Small Giants

Alla scoperta della Packaging Valley, il distretto emiliano degli imballaggi che fattura 9 miliardi di euro l’anno

Articolo apparso sul numero di luglio 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Correvano gli anni del positivismo, della fede nelle “magnifiche sorti e progressive”, come le chiamava Leopardi ne La ginestra. Parigi era il faro culturale d’Europa, benché capitale di un impero, il secondo, al tramonto: furono fatali i peccati d’imprudenza di Napoleone III, che, scontrandosi con i prussiani, finì con il deporre armi e corona. Proprio in quegli anni, i visitatori dell’Esposizione Nazionale di Parigi (1867) sostarono meravigliati davanti a un’apparecchiatura che confezionava la cioccolata, allineava, alzava e pesava le tavolette, incartandole in un involucro saldato a cera. Uno sbarco sulla luna al contrario: “Pare umano e, a differenza dell’uomo, non sbaglia mai un colpo”, si legge nelle cronache di quei giorni. È questa la ur-macchina automatica per il confezionamento, madre di tutti i macchinari per imballaggi nati da quel momento in poi. 

A più di un secolo e mezzo da quel lancio, la metà delle macchine per il confezionamento e l’imballaggio prodotte nel mondo viene realizzata in Italia e in Germania. Non solo. Le circa 600 aziende del nostro Paese e i 137mila addetti che vi operano si concentrano in Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto, che, assieme, rappresentano più dell’80% delle imprese. In Emilia-Romagna, poi, si registra la più alta concentrazione europea di realtà del settore, con zenit a Bologna, culla della Packaging Valley, per il 57% dedita alla produzione delle macchine per il confezionamento e l’imballaggio di food & beverage, poi per farmaceutico e biomedicale (16,7%), cosmetico e cura della persona (4,4%) e chimico & casa (3,5%). Per il resto si va dal tabacco al tissue. Con un fatturato 2023 che va oltre i 9 miliardi di euro (preconsuntivi di Mecs-Centro studi dell’Unione costruttori italiani macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio), il settore è tra i comparti industriali più vitali d’Italia.

Le differenze con il modello tedesco

Certo, per le aziende tedesche l’espressione Packaging Valley va oltre lo slogan. Semmai si traduce in un distretto facente capo a un’associazione che opera per il comparto, conferendogli valore e forza. Soprattutto per gli sbarchi oltre confine, quando l’arrivo di una solida corazzata fa la differenza rispetto al presentarsi alla spicciolata, ovvero all’italiana. La ‘cugina’ nostrana è costituita da diverse realtà che brillano sì, ma in autonomia, sprovviste di una solida regia centrale sul modello tedesco.

Perché l’arte dell’imballaggio fa capo a Bologna? Per una sviluppata cultura meccanica rodata prima nel mondo del tessile, quindi nel campo agroalimentare. In tutto questo c’entra la mortadella: furono proprio gli intraprendenti salsamenteri a sperimentare nuovi metodi di conservazione, inventandosi scatole di latta dove sistemare fette di mortadella da 250 a 500 grammi. La strategia funzionò al punto da farne presto un prodotto d’esportazione. Anche il tabacco, a un certo punto, sollecitò la creazione di macchinari per imballare le sigarette.

La storia del distretto

La prima azienda di imballaggio è la bolognese Acma, Anonima Costruzioni Macchine Automatiche, lanciata nel 1924 per meccanizzare il confezionamento dell’idrolitina, la sostanza per rendere frizzante l’acqua. L’impresa spiegò le ali nel 1927 con l’arrivo di Bruto Carpigiani, il padre nobile del settore dell’imballaggio. Il suo ufficio tecnico divenne palestra dove si formarono generazioni di tecnici, poi diventati imprenditori. Lui stesso fu un fenomenale progettista, come confermano le invenzioni a getto continuo: dalla ruota a zeta, meccanismo usato per la prima volta nella produzione dell’incartatrice per caramelle, all’autogelatiera a lui intitolata, anche se non ne vide la produzione perché morì quarantenne.

Nel 1923, sempre a Bologna, veniva fondata la Gd, società per la produzione di motociclette rilevata da Enzo Seràgnoli alla fine degli anni Trenta. Prima cellula dell’attuale Coesia Group, Gd conquistava l’attenzione internazionale con il lancio della prima macchina incartatrice nell’immediato secondo dopoguerra.

Tutt’uno con il lancio di nuove aziende, entravano in campo nuovi strumenti e metodi di imballaggio: dal cellophane, che faceva il suo ingresso negli anni Trenta,  al cartone cerato e impermeabile, pensato per proteggere le K-rations, ovvero il cibo di emergenza per i soldati americani.  Chiusi  i due conflitti mondiali,  sull’onda del piano Marshall e non solo, l’Italia iniziava a produrre e a consumare, archiviando così decenni di austerità e frugalità. Barattoli e plastica si diffondevano mentre l’Emilia raccoglieva la sfida, accogliendo un pulviscolo di aziende di macchine per dosatura, confezionamento e imballaggio. Spesso erano proprio i tecnici uscita dall’Acma a fondarle. Nel frattempo l’arte del design si saldava con le tecniche dell’imballaggio, perché gli imprenditori erano consapevoli che l’involucro custodisce, ma allo stesso tempo comunica. Ora? La sfida sta nell’impiego dell’intelligenza artificiale, che ha già avviato una rivoluzione nel mondo dell’imballaggio. Si va dalla creazione di esperienze di unboxing alla realizzazione di soluzioni sostenibili.  

Tra legno e cartone

L’Emilia ospita colossi miliardari come Tetra Pak (11 miliardi di fatturato), Ima, Coesia (2 miliardi), Gd (689 milioni), ma è lunga la lista di pmi. Vediamone alcune.

Te.Co.

Produce cavi elettrici speciali per l’automazione industriale dal 1982, quando venne fondata con altri tre soci da Roberto Roversi, ora presidente. Dal 2021 al timone dell’azienda c’è Giorgia, figlia di Roberto. Nel frattempo il fatturato è passato dai 35 milioni del 2018 agli attuali 60, con un tasso di crescita del 15%. Forte di 15 anni in Yoox Group, Giorgia Roversi ha avviato un processo di managerializzazione e digitalizzazione dell’azienda. Conquiste che in maggio le sono valse il premio di She Sps Italia, la community femminile che racconta storie di successo nel mondo dell’automazione e dell’innovazione per l’industria, nella categoria imprenditoria femminile. 

Cima 

Specializzata nella progettazione e costruzione di  formacartoni, chiudicartoni e macchine incartonatrici, è stata fondata 40 anni fa. Opera per le maggiori  imprese di produzione di beni di largo consumo e alimentari, anche con aziende di produzione di linee automatiche di confezionamento e imballaggio, alle quali vengono forniti know how e componenti necessari per completare i propri progetti.

Zambelli

Dal 1969 progetta e realizza macchine per il confezionamento con soluzioni tecnologiche all’avanguardia. Cinquant’anni di attività, due generazioni al lavoro, più di 1.500 clienti nel mondo. I macchinari progettati sono fardellatrici, incartonatrici, astucciatrici, fino alle più recenti applicazioni di robotica p&p e pallettizzazione.

Sgarzi Packing

Sgarzi Packing, nell’emiliana Anzola, è un’azienda di riferimento nel settore della logistica integrata e della produzione di imballi industriali. Dal 1976 produce imballaggi e casse per spedizioni. Il cuore è la falegnameria, dove gli involucri prendono forma, sebbene l’azienda fornisca anche cartoni e altri imballi usati in spedizioni che non richiedono il legno. 

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