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Due docenti italiani della London Business School spiegano i limiti della Fase 2

(Gettyimages)

di Angela Antetomaso

LONDRA – E cosi’ l’Italia poco a poco riapre. Dopo due mesi di totale lockdown, con più di 200mila contagi, oltre 30mila morti e l’intera popolazione (60 milioni di persone) in quarantena assoluta, e’ partita la Fase 2. Non è però finita qui. Ora si tratta di capire quale può essere la migliore e più completa strategia di uscita.

Paolo Surico

Una possibile ricetta la forniscono due professori della London Business School, Paolo Surico e Andrea Galeotti, che sin dall’inizio dell’epidemia hanno studiato dati, fatto paragoni col resto del mondo (in particolare Gran Bretagna e Usa) e adesso propongono le loro linee guida per uscire da quello che è stato definito uno dei lockdown più rigidi del mondo occidentale (sulla scia di Wuhan, per intenderci).

“L’Italia è arrivata alla Fase 2 senza sufficienti informazioni di come e quanto questo virus si sia diffuso nella popolazione” spiega il professor Surico. “Fino a poco tempo fa, i tamponi sono stati fatti solo ad individui sintomatici che hanno sviluppato gravi problemi. Questi tamponi però non forniscono molte informazioni, poiché la diffusione del virus è per la maggior parte determinata da individui asintomatici. Di conseguenza il governo sta formulando politiche per la Fase 2 sulla base di informazioni estremamente limitate, e questo rischia di portare a misure poco efficaci.”

Andrea Galeotti

Se da un lato siamo tutti alla disperata ricerca di un ritorno alla normalità, dall’altro però ci si chiede quanto con la riapertura – seppur graduale – sia alto il rischio di nuovi contagi. La strada dell’immunizzazione è sicuramente lunga, si parla di 12/18 mesi: quale dunque l’alternativa immediata? Sottolinea il professor Galeotti: “Fino a quando non ci sarà un vaccino, la maniera più sicura di riaprire la società è di creare un sistema che possa identificare tempestivamente i luoghi dove l’infezione si sta espandendo, e isolare in maniera locale i diffusori dell’infezione così da contenere localmente il virus. Tre elementi sembrano sufficienti per raggiungere questo obiettivo: una tecnologia di contact tracing, tamponi a tappeto, e la creazione di incentivi appropriati per far sì che gli individui utilizzino la stessa App per il contact tracing. Tutto ciò è disponibile e può essere realizzato velocemente.”

Ma l’Italia è davvero pronta per l’App traccia-contatti? In alcuni paesi del mondo (Cina, Corea del Sud) è stata certamente efficace ed ha in gran parte aiutato ad arginare la pandemia, ma nel mondo occidentale c’è sicuramente più resistenza all’idea. Anche perché dopo due mesi di blocco totale la tensione è palpabile, e gli italiani sembrano adesso preoccupati più per la situazione economica che per il contagio. La disoccupazione è alle stelle e la produttività a zero. E la Fase 2 inasprirà tutto questo in modo esponenziale. “L’impatto economico sull’Italia – riprende Surico – sarà probabilmente più elevato che in altre nazioni europee, anche perché la diffusione del virus da noi sembra essere stata più concentrata. I costi economici delle misure di lockdown aumentano con la durata delle misure stesse”, (come si può vedere qui). “Tra l’altro la burocrazia, il volume legislativo e soprattutto il complesso rapporto fra Stato e regioni rendono spesso difficile l’attuazione di interventi di politica economica”.

Dall’altro lato, di contro a queste difficoltà, ci sono però le misure che l’UE e la Banca Centrale Europea stanno provando a mettere in atto (non senza intoppi) per aiutare i paesi più colpiti dalla pandemia, tra cui Italia e Spagna. Come la definisce Galeotti, la “potenza di fuoco economico che tutta l’Unione Europea può mettere in campo, che è nettamente superiore a qualsiasi sforzo fiscale di ogni singolo stato sovrano.”

Pro e contro, dunque, e ben vengano gli interventi congiunti. Dopotutto, in un momento di emergenza globale, sarebbe cruciale che banche centrali, governi e istituzioni facessero veramente fronte compatto. Dopo ben oltre quattro milioni di contagi e quasi 300mila morti in tutto il mondo, è fondamentale unire le forze ed intervenire in maniera coordinata: può essere l’unica strada per sconfiggere una pandemia che ha ormai stravolto l’apparato socio-economico dell’intero pianeta.

Quale dunque la formula giusta per uscirne al meglio? In sintesi: misure interne (riapertura graduale, contact tracing, tamponi no-stop) e misure esterne (incentivi locali e provvedimenti straordinari di UE e BCE)? Speriamo basti. Sarebbe comunque un ottimo inizio.

 

 

 

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