Articolo di Miriam De Vita
L’entrata in vigore dei nuovi dazi di Trump, prevista per il 2 aprile, rischia di compromettere investimenti e stabilità aziendale, minando la competitività del Made in Italy nel panorama globale. La recente politica protezionistica adottata dall’amministrazione statunitense, con l’annuncio di nuovi dazi sulle importazioni europee, ha sollevato un’ondata di preoccupazione nel settore enogastronomico italiano. In particolare, l’industria vinicola, pilastro dell’export italiano: dal 2 aprile sarà di fronte a un bivio critico, con potenziali perdite economiche che potrebbero raggiungere cifre allarmanti.
Il contesto economico
Gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato di sbocco per il vino italiano, con un fatturato di circa 1,9 miliardi di euro nel 2024. L’introduzione delle nuove tariffe doganali potrebbe infliggere un colpo devastante all’export vinicolo, con una perdita stimata di 470 milioni di euro solo per gli effetti diretti sul mercato statunitense. Se si considerano anche le ripercussioni indirette sul commercio globale, la cifra potrebbe salire fino a quasi un miliardo di euro.
I vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia, con un valore di 138 milioni di euro, risultano particolarmente vulnerabili. Anche i vini rossi toscani con un valore di 290 milioni di euro, i rossi piemontesi con 121 milioni di euro, e il Prosecco con 491 milioni di euro, sono fortemente esposti alle nuove tariffe.
L’analisi dell’Unione Italiana Vini
Secondo l’Osservatorio UIV, gran parte del vino italiano esportato negli Stati Uniti appartiene alla fascia di prezzo più accessibile. Il costo medio alla cantina, come dichiarato dal presidente UIV, è di circa 4,18 euro al litro, mentre sugli scaffali americani una bottiglia difficilmente supera i 13 dollari. Questo segmento, che rappresenta la spina dorsale delle esportazioni vinicole italiane, rischia di subire un forte calo delle vendite a causa dell’aumento dei prezzi finali dovuto ai dazi.
“La fascia media”, ha dichiarato Francesco D’Onofrio, patron dell’azienda vitivinicola Marchesi De’ Cordano, “è quella che subirà maggiormente a discapito di Paesi come Cile, Argentina Cile e Nuova Zelanda, ma d’altronde questo scenario è chiaro: già da tempo, questi Paesi, hanno sostituito la presenza italiana su quegli scaffali. Il fiore all’occhiello di Marchesi de’ Cordano, potrà eventualmente subire un aumento, ma rientrando in una fascia di nicchia, l’impatto sarebbe minimo per l’acquirente americano. Ma per quanto riguarda il resto, bisogna, ahimè, solo aspettare. È chiaro che per ora non c’è ancora nulla di definito”.
Il ruolo dei vini di fascia alta
E difatti, i vini di fascia alta, sebbene costituiscano una quota limitata del volume complessivo esportato, rivestono un ruolo cruciale in termini di valore economico. Grazie a una clientela esclusiva e sofisticata, meno influenzata dalle oscillazioni dei prezzi, il segmento premium, secondo le previsioni del Presidente UIV, può assorbire meglio l’impatto dei dazi. Inoltre, l’alto valore aggiunto e l’appeal culturale dei vini di lusso italiani permettono di mantenere una domanda stabile, specialmente nei mercati di nicchia e nei canali di vendita diretti come ristoranti stellati e collezionisti privati. Ciò consente ai produttori di compensare, almeno in parte, le perdite subite nei segmenti più popolari.
“Anche se per il momento i vini italiani sembrano non essere inclusi nel mirino di azione dei dazi americani, o almeno nel brevissimo futuro, e Trump sembra andare molto d’accordo con il nostro paese, bisogna sempre tenersi preparati per affrontare le nuove sfide”, ha commentato Federica Boffa Pio, che guida Pio Cesare alla sua quinta generazione. “Per la Pio Cesare i mercati esteri pesano per circa il 70% del fatturato, con gli Stati Uniti in testa, rappresentando il primo mercato, posizione storica per la nostra famiglia consolidata ormai da più di 50 anni. Insieme con il nostro importatore Maisons Marques et Domaines (MMD – di proprietà di Roederer Champagne) stiamo monitorando la situazione e abbiamo deciso di iniziare a spedire preventivamente già da Dicembre numerose casse di vino per il 2025 (soprattutto i nostri vini più “prestigiosi” come Barolo e Barbaresco) e di assorbire tra noi, loro e i distributori le tariffe se verranno implementate. In ogni caso, i vini italiani ed in particolare i piemontesi sono oramai largamente disponibili sul mercato americano e di fronte a questa cospicua competizione, la nostra Famiglia ha già deciso da qualche anno, anche se detiene quote di mercato importanti da tantissimi anni negli USA, di provare a spostare leggermente i nostri orizzonti anche in mercati più emergenti , come il l’Africa, il Sud America, l’Asia”.
Le conseguenze
L’export dei prodotti enogastronomici verso gli Stati Uniti ha raggiunto un volume d’affari di 7,8 miliardi di euro nel 2024, con una crescita esponenziale negli ultimi dieci anni. Alcune regioni italiane fortemente dipendenti dal mercato statunitense, sono particolarmente esposte a perdite milionarie. Stesso discorso per le aziende che si stanno appena approcciando a quel mercato.
“L’introduzione di nuovi dazi sulle esportazioni agroalimentari italiane potrebbe penalizzare il settore lattiero-caseario, un comparto che si distingue per eccellenza e tradizione”, ha concluso Antonello Ricco, direttore dell’Azienda San Salvatore. “Il latte di bufala, in particolare, è un’eccellenza unica a livello internazionale, e il suo valore si riflette nei suoi derivati, dalla mozzarella agli Yogurt e Cremosi. Per San Salvatore, che sta lavorando per entrare nel mercato americano, questo nuovo scenario potrebbe rallentare le trattative e incidere sui costi per il consumatore finale. Tuttavia, siamo convinti che la qualità della nostra produzione – fondata su una filiera sostenibile, ingredienti d’eccellenza e un forte legame con il territorio – possa fare la differenza. Il mercato statunitense è sempre più attento a prodotti autentici e innovativi, e crediamo che la nostra proposta possa rispondere perfettamente a questa domanda, anche in un contesto più sfidante”.
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