Tutto cominciò il 23 febbraio del 2000, nello Staples Center di Los Angeles, in California. Smooth era la canzone dell’anno e l’album che la conteneva, Supernatural dei Santana, vinceva nove Grammy Awards, eguagliando il record che era stato di Michael Jackson. La loro Maria però non deve essere confusa con quella di Ricky Martin, ancora indubbiamente eterosessuale, che incitava la folla in mezzo ai tamburi (“un, dos, tres! Un pasito pa’lante”) mentre la canzone originale di Tarzan, scritta e interpretata da Phil Collins, perdeva contro Austin Powers – La spia che ci provava. I 42esimi Grammy furono anche i premi di Will Smith che ancora cantava, di Sting e della trascendentale Believe di Cher, delle Dixie Chicks e del Real Slim Shady. Ma gli occhi di tutti quella sera, quelli dei pluri-nominati Backstreet Boys e quelli delle pluri-vincitrici Tlc, erano puntati sui cinque candidati nella categoria del Miglior artista emergente, dove Kid Rock e Macy Gray se la dovevano vedere con una tale Susan Tedeschi – di cui abbiamo perso le tracce – e soprattutto con le paladine del Disney Club: Britney Spears e Christina Aguilera. La Spears, appena diciottenne, con la matita attorno alle labbra e l’ombelico stranamente coperto, quella sera mise in scena …Baby one more time: più di dieci milioni di copie vendute nel mondo, al primo posto nelle classifiche di oltre venticinque Paesi, al primo posto nelle classifiche di tutti i Paesi in cui era entrata in classifica – eppure il Grammy per il Migliore artista emergente, quella sera, lo vinse Christina Aguilera: forse perché di secondo nome faceva María, e quello era l’anno della paladina biblica. Christina mima sconvolgimento, dice “I’m shaking”, eppure sembra fermissima: quaranta chili con addosso le scarpe, ringrazia mamma papà Dio i discografici e i ballerini (non in questo ordine) e si sorprende di poter vincere un Grammy con un solo singolo pubblicato, Genie In A Bottle. In realtà c’è pure un album, in circolazione dall’agosto 1999, che si chiama come lei: album impacchettato attorno a Reflection, canzone originale del film Disney Mulan che Christina era in grado di cantare in Mi maggiore invece che in Do centrale.
Dopo otto dischi di platino nei soli Stati Uniti e 14 milioni di copie vendute nel mondo, l’etichetta della Aguilera, la Rca, pensa bene di aggirare l’ostacolo del secondo rischioso album facendo uscire quasi insieme un lp in spagnolo e un disco di brani natalizi. La Spears cavalca allora il terreno lasciato fertile e, in un connubio di slang e punteggiatura e avanzamenti tecnologici negli effetti digitali, escono prima il video di Oops!… I Did It Again e poi quello di I’m A Slave 4 U – diretto dal Francis Lawrence degli Hunger Games – in cui Britney e quindici ballerini, bagnati fradici, quasi muoiono di sete. È passato solo un anno e mezzo da quella fatidica notte dei Grammy Awards che il 6 settembre 2001, sul palco del Met, Britney pareggia i conti con Christina grazie a un pitone birmano vivo sulle spalle, una tigre bianca e una serie di animali esotici che hanno fatto crepare la Peta. La performance, rigorosamente in playback, diventerà il momento più memorabile nella storia dei Video Music Awards secondo la classifica stilata da Mtv nel 2008.
Il brano del 2001 è senza dubbio Lady Marmalade, considerata “troppo urban” dalla Rca e che Christina Aguilera si incaponisce di voler cantare. Le sue urla arrivano per ultime (dopo Lil’ Kim, Mýa, Pink e Missy Elliot creditata come produttrice), ma il suo nome compare per primo: indice della popolarità che aveva raggiunto. Viene scelta anche per risollevare le sorti della carriera di Ricky Martin, ancora eterosessuale: entrambe le canzoni, questa con Martin e quella di Missy Elliot, finiscono nella cinquina delle migliori collaborazioni pop dei 44esimi Grammy Awards. Vince Lady Marmalade.
A febbraio 2002 gli schermi di tutto il mondo vengono bucati da Crossroads – Le strade della vita, debutto cinematografico di Britney in un ruolo da protagonista che le vale il suo primo Razzie Award come peggiore attrice. A firmare lo script è Shonda Rhimes – che probabilmente ha tolto dal curriculum questo impiego molti anni fa – candidata pure lei come peggiore sceneggiatrice mentre il film incassa anche il Razzie per la peggiore canzone (I’m Not a Girl, Not Yet a Woman scritta, tra gli altri, da Dido) e sfiora i premi per la Peggiore regia, il Peggior film, la Peggiore coppia sullo schermo e il più flatulento film per ragazzi. (Vince tutto Travolti dal destino, in un edizione in cui pure il Pinocchio del nostro Roberto Benigni non scherza).
Il flop cinematografico è presto è dimenticato perché, il 28 agosto di esattamente quindici anni fa, Christina e Britney condividono per la prima volta il palco degli Mtv Video Music Awards intonando Like a Virgin: Beyoncé applaude, Avril Lavigne pare in coma anafilattico, ma è solo quando compare Madonna che tutti scattano in piedi applaudendo: e ancora non sanno cosa sta per succedere. Il giorno dopo mezzo mondo metterà in prima pagina il bacio tra Britney e madame Ciccone: si parlerà infinitamente meno di quello di Christina, che intanto si era tinta, si era bucata il naso e aveva sconvolto nonni e genitori prima con il video di Dirrty, poi con quello di Beautiful: popolato da gay, travestiti e apparenti drogati.
Il primo agognato e unico Grammy arriva per Britney con Toxic, pubblicato nel 2004 – Christina intanto è a quota tre – ma i festeggiamenti sono presto smorzati dal secondo Razzie: Peggior attrice non protagonista, grazie allo sbandierato supporto per George W. Bush nel film Fahrenheit 9/11. La rivalità tra le due riempie i giornali ma non i loro pensieri, soprattutto quando la Spears inizia ad avere ben altro a cui pensare: si fidanza col ballerino Kevin Federline tre mesi dopo averlo incontrato e lo sposa nel video di My Prerogative; mettono al mondo due figli in due anni e dopo due mesi arriva anche il divorzio. Entrano in ballo i servizi sociali che vedono quotidianamente la Spears al volante col bambino in braccio o mentre fuma di fianco al figlio. Mette a tacere i fotografi uscendo con uno di loro, e uscendoci vestita da sposa. Entra poi in un salone, prende un rasoio elettrico, si rade la testa; con un ombrello randella i fotoreporter e le loro macchine: perde ovviamente la custodia dei figli, con cui si barrica in casa. Giungono ambulanza e polizia che la portano via su una barella. Il riassunto di questo periodo è il titolo dell’album successivo: Blackout.
Britney Spears potrebbe evitare di mostrarsi in pubblico e invece calca ancora i palcoscenici; la disastrosa performance di Gimme More non impedisce al singolo di ottenere un discreto successo; dirà in seguito: “mi si era rotto un tacco”. La sanità della performer però va e viene e il terzo video da Blackout deve essere realizzato in animazione; non ve ne è un quarto, perché “non sarebbe in grado di promuoverlo”. Back to Basics della Aguilera intanto rimane in classifica per 44 settimane e le fa vincere il quarto Grammy. Con Britney fuori dai giochi, la rivalità si sposta su una bizzarra performer e cantautrice che si fa chiamare Lady Gaga: quest’ultima ha dalla sua la moda del tempo, il dance pop, e un uomo da 6 milioni di follower, l’uber-blogger Perez Hilton. Dopo anni, Perez ammetterà di aver contribuito al flop di Bionic, quarto album in studio della Aguilera, spingendo i suoi lettori ad ascoltare Gaga, che magnificava tutti i giorni sui suoi account. Al flop commerciale – che le impedisce pure di andare in tour – seguono il divorzio, subito dimenticato grazie a un nuovo compagno, e due figli; il film Burlesque, interpretato insieme a Cher, non gode di ottime recensioni ma viene candidato a tre Golden Globe, vincendone uno e sfiorando la candidatura all’Oscar per la canzone. L’album successivo però fa addirittura peggio del precedente, fermandosi alla #28 della classifica inglese, e poi succede ciò che il pubblico non le ha mai perdonato e non le perdona tuttora: ingrassa.
Adesso Britney e “Xtina” sono tornate contemporaneamente, ma non insieme, in due servizi fotografici che non potevano essere più diversi; Britney, oggi 36enne, si considera una “mamma lavoratrice” e ricorda lontani i tempi delle trecce. Nelle foto scattate da Peter Lindbergh per Kenzo, però, appare in top e berretto da baseball, proprio come nel suo primo video musicale. “Quando ero più giovane correvo molti rischi, pensavo: metto la cosa più irriverente che trovo. Adesso, come madre, ho paura di imbarazzare i miei figli”. È stata scelta da Kenzo per lanciare la Collection Memento N. 2, seconda collezione che ripropone i capi iconici della maison. Parlando del servizio fotografico, Britney dice che “è stato strano”, perché “avevo addosso vestiti provocanti e non eravamo in studio, ma in mezzo alla strada”. Condivide le foto con i 19 milioni di follower su Instagram, dove è attivissima: si filma mentre canta nella tromba delle scale, mentre sfila sul suo balcone portando in casa la fashion week, mentre dipinge tele che vengono battute all’asta per 10mila dollari (4 in meno dell’offerta massima che aveva raggiunto un suo chewin gum masticato, senza contare l’ombrello verde con cui attaccò i paparazzi undici anni fa).
Sulla copertina di Paper Magazine del 26 marzo, invece, Christina Aguilera appare irriconoscibile quasi senza trucco. “Sono arrivata a un punto della carriera in cui sento il bisogno di togliermi tutto di dosso” racconta a Marie Lodi, mentre la troupe la prepara al set di Zoey Grossman staccandole le ciglia finte. Annuncia che, dopo sei stagioni, abbandonerà The Voice (“non posso rimanere nello stesso posto per tanto tempo: ho bisogno di continuare a creare e trasformare”) e lascia intendere che sta per arrivare un nuovo album, a sei anni da Lotus. “I nuovi artisti” dice ancora, “non sono vittime della risonanza mediatica che ho ricevuto io: fu un periodo controverso per me”; e riguardo al primo album, che non le è mai veramente piaciuto: “Era esattamente ciò che una vecchia etichetta discografica pensava potesse piacere ai maschi”. In questi vent’anni Christina ha duettato con rapper del calibro di Nelly, Diddy, Nicki Minaj, Redman, Pitbull, con i colleghi giudici Blake Shelton e Cee Loo Green, con leggende della musica come Tony Bennett, Herbie Hancock e Andrea Bocelli, addirittura con Luis Fonsi quando ancora era ben lontano dal fischiettare Despacito, e poi ancora Peaches, Lady Gaga e il duo indie A Great Big World, il cui brano Say Something ha quasi raggiunto i 360 milioni di riproduzioni su Spotify.
Se ci dovessimo attenere alla piattaforma streaming, la lotta tra Christina e Britney parrebbe vinta dalla seconda: entrambe viaggiano attorno ai 10 milioni di ascoltatori ogni mese, ma i dieci brani più riprodotti della Spears partono dai 37 e raggiungono un totale di 850 milioni di riproduzioni. Il brano più ascoltato della Aguilera non arriva a 94, ma è vero anche che ha solo cinque album di studio dalla sua parte, contro i nove della Spears: mentre Britney faceva entrare nella Top 10 della Billboard i suoi ultimi sei singoli, Christina poteva solo ricordarsi di quando a lei era riuscito nel 2008. La forza della Aguilera, e cioè la sua voce, le influenze blues e il soul, l’hanno sempre portata a guardare indietro, e mai avanti. A fatica ha cercato di seguire le mode dei tempi, e cioè l’electropop e la musica dance: ed è per questo che tra i suoi brani di maggiore successo si contano quasi tutte ballate, mentre non c’è l’ombra di quiete fra i dieci singoli clubber più riprodotti sul profilo Spotify della Spears. Sarà anche per questo che Christina risulta un giudice da talent più credibile (perché anche la Spears non si è fatta mancare la poltrona televisiva, con un cachet da 15 milioni di dollari per il programma concorrente, ovviamente, X Factor). Le menti più acute sanno anche che dietro al contenzioso tra i due programmi tv c’è pure l’annosa rivalità tra Coca Cola e Pepsi: e non è certo un caso che le due ex paladine del pop si siano schierate, in quei lontani anni Duemila, sui fronti opposti della bibita gassata. Ma la guerra delle bionde è tutt’altro che finita: preparate i fazzoletti.
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