turnover dei worker e complicano la selezione di nuovo staff. Nei tre mesi successivi, decidemmo di entrare in 102 ristoranti di Torino, intervistando oltre 200 tra employer e worker, con l’obiettivo di comprendere meglio quali fossero le difficoltà nella gestione dello staff nella ristorazione. Tale ricerca si sviluppò con l’ambizioso obiettivo di trovare soluzioni, pratiche e teoriche, per riqualificare alcune delle figure professionali del settore Ho.Re.Ca., in primis quella del cameriere. Da lì, direttamente dagli stessi employer, arrivò la richiesta di costruire qualcosa che non c’era.
Qual è la value proposition del progetto?
In un contesto del mercato horeca dinamico come quello di oggi, il problema principale per chi di questa attività ne fa la propria vita è trovare opportunità di lavoro congrue a un life-balance reale e non forzato da turni massacranti, contratti irregolari e stipendi ridicoli. In questo contesto però, troppo spesso le persone sono state raggirate da imprenditori non propriamente corretti, con la conseguenza che moltissimi sono fuggiti da questo settore in cerca di qualcosa di più conciliabile con la propria vita privata. La realtà è che ci sono migliaia di realtà che offrono opportunità di lavoro di qualità. Per qualità intendiamo un mix di elementi che non si limitano al mero stipendio, ma parliamo di orari, clima aziendale, rapporti con i colleghi, strumenti di lavoro e rapporti con i clienti. Da una parte le offerte lavorative di questi imprenditori fanno fatica a emergere, mentre i lavoratori hanno difficoltà a distinguere cosa è buono da ciò che non lo è. Perciò esiste Restworld. Per gli employer vogliamo diventare il più grande recruiter diffuso d’Europa per la ristorazione e hotellerie.
In che modo volete innovare il settore?
Unendo tecnologia e psicologia, applicate a un contesto ben specifico, quello dell’horeca. Restworld entra sul mercato delle human resources technology del settore con tre piattaforme digitali distinte, ma che lavorano all’unisono. Un raffinato sistema di scouting e recruiting consente alle attività dell’horeca di incontrare i worker che fanno al caso loro, in maniera del tutto smart e innovativa grazie a una forte interazione tra tecnologia e umano in tutte le fasi del processo. Per le aziende, puntiamo a diventare il talent acquisition business partner di migliaia imprenditori per supportarli a fronteggiare e ridurre un continuo ricircolo di staff tipico del settore. Oltre alla tecnologia, ci sarà un enorme lavoro di posizionamento del brand e coinvolgimento delle community, nonché di formazione per gli imprenditori del settore per migliorare le proprie capacità di gestione e sviluppo dei talenti.
Come si compone il vostro team?
Oltre me, che mi dedico prevalentemente alle relazioni con l’esterno e allo sviluppo della strategia aziendale, ci sono quattro persone con cui divido la responsabilità della gestione dell’azienda. Edoardo Conte, responsabile delle piattaforme e dei dati (cto), Lorenzo D’Angelo, responsabile del controllo di gestione, dell’amministrazione e della gestione finanziaria (cfo), Davide Lombardi, responsabile dell’area commerciale e delle strategie di acquisizione clienti (coo), e Arianna Dani, responsabile del servizio e del team dei customer success manager. Il team si compone ancora del customer success manager, Marco Schiralli, Beatrice la Rocca, Elisa Abrate e Andrea Vivace, l’head of sales Emanuele Rota e i developer Rizwan Khalid e Dibyan Maharjan. A breve entreranno altre figure ma ad oggi, oltre il team interno, ci avvaliamo di numerose aziende, mentor e consulenti che ci stanno supportando nel mettere forti fondamenta per questa grande costruzione. Tra i vari cito Matteo Telaro, anche membro del CdA, con una carriera enorme nella ristorazione, dall’America Bennett Sung come consulente marketing, Annamaria Castellano, docente di psicologia delle organizzazioni presso l’Università di Torino, e Arrigo Bodda come consulente nell’ambito risorse umane.
Quali sono i numeri di Restworld oggi e quali quelli del mercato di riferimento?
Oggi Restworld ha una community di 70mila lavoratori a fronte di oltre 1 milione di operatori del settore in tutta Italia. Lavoriamo con circa 800 aziende su 350mila dell’intero comparto horeca e gestiamo un fatturato previsionale per il 2023 di 600mila euro, quasi il quadruplo del 2022. Abbiamo aiutato nell’inserimento lavorativo già oltre le 1.000 persone. Siamo ancora agli inizi del nostro percorso come ripeto sempre, iniziamo però ad avere i primi riscontri positivi dal mercato che ci aiutano a capire che siamo sulla direzione giusta. Certo è che il progetto di Restworld, oltre che ampliarsi oltre Italia, ha come obiettivo quello di raggiungere una market share molto più elevata (circa l’8%), cercando di eguagliare i colossi del mercato software della ristorazione come TheFork o Zucchetti. Solo con quella porzione di mercato, saremmo in grado di fatturare oltre i 50 milioni di euro e aiutare decine di migliaia di persone a trovare lavoro con facilità e precisione.
Come interpretate il codice etico e la responsabilità sociale?
Rappresentano la nostra ragione d’essere. Esistiamo per risolvere un problema, per contribuire a un cambio culturale e per innovare una fetta del mercato del lavoro che spesso viene lasciata in secondo piano. Il nostro codice etico non è soltanto un pdf da scaricare, ma un documento prezioso condiviso con tutte le persone che entrano a far parte del nostro team sin dal giorno uno attraverso la consegna del nostro Culture Book.
Restworld ha appena concluso un nuovo round. Come avete convinto gli investitori?
Questo ultimo round è parte di un progetto che andava avanti già da mesi con il percorso di accelerazione di Startup Wise Guys. Un percorso che ci ha aiutato a crescere come imprenditori, come persone e come startup. Nel nostro percorso abbiamo capito che avremmo dovuto circondarci quanto prima di persone esperte provenienti da diversi settori come quello finanziario, delle risorse umane, del marketing, della vendita, del venture capital e della ristorazione. Così abbiamo organizzato un round dedicato a investitori chiave con l’idea di raccogliere di pari passo capitali e competenze. Oggi abbiamo in società esperti del calibro di Giancarlo Rocchietti, presidente del Club degli Investitori di Torino, Federico Menetto, tra i più attivi business angel nel mondo del food tech, Giancarlo Vergine, esperto di crowdfunding e fondatore di Over Ventures, Andrea Orlando, managing partner di Startup Wise Guys, Gianluca Manitto, ceo di Epicura, Arrigo Bodda, Matteo Telaro e tanti altri ancora tra cui anche i network di Moffu Labs e Rigel Ventures. Siamo alla ricerca del giusto fondo che comprenda e condivida la mission di Restworld e ci accompagni verso una scalata non orientata a diventare un unicorno (società non quotata con una valutazione superiore al miliardo), ma un centauro (società in grado di fatturare 100 milioni di euro l’anno).
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