Articolo tratto dal numero di giugno 2024 di Forbes Italia. Abbonati!
La corsa all’oro sarà inarrestabile, perché lo spazio è una miniera potenzialmente inesauribile. L’economia indotta da tutto quanto sia connesso alle operazioni oltre l’atmosfera si espanderà a un ritmo superiore al prodotto interno lordo globale e toccherà i 1.800 miliardi di dollari entro il 2035. Lo indicano le proiezioni dello studio realizzato dalla società di consulenza McKinsey & Company per il World Economic Forum (Wef). Il rapporto comprende molto, quasi tutto: dalla costruzione di razzi e satelliti fino al meteo, dalle applicazioni utilizzate per chiamare un Uber fino a quelle per consegnare una pizza a domicilio. Eppure, per questo approccio alla materia, a suo modo olistico, occorrerebbe qualche distinguo.
Nel 2023, a livello globale, la space economy valeva circa 630 miliardi di dollari. Entro un decennio, secondo le stime del Wef, il suo valore potrebbe triplicare e, nello scenario più ottimistico, raggiungere i 2.300 miliardi.
Il business dello spazio ‘tradizionale’
L’analisi del Wef si divide in due macroaree: la prima, cosiddetta ‘backbone’, comprende l’hardware, cioè tutta l’economia generata dalla manifattura di razzi e satelliti, dai servizi di lancio e da quelli che derivano in maniera diretta dalle infrastrutture orbitanti (il geoposizionamento, le comunicazioni, il broadcasting e le applicazioni per la Difesa). È questo lo spazio propriamente inteso, che ancora rappresenta oltre il 50% del fatturato, ma il cui valore, che dovrebbe crescere dagli attuali 330 a 755 miliardi, arriverà a rappresentare non più del 41% del totale. In virtù, per cominciare, di un aumento dell’offerta e di un parallelo calo dei prezzi delle componenti, dei volumi e dei pesi. E – è doveroso ricordarlo – dei costi al chilo per lanciare, in caduta libera soprattutto grazie a vettori ‘pesanti’ come la nuova Starship e il Falcon Heavy di SpaceX.
Il mercato dei satelliti commerciali è destinato a triplicare, da quattro a 12 miliardi di dollari nel 2035. La fornitura di vettori spaziali – i razzi – e le operazioni dei siti di lancio aumenteranno le entrate dagli attuali 13 miliardi di dollari a 32 miliardi.
Le comunicazioni sono e resteranno la principale fonte di reddito commerciale (218 miliardi di dollari in proiezione), grazie alle nuove costellazioni satellitari, in particolare quelle di grosse dimensioni come Starlink (ancora di SpaceX), Kuiper di Amazon e OneWeb di Eutelsat, la cui connessione a banda larga eroderà segmenti di mercato al broadcasting. Se si considerano la spesa pubblica e tutte le applicazioni per il settore Difesa, da 66 miliardi a livello globale si arriverà a 251 miliardi.
Il vero oro spaziale
La seconda macroarea del rapporto è costituita dai servizi derivati, il vero oro spaziale, estratto dalla miniera di informazioni che le attività elencate fino a qui promettono di generare: è la leva che solleverà tutto, il moltiplicatore del valore innescato dalla tecnologia digitale. “Lo spazio diventerà sempre più una connessione tra persone e beni. Cinque settori – catena di approvvigionamento e trasporti; alimenti e bevande; difesa finanziata dallo Stato; vendita al dettaglio, beni di consumo e lifestyle; comunicazioni digitali – genereranno oltre il 60% dell’aumento del valore dell’economia spaziale entro il 2035”, rileva il Wef.
La materia prima sarà costituita da centinaia, migliaia di terabyte che ogni giorno arrivano da sensori in orbita, satelliti di osservazione della Terra a varie lunghezze d’onda, posizionamento Gps, connessione internet. A titolo di esempio, il ride hailing (Uber, su tutti), che ha registrato ricavi per 61 miliardi di dollari nel 2023, toccherà i 300 miliardi nel 2035; la consegna dell’ultimo miglio per merci deperibili, alimenti e bevande, da 100 miliardi arriverà a valerne 334. Si aggiungano i servizi personalizzati per il training sportivo e altre funzioni che sfruttano la localizzazione e i dispositivi smart (non ultimo, la pubblicità: 25 miliardi) che seguiranno e alimenteranno il trend. Questo comporterà anche una crescente domanda, nel pubblico e nel privato, di figure professionali specializzate in servizi derivati da attività spaziali per 6 miliardi (dai 2 del 2023).
Che cosa dicono gli altri report
È opportuna qualche precisazione: da un lato l’analisi estende parecchio l’orizzonte e comprende una serie di servizi che, a cascata, sfruttano tecnologie e informazione derivati da attività spaziali. Non sarebbe scorretto tacciarla di sensazionalismo, o almeno imputarla di sovrastimare volumi e cifre rispetto ad altri dossier, come quelli di Goldman Sachs e Morgan Stanley, concordi nel prevedere un volume d’affari di 1.000 miliardi di dollari entro il 2040. D’altro canto, il rapporto è comunque una cartina di tornasole capace, meglio di altre, di confermare come l’economia spaziale abbia penetrato in modo inestricabile quasi ogni attività umana.
Il turismo spaziale beneficerà dell’arrivo in orbita di stazioni private e del turismo suborbitale, una nicchia di mercato di circa 4/6 miliardi di dollari destinata a restare tale. SpaceX, con lo sfruttamento commerciale della nuova ‘astronave’ Starship, potrebbe ridurre ulteriormente il costo dell’accesso allo spazio per divertimento. Cresceranno invece, tra i 2 e i 4 miliardi all’anno, gli affari per le compagnie private che costruiranno i nuovi avamposti orbitanti, sebbene ancora alimentati da investimenti pubblici. Di cui l’esplorazione spaziale costituirà il grosso della spesa: varrà 140 miliardi nel 2035 (dai 59 del 2023) e sarà trainata da Stati Uniti, Cina, Europa e India. Almeno all’inizio, visto che un numero crescente di paesi emergenti e agenzie spaziali si sta affacciano oggi oltre l’atmosfera e con alte capacità di investimento (si pensi agli stati del Golfo). Pur sensazionalistica, un’analisi che veda lo spazio come lo scrigno aurifero del futuro sarebbe verosimile. Ogni giorno di più.
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