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Viaggio cyberpunk nel videogioco più atteso dell’anno

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Cyberpunk 2077

Nel 2077 l’America è a pezzi. Letteralmente. Dopo la bancarotta e la balcanizzazione successiva a una guerra civile, come il Paese anche la vita dei cittadini è contesa da mega corporazioni che puntano a gestirne quanti più frammenti possibili. I rimasugli di dignità umana sono terreno di conquista per le gang che controllano il narcotraffico sintetico, per tenco-traffichini di ogni risma e nessuna moralità, e per illegali neuro-imbonitrici. In un mondo così, l’unica cosa che conti davvero è sapere chi si è, soprattutto perché modificare il proprio corpo o anche scambiarlo con un altro può essere necessario per trovare lavoro e campare un giorno di più.

È uno dei videogiochi più attesi dell’anno e sembra uscito dalle pagine dei primi libri di William Gibson o Bruce Sterling: non a caso si intitola Cyberpunk 2077, anche in omaggio al boardgame, Cyberpunk 2020, di cui si mormora erediterà temi, atmosfere e le dinamiche da gioco di ruolo.

Annunciato nel 2013 con un teaser da milioni di visualizzazioni e fino a qualche settimana fa coperto da un riserbo quasi militare, Cyberpunk 2077 per ora sfoggia due sole certezze: verrà pubblicato entro il 2020 e porterà una firma pesante, quella di Cd Projekt RED, lo studio che ha messo la Polonia sulla mappa dei migliori produttori di videogiochi d’Europa.

Con entrate complessive nel 2018 pari a 84,6 milioni di euro e un guadagno netto di 25 milioni e mezzo, Cd Projekt Red – che possiede anche la piattaforma di digital delivery GoG.com – è la punta di diamante di un’industria locale che in pochi anni è diventata trainante.

Il merito va a una regolamentazione fiscale che supporta il settore e ai finanziamenti diretti che dal 2016 (allora erano 26,2 milioni di euro) vengono messi a disposizione di studi come Techland, CI Games, Bloober Team, Flying Wild Hog, The Farm 51 e, per l’appunto, CD Projekt, dal Centro nazionale di ricerca e sviluppo.

Soprattutto, però, sono le opere amate da critica e pubblico internazionale ad aver innescato il virtuoso volano: una su tutte, proprio merito di Cd Projekt RED, è la saga di The Witcher, caposaldo dell’industria dell’intrattenimento forte di alcuni fra i titoli più premiati della storia (si veda The Witcher 3: Wild Hunt, pubblicato nel 2015) e di un’imminente trasposizione filmica (la trasmetterà Netflix a fine anno).

Di Cyberpunk 2077 e del relativo business, Forbes ha parlato in esclusiva italiana con Mateusz Tomaszkievicz, quest director del gioco.

Ci descriva Cyberpunk 2077

È un gioco di ruolo open world in prima persona, dall’impronta fortemente narrativa e in cui le scelte del giocatore hanno conseguenze precise. Cyberpunk 2077 offre vari stili di gameplay, dallo stealth – quel genere in cui si progredisce se si riesce a non farsi scoprire, (ndr) – all’azione frenetica e al combattimento corpo a corpo. Permette di scegliere l’approccio che si preferisce.

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Qual è stato il suo ruolo nello sviluppo del gioco?

Sono il cosiddetto “Quest director” di Cyberpunk 2077. Il mio ruolo consiste nel dare direttive ai designer che lavorano sui contenuti legati alla storia. Valuto il loro lavoro e faccio tutto il possibile per garantirne la qualità e una buona resa. Partecipo alle discussioni legate al design narrativo, alla scrittura, e insieme parlo con gli artisti e gli altri team che creano i contenuti.

Quanto il videogame avrà in comune con il boardgame del 1988 da cui è tratto?

Cyberpunk 2077 è la continuazione dell’universo descritto nel boardgame, quindi i giocatori dell’originale ne riconosceranno tanti elementi caratteristici: alcune vecchie corporazioni sono ancora in giro, nonostante siano cambiate nel corso degli anni. Ecco, in generale il nostro gioco affonda le radici nel setting originale e immagina i cambiamenti che possono essersi verificati nei 57 anni successivi. In quanto a meccaniche di gioco, invece, le abbiamo adattate al nuovo supporto interattivo. E sono certo molti ne saranno sorpresi.

Perché oggi la fantascienza, in particolare quella distopica, suscita tanto interesse?

Oltre alla meraviglia, il progresso ha sempre portato con sé la paura. Quando sentiamo delle ultime scoperte tecnologiche è difficile non pensare alle conseguenze impreviste cui potrebbero portare — ecco dove inizia la finzione, inventando storie riguardo le diverse possibilità del nostro futuro. Sono convinto che oggi si tenda a pensare a un domani distopico a causa del riscaldamento globale, sempre più minaccioso per la nostra esistenza.

In un mercato dominato dalla crescita vertiginosa dell’esport e dai battle royale come Fortnite o Apex Legends, che spazio rimarrà per i single player narrativi?

Credo che le avventure individuali rispondano a un’esigenza del pubblico che non può essere soddisfatta dall’approccio competitivo. Con il successo di The Witcher 3, ma anche di altri giochi single-player, gli ultimi anni hanno mostrato che ai giocatori interessano le storie con personaggi affascinanti, carismatici. Produzioni come le nostre permettono di immergersi nell’universo di gioco per molte ore, di goderne gli scenari, la musica e di esplorare molte ambientazioni diverse. Sono convinto che i giochi single-player non si estingueranno tanto presto.

Sembra che in Cyberpunk 2077 non sarà raro imbattersi in scene di nudo, una scelta rara nel settore e già foriera di molte polemiche; vuole spiegarci il suo punto di vista?

L’uso contestualizzato della nudità può supportare una narrazione specifica, creare il tono giusto per una scena e anche contribuire alla costruzione del mondo di gioco. Detto questo, non mi piace quando la si inserisce fuori contesto in modo forzato (armature topless di certo fantasy, parlo di voi!). La nudità e l’erotismo sono argomenti sensibili visto che per anni la sessualità è stata un tabù in diverse culture. D’altro canto, è facile esagerare e trasformare il proprio gioco in una fantasia pruriginosa per adolescenti. Credo si tratti solo di trovare le giuste proporzioni e l’approccio corretto.

L’industria polacca dei videogame è diventata cruciale. Quali sono stati i principali motivi della crescita?

Lo sviluppo dei videogiochi ha una lunga storia in Polonia, grazie a qualche grande studio e ai molti veterani che hanno reso possibile a persone come me di apprendere il game design e soprattutto di iniziare la propria carriera. Penso che questa solida rete sia la nostra più grande forza. C’è anche un altro fattore, difficile da spiegare — c’è qualcosa nella nostra cultura, e nell’approccio alla vita in generale, che ha dato un tocco dark ai nostri giochi. La Polonia ha avuto una storia difficile, che ci viene insegnata a scuola e che aggiunge un sentimento cupo ai nostri videogame. Qualcosa che, evidentemente, piace anche oltre i nostri confini.

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Il segreto di Cd Projekt RED?

C’è il rum nel nostro caffè – ride, (nda). Parlando seriamente: abbiamo molte persone appassionate e talentuose cui sta a cuore sviluppare videogiochi al meglio delle loro possibilità. Allo stesso tempo, la cultura del nostro studio incoraggia il libero pensiero e a esprimere la propria opinione. Tutto qui.

Pensa che i videogiochi continueranno a espandersi e a interessare un pubblico nuovo?

Credo stia già accadendo. Per molte persone, specialmente delle generazioni precedenti, i videogiochi sono perlopiù esperienze competitive e arcade per un pubblico ristretto. Sentire che i budget di alcuni videogiochi competono con quelli delle più grandi produzioni di Hollywood impressiona e mette i videogiochi sotto una diversa luce. Inoltre, politici e media non possono ignorare l’influenza che i videogame hanno su economie e audience sempre più ampie. Penso che uno dei migliori esempi sia Donald Tusk, il nostro ex Primo ministro, che nel 2011 regalò una collector’s edition di The Witcher 2 a Barack Obama.

Tornando alle paure contemporanee, la tecnologia è una parte sempre più pervasiva della nostra quotidianità. Che cosa ci riserverà il futuro?

Credo sinceramente che tecnologia e scienza facciano progredire l’umanità e spero che potremmo usarle per risolvere problemi come il riscaldamento globale. Al momento, il futuro mi sembra tetro, a meno che i nostri rappresentanti istituzionali si schierino in maniera decisa contro questo problema.

Immagini un videogioco del 2077 e ce lo descriva

 Un open-world narrativo, che sfrutta una sorta di interfaccia neurale diretta. Consentirà una full immersion sensoriale senza il bisogno di indossare un visore, o muovere le braccia. Per quanto riguarda il setting, mi piacerebbe un approccio moderno al fantasy, o magari un’ambientazione inedita che emergerà solo fra qualche anno.

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