Quel post su Instagram potrebbe costarti più caro di quanto pensi. Il nostro uso dei social media e ciò che esso dice circa le nostre abitudini di spesa potrebbero infatti rientrare presto nel set di dati utilizzati dalle istituzioni finanziarie per prendere decisioni nei nostri confronti, ad esempio per la concessione di un mutuo o di un prestito. E, cosa più importante, anche se ciò che appare sui social network non rispecchia esattamente il nostro stile di vita. A dirlo sono i ricercatori dell’Università di Melbourne, secondo cui alcuni fornitori di servizi finanziari si starebbero già preparando a fare proprio questo. Sul problema si è concentrato un gruppo di ricerca interdisciplinare dell’università australiana, all’interno di due documenti: il FinFuture White Paper e il Consumer Research Report.
“Il problema che abbiamo oggi è duplice”, spiega Chris Culnane dell’Università di Melbourne. “In primo luogo, non sappiamo davvero come vengono utilizzati o valutati i post sui social media: il processo è completamente opaco. Ad esempio, che impatto ha se non si dispone di un account sui social media? O i tuoi account sono limitati all’accesso solo da amici o familiari? E gli algoritmi e i processi utilizzati per valutare i nostri post sono equi e imparziali? In secondo luogo, dobbiamo stabilire se ci sono ricerche e prove sufficienti per suggerire che i post sui social media sono uno strumento valido per valutare il rischio?”
Considerazioni a cui occorre aggiungere anche il particolare aspetto che i social assumono all’interno del proprio personal branding. “I social media non sono un libro mastro indipendente delle tue azioni, è un flusso attentamente curato che proietta un’immagine desiderata”, spiega Culnane. “Molti di noi sanno che la realtà è spesso molto diversa da ciò che pubblichiamo sui social media; se è la vista apparentemente perfetta dall’hotel, accuratamente ritagliata per nascondere il cantiere accanto che ti ha permesso di ottenere la stanza con uno sconto; o la foto nel ristorante stellato Michelin, che non menziona che è stata scattata durante i pomeriggi seduti su un’offerta due-a-uno. La maggior parte di noi vuole proiettare l’immagine di se stesso di maggior successo (questo è solo prevedibile) ma quando un’organizzazione inizia a prendere quei dati fuori dal contesto e a prendere decisioni basate su di essi, cambia non solo la natura dei social media, ma aumenta notevolmente il livello di capitalismo di sorveglianza”.
Ma il monitoraggio dei social media è solo un esempio della crescente invasione della privacy in atto nel settore finanziario.
“Prima di arrivare a un punto in cui è in atto una maggiore condivisione dei dati, è necessaria una maggiore trasparenza su come verranno utilizzati i nostri dati, nonché sulla capacità di contestare le decisioni automatizzate, che potrebbero essere prese utilizzando le informazioni tratte da contesto. La mancata riparazione di queste crescenti asimmetrie informative bloccherà i clienti in uno stato di svantaggio perpetuo, che sarà negativo per il loro benessere finanziario e, in definitiva, negativo per l’economia nel suo insieme”.
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