Mario Ferrario
Business

Il passaggio da capitalismo familiare a impact investment sarà la chiave futura dei mercati

articolo apparso sul numero di luglio 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Nell’estate del 2005 Giovanni Castaldi e Claudio Clemente, dirigenti degli Uffici della Vigilanza, espressero parere contrario all’acquisizione del controllo della Banca Antonveneta da parte della Banca Popolare di Lodi, resistendo alle forti pressioni dei vertici della Banca d’Italia. In seguito hanno ricoperto, uno dopo l’altro, la carica di direttore dell’Unità di informazione finanziaria per l’Italia (Uif) per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio, considerata tra le più efficienti a livello internazionale. Due esempi di competenza, efficienza e integrità tra le decine che hanno calcato le scene del Piccolo Teatro di Milano sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica. Undici edizioni nel nome e per conto di Giorgio Ambrosoli, una ribalta (purtroppo unica) sul valore e sui valori d’impresa pubblica e privata. Mario Ferrario è il presidente della fondazione che porta il nome del liquidatore assassinato nel ‘79 per fermare le sue indagini sulle attività del banchiere Michele Sindona.

Competenze, etica e responsabilità sono parole chiave per una pubblica amministrazione efficiente, ma anche per l’impresa pubblica e privata.

Si vuole sottolineare che, nel perseguire l’interesse pubblico, il rispetto della norma, delle regole e della forma non è sufficiente. Anzi, un approccio formalistico spesso rischia di vanificare o marginalizzare il raggiungimento degli obiettivi pubblici per i quali la norma è stata predisposta. La pubblica amministrazione non deve essere solo efficiente, ma nella propria azione deve esplicitare e rendere evidente il preminente interesse pubblico. Qui sono fondamentali – e non adattabili o interpretabili – i valori etici. Numerose ricerche sulla pubblica amministrazione, la gestione dei beni pubblici e la gestione delle imprese pubbliche hanno evidenziato come l’integrità e la correttezza personale non siano sufficienti, ma debbano essere unite a un profondo senso di responsabilità per l’interesse pubblico, cioè non solo per il proprio ruolo, il proprio mandato, la propria istituzione, la propria appartenenza, ma per l’interesse del paese, cioè di tutti i cittadini.

È la governance, la G di esg: quanto è importante?

In conseguenza della triste, lunga esperienza di contrasto ai fenomeni mafiosi, l’Italia ha un riconosciuto primato internazionale per l’imponente evoluzione della normativa e della giurisprudenza su antimafia, antiriciclaggio e corruzione in termini di principi, modelli e approcci operativi. Tra questi rientrano il concetto di governance e la sua continua rielaborazione in codici di autoregolazione e in modalità applicative adottate dalle imprese. Governance intesa non solo in senso gestionale, ma in quello più ampio di regole trasparenti per composizione e operatività del consiglio di amministrazione, pratiche di prevenzione della corruzione, attività di lobbying, finanziamento alla politica, diritti di voto, rapporti con gli stakeholder.

Non parliamo più solo di etica d’impresa, ma di una strategia di business che funziona e che viene riconosciuta dagli utenti e dagli investitori.

Nuovo costoso onere burocratico per le imprese o opportunità di innovazione strategica, di processo, di prodotto? Il dibattito è aperto, con molte reazioni e argomentazioni contrarie all’introduzione di normative e regolamentazioni vincolanti in tempi brevi su strategie di sostenibilità e investimenti esg. Un corpus normativo che non solo impone profonde e rapide ristrutturazioni di interi settori industriali, dall’energia all’automotive, fino alla chimica e all’agroalimentare, ma anche dei modelli di business, della struttura organizzativa, dei criteri gestionali. Un’evoluzione che non risparmia nemmeno i criteri di valutazione del merito creditizio da parte delle banche, con la richiesta di certificazioni esg, e i criteri di valutazione degli investimenti. Le imprese italiane, soprattutto quelle di dimensioni medio-grandi, hanno iniziato già da qualche anno la transizione strategica e tecnologica. Non condivido le continue affermazioni di politici e media sull’arretratezza del sistema imprenditoriale italiano e sui ritardi nella transizione digitale e tecnologica. Nel periodo 2013-2022 l’Italia è stata l’unico paese europeo che ha mantenuto la propria quota nell’export mondiale. Tutti gli altri l’hanno vista diminuire.

La società digitale è una minaccia all’affermazione di questi valori? O può contribuire a rafforzarli?

I giovani e l’innovazione digitale non solo non sono una minaccia all’affermazione nel mondo pubblico e privato dei valori di integrità, responsabilità e professionalità, ma al contrario evidenziano tendenze che li affermano come inderogabile premessa delle transizioni tecnologiche, economiche e finanziarie. Ricordo due elementi dell’evoluzione digitale: la tracciabilità e la non cancellabilità (nelle blockchain) di tutte le nostre transazioni. Un progresso negli strumenti di prevenzione e repressione delle attività illecite, ma anche nel significato dei valori sottesi alla regolamentazione esg e nell’impatto sui mercati finanziari. Il passaggio da un capitalismo familiare all’impact investment sarà, a mio avviso, l’elemento chiave dell’evoluzione dei mercati finanziari dei prossimi decenni. Recenti ricerche hanno evidenziato che le generazioni più giovani richiedono espressamente ai loro gestori di investire con criteri di impatto e sostenibilità. È di pochi mesi fa l’annuncio del Fondo sovrano norvegese, il più grande al mondo con oltre 1.000 miliardi di dollari in gestione, che a partire dal 2024 investirà solo in titoli in compliance con i criteri esg. Subito il mercato si è allineato e quasi ogni nuovo fondo in raccolta in Europa ha annunciato di volersi focalizzare su strategie esg. Una mossa dettata dalle necessità competitive delle imprese, dagli indirizzi dei grandi investitori e dalle preferenze di investimento delle giovani generazioni. Il trend è ormai irreversibile.

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