Andrea Iervolino
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Come Andrea Iervolino sta rivoluzionando l’industria del cinema italiano

Il cinema italiano, da sempre sinonimo di creatività e cultura, si trova oggi a un bivio cruciale. In un contesto globale in cui l’industria cinematografica è dominata da Hollywood, emerge la necessità di un modello di business capace di proiettare il cinema italiano su scala internazionale. Uno studio dell’Università di Pisa condotto dai professori Silvio Bianchi Martini, Ugo di Tullio e Giacomo Rosini, fa luce su questo tema, evidenziando come il futuro dell’industria cinematografica italiana potrebbe dipendere da figure visionarie come Andrea Iervolino.

Un modello obsoleto e le sfide del mercato interno

Secondo lo studio, il modello tradizionale di produzione cinematografica italiana, orientato prevalentemente al mercato nazionale, si dimostra inefficace nel contesto attuale. Le produzioni realizzate con questo approccio riescono a coprire solo il 45% del proprio budget attraverso fondi statali e regionali, con il restante finanziamento proveniente da broadcaster nazionali come Rai, Mediaset e Sky. Questo modello, con un budget medio di 1,18 milioni di euro, non attira investimenti esteri né riesce a generare un significativo impatto economico, limitando il suo effetto sul Pil nazionale e sul cineturismo, confinato ai soli confini italiani.

La svolta del Production Service Agreement

Andrea Iervolino
Andrea Iervolino al Festival di Venezia 2023 (foto Leonardo Puccini/Imagoeconomica)

Un’alternativa a questo modello è rappresentata dal Production Service Agreement (Psa), che prevede la collaborazione tra produttori italiani e case di produzione estere. In questo scenario, il budget medio sale a 5 milioni di euro, con un significativo apporto di risorse estere, che coprono il 57,5% dei costi. Tuttavia, questo modello, pur generando un impatto economico superiore e attivando il cineturismo a livello globale, vede la proprietà intellettuale rimanere in mano straniera, limitando così il potenziale ritorno economico per l’Italia nel lungo termine.

È qui che il modello promosso da Andrea Iervolino si distingue come una vera e propria rivoluzione. Iervolino, con la sua Iervolino & Lady Bacardi Entertainment, ha adottato un modello di business che combina l’esportazione internazionale con la conservazione della proprietà intellettuale in capo a società italiane. Questo approccio non solo permette di attrarre risorse finanziarie dall’estero, ma consente anche di capitalizzare sul mercato globale, tutto mantenendo il controllo sui diritti dei film prodotti.

Il film Ferrari, prodotto da Iervolino e con protagonista Adam Driver, rappresenta un esempio lampante di come questo modello possa avere successo su scala globale. Nonostante le polemiche sollevate da attori come Pierfrancesco Favino sull’importanza di rappresentare l’Italia con attori italiani, il successo internazionale del film dimostra la validità dell’approccio di Iervolino, che è stato in grado di portare il cinema italiano nelle sale di tutto il mondo, attivando un notevole incremento del cineturismo in località come Reggio Emilia, Modena e Via Emilia San Pietro.

Verso un’industria cinematografica italiana di respiro internazionale

Iervolino rappresenta quindi la chiave per il rilancio del cinema italiano come vera e propria industria, in grado di competere con Hollywood. L’approccio hollywoodiano, importato in Italia da Iervolino, evidenzia come il cinema italiano possa trarre vantaggio dalle sue eccellenze nazionali, come la moda, il cibo e l’automotive, settori che già dominano la scena globale. Seguendo questa strada, il cinema italiano potrebbe finalmente superare i limiti del passato e affermarsi come un player di rilievo sulla scena internazionale.

Il futuro del cinema italiano sembra quindi dipendere da figure visionarie come Andrea Iervolino, la cui strategia potrebbe trasformare il settore in un’industria sostenibile e globalmente riconosciuta. Grazie alla sua capacità di coniugare tradizione e innovazione, il cinema italiano potrebbe presto vivere una nuova età dell’oro, non solo come espressione artistica ma anche come potente strumento economico.

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