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Vino e politica: come cambierà l’Europa dopo le elezioni del 2024?

Gli elettori di Moldavia e Stati Uniti si sono espressi nelle loro votazioni. Alcune questioni all’interno dei programmi elettorali riguardano anche investimenti, dazi e tariffe che andranno a incidere sulle future relazioni economiche, riferite anche al vino e ai suoi scambi. In Europa, la forte crisi dei consumi, il periodo di inflazione e le guerre stanno alimentando il bisogno di stringere alleanze forti e mutuamente profittevoli per garantire al settore vino il valore che merita.

In che modo il risultato di Moldavia, ma soprattutto la recente vincita di Trump in Usa potranno impattare il futuro del vino italiano nel mondo?

Le ex repubbliche sovietiche verso l’Europa

In Moldavia, ex repubblica sovietica e importante produttrice di vino, il clima politico è stato fortemente in fermento negli ultimi mesi. Il Paese ha una popolazione complessiva di meno di tre milioni di abitanti, ma le elezioni appena svolte (il secondo turno si è tenuto solo pochi giorni fa) hanno un peso che va ben oltre i suoi confini.

Negli ultimi anni, la Moldavia ha mostrato un orientamento sempre più chiaro verso l’Unione Europea sia attraverso la propria candidatura, ma anche soprattutto dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. Il referendum tenutosi in ottobre ha dimostrato questo trend, sebbene con una vittoria risicata.

Il risultato del secondo turno (3 novembre) è stato cruciale per il futuro politico della Moldavia, confermando l’integrazione europea e definendo un netto distacco dall’influenza russa. Questa alleanza potrebbe aiutare a creare legami importanti per gli scambi intra europei. La Moldavia è tra i Paesi che più esportano vino in Europa: vanta oltre 110mila ettari vitati, con una specializzazione nei vini bianchi. Vende vino principalmente in Bulgaria, Polonia, ma anche Cina.

Le elezioni statunitensi e le tariffe sul vino

Oltre l’Atlantico le cose non sono andate altrettanto bene. Le elezioni politiche statunitensi del 5 novembre hanno aggiunto un livello di complessità per il vino italiano perché, tra le varie questioni in gioco, una preoccupazione rilevante per l’industria vinicola è il possibile ritorno delle tariffe sulle importazioni.

Durante il suo precedente mandato, il vincitore Donald Trump aveva imposto una tariffa del 25% su vini provenienti da Francia, Germania e Spagna, colpendo duramente gli importatori statunitensi. Recenti dichiarazioni di Trump lasciano intendere che tale scenario sarà un’opzione molto probabile, reintroducendo misure protezionistiche con aliquote che potrebbero arrivare fino al 60%.

Il calo dei consumi unito a una forte contrazione delle importazioni in uno dei paesi più importanti per l’export italiano (nel 2023 siamo stati il paese con il maggior peso in termini di volume, per un valore di circa 1.7 miliardi di euro) rappresenterebbe una forte sconfitta per l’industria italiana.

D’altra parte, se ciò rappresenterebbe un duro colpo per gli importatori e distributori di vino straniero in Usa, alcuni produttori vinicoli statunitensi, soprattutto quelli con eccessi di scorte, potrebbero invece accogliere con favore questa prospettiva, spingendo finalmente le vendite domestiche. Il risultato rappresenterebbe comunque un impoverimento della diversità e complessità dell’offerta per i consumatori statunitensi.

Tempi incerti per il settore vinicolo

Novembre è un mese caldo per le decisioni sul comparto vino. Indipendentemente dai risultati finali, i prossimi giorni potrebbero rivelarsi cruciali non solo per la politica internazionale, ma anche per l’industria del vino, in un contesto globale sempre più interconnesso e incerto.

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