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La partita per la nuova Mediobanca è iniziata. Quanto somiglierà alla vecchia?

Il banchiere Enrico Cuccia, a lungo al vertice di Mediobanca e personificazione degli anni in cui l’istituto ha rappresentato il Salotto buono dell’imprenditoria italiana (Imagoeconomica)

Addio salotto buono. Addio galassia del Nord. Addio ai Cuccia boys, gli eredi della lezione di Raffaele Mattioli e di don Enrico, “padrone dei padroni” che manovrava Piazza Affari come un abilissimo burattinaio. Per carità, sono storie di un tempo ormai remoto. Ma agli occhi di una generazione (anche di giornalisti) il sipario di un’epoca gloriosa è sceso solo ieri quando, dopo 73 anni, si è interrotta la liaison tra Mediobanca e Unicredit, che non ha esitato a mettere in vendita il suo 8,4% nell’istituto considerato alla stregua di partecipazione “non strategica”. Un vero terremoto, anche dal punto di vista simbolico, destinato a rimescolare gli equilibri della scena finanziaria italiana. E non solo. In particolare:

Unicredit +5,96% ha preso il volo, non tanto per la plusvalenza (modesta) incassata con l’operazione o per gli ottimi risultati della trimestrale. A dare la carica al titolo è la prospettiva di un buy back destinato agli azionisti, un ottimo sistema per sostenere il titolo nella prospettiva di un possibile merger internazionale. Il clima è assai più disponibile: il ministro delle Finanze tedesco apre a regole comuni per le banche dell’Eurozona, le autorità di Francoforte chiedono “più coraggio” agli istituti per creare banche più grandi. Unicredit, che si accinge a dar vita ”a una holding internazionale che sarà basata in Italia” sta mettendo le basi per un merger tra pesi massimi.

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E Mediobanca? Leonardo Del Vecchio è destinato a contare sempre di più. Mister occhiali ha acquisito il 2,5% di piazzetta Cucci in occasione della vendita di Unicredit, ovvero la quota massima che, già forte del 7,5% poteva rilevare senza varcare la soglia del 10%, oltre cui non può andare salvo l’esplicita autorizzazione della Bce già investita della richiesta. In realtà Del Vecchio, forte di una quota del 4% abbondante anche in Generali, dovrà fare i conti in Mediobanca con i soci del “patto leggero”   di consultazione che controlla il 12% circa dell’istituto e che ha già garantito il sostegno ad Alberto Nagel. A differenza di quanto ha fatto Del Vecchio, che contesta alla gestione di Nagel di essersi limitata a sfruttare il traino delle due partecipazioni più redditizie: Compass e le Generali. Al contrario, Del Vecchio vuole un’effettiva banca d’affari capace di operare in Italia e non solo. Direzione in cui Nagel si è mosso, vuoi a Londra che con l’alleanza francese con Bernard Maris e Alain Minc (advisor per conto di Fca nell’operazione con Peugeot). Ma ci vuole senz’altro di più.

La soluzione ideale potrebbe essere un merger con un gruppo dell’asset allocation, uno dei segmenti in cui l’Italia può contare su campioni eccellenti. Di qui un’idea che sta prendendo piede: un merger tra Mediobanca e Mediolanum, già alleata a suo tempo con piazzetta Cuccia in Esperia mentre Ennio Doris figura tra i partner più fedeli della banca. Andrà così? Oppure Del Vecchio punta ad una soluzione diversa? E che farà Vincent Bolloré, il terzo socio della banca? L’unica cosa certa è che ormai il treno è partito. Vedremo quale sarà la stazione d’arrivo.

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