Articolo di Matteo Sbarra*
“Non sarà l’intelligenza artificiale a rubarti il lavoro, ma qualcuno che sa usarla meglio di te”. Questa affermazione riassume perfettamente il cambiamento in atto nel marketing e nella comunicazione. L’idea che l’AI non possa competere con l’uomo nei processi creativi è ormai superata.
Oggi, brand e professionisti considerano l’AI un alleato strategico, utile non solo per ottimizzare l’efficienza, ma anche per generare nuovo valore: sempre più aziende sono infatti aperte a investire in AI personalizzate, capaci di riflettere il proprio stile e tono di voce.
Oltre l’efficienza: fare ciò che prima era impossibile
Il vero potenziale dell’AI non sta nel fare meglio ciò che già facciamo, ma nell’abilitare ciò che prima era impensabile. Ad esempio, poter simulare conversazioni in tempo reale con i consumatori per raccogliere insight. Questo non solo migliora i metodi tradizionali di ricerca, ma permette di esplorare scenari che prima erano impensabili.
L’AI diventa così un partner di lavoro, capace di affiancare il professionista nelle discussioni e nei ragionamenti. Anche se può dare risposte imprecise – detto che il collega che non sbaglia mai devono ancora inventarlo – la sua velocità nel generare stimoli amplia il ventaglio di possibilità, lasciando al professionista il compito di prendere decisioni più informate.
AI e strategia: accelerare la raccolta di stimoli per connettere i puntini
Nel processo strategico, l’intelligenza artificiale gioca un ruolo chiave. La generazione di idee non è un momento, ma un processo, articolato in due fasi cicliche: divergenza e convergenza. Nelle fasi di divergenza si raccolgono stimoli da varie fonti, mentre nelle fasi di convergenza questi stimoli vengono collegati per generare idee.
L’AI accelera le fasi di divergenza, facilitando la raccolta rapida di una vasta quantità di informazioni e filtrando quelle ovvie. Inoltre, questa tecnologia accelera drasticamente il processo di apprendimento richiesto per diventare “esperti” su un tema specifico, permettendo ai professionisti di acquisire rapidamente conoscenze che in precedenza avrebbero richiesto molto più tempo.
Questo consente al professionista di concentrarsi maggiormente sulla parte più strategica del processo: la connessione tra gli stimoli per arrivare a soluzioni innovative. In questo modo, lo strategist può focalizzarsi sull’essenza dell’idea, mentre l’AI supporta e velocizza gran parte del lavoro preliminare.
Il focus cambia: dalla risposta alla domanda
L’introduzione dell’AI ha trasformato il modo in cui affrontiamo le sfide creative e strategiche. Se prima l’attenzione era tutta nel trovare la giusta risposta, oggi con l’AI il focus si sposta sulla capacità di formulare le giuste domande.
È l’input che diamo all’AI a determinare la qualità dell’output. E, come molti sostengono, la capacità di porsi le domande giuste è la chiave del successo. Questo approccio ci avvicina al concetto di Shoshin, la mentalità del principiante, che favorisce la curiosità e l’apertura mentale.
L’AI diventa uno stimolo costante per esplorare nuove strade e porre domande più profonde e mirate, prima di arrivare a soluzioni. In questo modo, ci spinge a riflettere in modo più strutturato e a rafforzare il nostro pensiero critico.
AI e la formulazione del problema: il cuore della strategia
Questo cambiamento di prospettiva ci porta a un altro aspetto fondamentale: l’importanza di una corretta formulazione del problema. Il successo di una strategia non dipende solo dalla creatività della soluzione, ma soprattutto dalla comprensione accurata del problema.
L’AI ci costringe a essere più precisi nella definizione delle nostre sfide, poiché una chiara comprensione della questione è il punto di partenza per ottenere risultati efficaci. Quando siamo costretti a definire con precisione il problema, il processo decisionale diventa più rigoroso e focalizzato.
L’AI ci obbliga a scomporre e analizzare la sfida in modo più strutturato, aiutandoci a identificare le vere priorità e i nodi critici da risolvere. In questo modo, la formulazione del problema diventa una fase cruciale che non solo influenza l’intero processo creativo, ma determina anche l’efficacia delle soluzioni adottate.
La gestione dei rischi
Nonostante i numerosi vantaggi, questa tecnologia presenta ovviamente anche dei rischi. I più evidenti sono la poca chiarezza delle informazioni e il pericolo di affidarsi eccessivamente alla tecnologia rinunciando a un pensiero critico.
L’intelligenza artificiale, per quanto avanzata, non è infallibile e necessita sempre di una guida umana attenta. Il suo uso va gestito con cura, esattamente come si dosa il sale in cucina: è preziosa all’inizio del processo, per generare idee e raccogliere stimoli, e alla fine, per rifinire gli output. Tuttavia, nel mezzo, sarà sempre l’uomo con la sua creatività e giudizio critico a fare la differenza.
*Matteo Sbarra è Chief Strategy Officer di Connexia, practice di Marketing e Comunicazione della MarTech Company Retex. Attivo nell’ambito della consulenza strategica da oltre 12 anni, attualmente coordina il team di lavoro che si occupa delle attività di analisi e implementazione delle iniziative strategiche in supporto alla comunicazione dei brand, con forte focus data-driven e una expertise specifica sull’integrazione dell’AI generativa. Dal 2018 collabora con IED – Istituto Europeo di Design come lecturer e coordinatore di diversi corsi in ambito marketing e comunicazione, tra cui il corso di Intelligenza Artificiale per Strategie di Comunicazione di IED Milano in partenza a febbraio 2025.
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