Non possiamo negare che le donne vincenti professionalmente, oltre che essere particolarmente veloci nel pensiero e orientate al risultato, siano talvolta dure e spigolose. Tant’è che nell’immaginario collettivo la “donna in carriera” viene frequentemente associata alla rappresentazione di una “femmina alfa” dall’espressione altera e dal piglio mascolino e autoritario che sconfina facilmente in comportamenti aggressivi nei confronti di colleghi e collaboratori. E spesso purtroppo questa immagine viene confermata da chi ha, o ha avuto, un capo donna. A corretta difesa della categoria, è verosimile supporre che tali comportamenti siano la conseguenza di anni di battaglie combattute dalle donne per farsi strada in un mondo del lavoro che, nonostante gli enormi passi avanti realizzati in pochi decenni e le politiche di genere, ancora oggi riserva agli uomini gran parte dei ruoli dirigenziali e di responsabilità. Salvo naturalmente che l’attività sia la propria.
Qualsiasi siano le cause, alcuni studi confermano che il modello cui la donna in carriera si è maggiormente ispirata, forzando la sua natura incline all’empatia e alla relazione, sia per lo più quello maschile del capo severo, pronto più a imporsi che a mediare. Questo naturalmente non significa che la grinta e la determinazione non siano capacità premianti per la donna che punta al successo, spesso però, laddove c’è competizione per raggiungere un piano più alto, il timore di essere ingiustamente “battuta” nella corsa al traguardo può far sì che superi certi limiti. Ma ciò non paga ed è sempre meno tollerato. Perché quindi perseverare in questa direzione snaturandoci anziché cavalcare ciò che possiamo attingere da noi stesse in termini di intelligenza emotiva?
Nonostante la donna abbia diritto quanto l’uomo di perdere le staffe, il nuovo modello di leadership al femminile suggerisce infatti una scalata verso il successo che contempli fermezza e morbidezza, assertività ed empatia. Per fare finalmente carriera “in quanto” donna e non “nonostante” donna.
Ecco dunque qualche consiglio per verificare che la nostra grinta, determinazione e tenacia siano veicolate correttamente sul lavoro così da ampliare le nostre opportunità di crescita e di successo.
Prendere coscienza del proprio atteggiamento. Anche se non pensiamo di essere aggressive, verifichiamo se lo siamo per gli altri: se più di una persona, o il nostro capo, ci reputano tali, evidentemente è così che ci presentiamo al mondo.
Lavorare sulla causa della propria aggressività. Quando “sbottiamo”, o meglio ancora prima che ciò accada, fermiamoci un attimo a riflettere. Riuscire a identificare le origini del nostro comportamento aggressivo può esserci di grande aiuto per correggerlo.
Portarsi il giusto comportamento da casa. Le modalità femminili che spesso utilizziamo in famiglia possono esserci utili, con le dovute modifiche, anche al lavoro: relazionarci con i collaboratori con la stessa empatia con cui ascoltiamo i nostri figli, mostrandoci forti e capaci ma con morbidezza, ci porterà rispetto e ammirazione.
Considerare anche le altrui opinioni. Saremo anche oggettivamente brave e convinte che le nostre opinioni e le nostre proposte siano le migliori, ma teniamo presente anche quelle degli altri senza sopraffarli: potremo ottenere molto di più da loro mostrando sincero interesse per le loro idee.
Controllare il modo di parlare in azienda. Evitiamo di alzare la voce o non faremo altro che comunicare agli altri che ciò che diciamo non è abbastanza interessante, che non siamo in grado di guidarli e che per farci ascoltare siamo costrette a gridare.
Gestire la comunicazione non verbale. L’aggressività trapela anche dai movimenti e dalle espressioni: controlliamo la nostra postura, i nostri gesti e la nostra mimica facciale, e anche se ne sentiamo l’irrefrenabile bisogno, no, non battiamo mai i pugni sul tavolo.
Distinguere l’aggressività dall’assertività. Manifestare assertività nel perseguire il successo significa puntare ai propri obiettivi con determinazione difendendo le proprie idee nel rispetto di noi stesse ma certamente anche degli altri. Le donne sicure di sé non sono autoritarie bensì autorevoli e motivanti.
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