Articolo di Ettore Mieli apparso sul numero di giugno 2020 di Forbes. Abbonati
“Mi sono spesso chiesto cosa potessi proporre di nuovo. Quale potesse essere l’apporto della mia generazione. La risposta non è la tecnica, né la creatività, né la tecnologia. È un pensiero più vasto, multidisciplinare, sovversivo. Per me è fondamentale incrociare altre discipline avere una visione ampia. Mi piace chiamarla impollinazione interdisciplinare”. Sarà per questo che Daniele Pronestì, investment e asset manager di Cassa Depositi e Prestiti, ha scelto di lavorare nel campo della finanza real estate, un mondo ibrido che mescola l’intangibile finanza e gli immobili, che appartengono invece all’economia reale. “Questo settore funziona un po’ come una fisarmonica. Coesistono banche, broker, avvocati, tecnici, fondi, consulenti. Il mio compito è ‘toccare’ i tasti giusti per produrre il suono piacevole dei rendimenti”. Come se non bastasse Daniele ha aggiunto una nuova melodia: la sostenibilità. Ha così proposto di strutturare un modello operativo, chiamato Sustainability and Innovation Strategy, che oggi coordina per guidare la transizione digitale e la greenification del portafoglio di Cdp immobiliare. “Siamo sempre stati abituati a pensare che la sostenibilità eroda i rendimenti ma la verità è che li protegge”, dice. La logica è abbastanza lineare: il settore real estate è tra i più inquinanti, l’inquinamento porta al climate change, il climate change porta a eventi estremi con maggiori rischi fisici e finanziari”.
Al momento Daniele si sta occupando di un edificio storico su cui sta investendo per trasformare quella che prima era una manifattura industriale in una nuova infrastruttura sociale, “dove nuove destinazioni d’uso innescano interazioni umane del tutto inaspettate”. L’antica ciminiera del complesso è stata preservata, “ma oggi emette solo i fumi puliti degli impianti che servono le residenze”. Per spiegare il percorso di riqualificazione fatto su alcuni asset cita il film Marvel, Doctor Strange: “Proprio come il protagonista, bisogna imbrigliare energie positive – istituzioni e mercato – insieme alle conoscenze tecniche, in modo da plasmare interi quartieri, che a loro volta influenzano intere città”.
Quel mix è frutto di una ricca formazione scolastica e delle molte esperienze che Daniele ha fatto in giro per il mondo. Ha lavorato per anni tra Londra, Copenhagen e New York in aziende di estrazione scandinava; è grazie ad esse che ha assorbito il concetto di hedonistic sustainability. Un approccio che si basa sull’idea che la sostenibilità non è una rinuncia o un sacrificio, ma piuttosto qualcosa in grado di creare opportunità e ricchezza. Dopo un corso in strategic management alla Lse di Londra ha cominciato a nutrire l’esigenza di andare oltre la progettazione, ma è stato a New York, mentre lavorava al Bjarke Ingels Group, che ha capito di volersi sedere dall’altra parte del tavolo, tra gli investitori che controllavano capitale e processo. “La progettazione era solo un anello della catena e io ambivo a fare il fabbro”. Cosi appoggiandosi al fratello che studiava per un Phd a Boston si è pagato un corso ad Harvard in Finanza e poi un master in Real estate finance in Italia.
Oggi l’emergenza sanitaria ci costringe a ripensare a un mondo più green e Daniele si fa trovare pronto. È infatti parte di un tavolo di lavoro promosso dall’Associazione bancaria italiana e dalla presidenza del Consiglio per promuovere nuovi strumenti per la riqualificazione energetica degli edifici. “Oggi più che mai c’è bisogno di aprire confronti concreti su questi temi. Se è vero che lavoreremo da remoto faremo più attenzione ai consumi energetici. Molti si renderanno conto che il proprio immobile non è poi così performante”. Con un occhio alla finanza: “Crescerà l’uso di strumenti come green bond e una maggiore correlazione tra rischio del credito e costo energetico degli immobili”. E con l’altro al bene della società: “Vorrei diventare buon manager e mettere le mie competenze al servizio di questo paese. Mi impegno anche in associazioni no profit come i Global Shapers del World Economic Forum in cui sviluppiamo progetti ad alto impatto sociale”.
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