Gianluca Spolverato Wi Legal
Small Giants

Quali sono le competenze da sviluppare nel lavoro al tempo dell’IA

Articolo tratto dal numero di novembre 2024 di Forbes Small Giants. Abbonati!

Di Gianluca Spolverato, managing partner di Wi Legal

Ci troviamo in una fase di profonda trasformazione tecnologica, spinta fortemente anche dalla pandemia, che ha gettato la basi per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa. Cosa aspettarci dunque nel futuro? La prima grande sfida riguarda l’alfabetizzazione digitale e lo sviluppo di competenze avanzate: in un contesto così fortemente plasmato dalla tecnologia, è infatti sempre più indispensabile avere un digital mindset.

La situazione nel nostro Paese presenta ampi margini di miglioramento: si stima che presto saranno richieste competenze digitali di base nel 90% delle attività lavorative, tuttavia solo il 45,6% della popolazione in età lavorativa le possiede – a fronte di una media europea del 53,9%. Prendendo in esame le competenze digitali avanzate, inoltre, si evince che le persone che le possiedono sono insufficienti rispetto alla domanda di lavoro. A questo dato sulle conoscenze richieste si contrappone purtroppo un numero ancora troppo basso di laureati Stem in Italia: secondo Eurostat (2021) sono circa 18,3 ogni 1.000 laureati nella fascia tra i 20 e i 29 anni, circa quattro punti al di sotto della media europea che si attesta a 21,9.

La situazione nel mondo del lavoro

La seconda grande sfida posta dall’intelligenza artificiale è quella dell’evoluzione del lavoro, con particolare riguardo ai meno giovani, spesso poco inclini al cambiamento. Il rapporto Istat 2024 testimonia un aumento della popolazione lavorativa over 50 – oltre 4,5 milioni di occupati in più – a fronte di un calo sia nella fascia 35-49 anni che in quella 15-34 anni. Incrociando questo dato con quello sulle competenze richieste, si evince come la trasformazione digitale stia impattando soprattutto sulla generazione X e quella dei baby boomer. Si tratta da un lato di due fasce di popolazione meno inclini al cambiamento, dall’altro di lavoratori in possesso di validi strumenti umanistici, per sé e per le generazioni successive.

Non dimentichiamoci che le conoscenze umanistiche restano cruciali, in considerazione dell’avvento dell’IA – soprattutto quella generativa – e delle numerose implicazioni etiche che essa porta con sé. Rimangono importantissime quelle competenze storiche, sociali, comportamentali, psicologiche, filosofiche che permettono alla tecnica di andare di pari passo con lo spirito critico, la collaborazione, la creatività, il self-management. Va dunque senza dubbio valorizzato lo scambio intergenerazionale, per esempio con i perennial, cioè quelle persone che si identificano più tramite la loro curiosità e mentalità aperta che in un mero dato anagrafico.

Che cosa bisogna aspettarsi

L’evoluzione tecnologica ci spinge a un cambiamento e a un apprendimento continuo e anche le attività tradizionali ne subiscono l’impatto: molte professioni esistenti a metà del secolo scorso sono già scomparse o si sono evolute, mentre numerose altre stanno nascendo. Il saldo per ora è positivo, negli ultimi decenni sono più i nuovi mestieri nati rispetto a quelli scomparsi a causa dell’evoluzione tecnologica.

Cosa possiamo aspettarci, dunque, dal futuro? Senza dubbio occorrerà un approccio ottimista e propositivo nell’affrontare le sfide che la tecnologia ci pone, con piena consapevolezza sia dei limiti comportamentali che ne derivano, sia delle grandi opportunità che possiamo cogliere in termini di crescita e apprendimento. Quale miglior modo di regolare questo nuovo sviluppo, se non attraverso il confronto generazionale e la spinta all’innovazione?

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