“Sono convinto sia il modo migliore per avvicinare un pubblico nuovo ai motorsport, rendendoli sempre più accessibili a chiunque”.
Come fosse una pole – e come avesse l’auto a posto, ci concedano la stoccata i tecnici di Maranello – Charles Leclerc centra perfettamente l’obiettivo mentre presenta il “Ferrari Hublot Esports Series”. Senza giri di parole e con il conforto dei dati, soprattutto dopo la pandemia, il futuro dell’automobilismo passa sempre più vicino alle simulazioni elettroniche (il cosiddetto “sim racing”). I motivi non sono pochi e li elencheremo a breve, ma intanto conviene partire dall’inizio.
Annunciato pochi minuti fa dal monegasco, insieme con Nicola Boari (Chief Brand Diversification Officer) e Valerio Piersanti (responsabile del Business development), “Ferrari Hublot Esports Series” è il debutto della Rossa nel mondo delle corse digitali, o, se preferite, nell’universo sempre più contiguo alla realtà del gaming competitivo, l’esport appunto. Non che Ferrari fosse estranea al mondo delle corse simulate, anzi: Ferrari Driver Academy gestisce da tempo la divisione esportiva e di recente ha peraltro acquisito, dal team McLaren, Enzo Bonito, virgulto del sim racing arrivato a Maranello per affiancare David Tonizza, il campione in carica del campionato F1 Esports Series organizzato da Liberty Media. La novità è che il “Ferrari Hublot Espors Series” sarà un torneo sviluppato, gestito e promosso interamente dal Cavallino, con tanto di livree personalizzate per i piloti, che si divideranno fra amatori, selezionati online nella prima fase dell’iniziativa, e professionisti, invitati ad hoc. Si correrà su Assetto Corsa, altra eccellenza italiana, questa volta firmata da Kunos Simulazioni, comincerà il prossimo autunno e dal 7 agosto potranno iscriversi tutti i sim driver europei che abbiano già compiuto 18 anni – “preferiamo consolidare struttura e organizzazione, prima di estendere la partecipazioni ad altri territori e ai piloti più giovani”, ha spiegato Boari.
Insomma, servisse la legittimità definitiva di uno dei marchi più famosi del mondo, eccola qui: da oggi esport significa, anche, Ferrari. O il contrario, se preferite.
In fondo il punto è proprio qui, come diceva Leclerc e come ha ribadito Boari: “Il sim racing è la cosa più vicina alla realtà, la combinazione perfetta fra l’approccio a una gara in pista e le emozioni di una competizione digitale. È un passo naturale per Ferrari e speriamo solo il primo di una lunga serie”.
Complice la comune presenza di un intermediario tecnologico – moto o auto da una parte, computer e console dall’altra – i motorsport sono più vicini all’esport di quanto questi lo siano alle discipline tradizionali. Significa che un pubblico, quello fra i 15 e 25 anni, sempre più difficile da intercettare da discipline sportive e media convenzionali, ma molto sensibile all’esport, può essere traghettato alla passione motoristica vera proprio attraverso quella per le gare simulate.
Lo hanno dimostrano non solo i cloni digitali della 24ore di Le Mans, che il 13 e 14 giugno scorsi, per la prima volta nella storia, è stata disputata su una pista elettronica, o addirittura tutta la Formula E, pronta a clonarsi durante la pandemia e a far scendere in pista, quella in pixel, i propri piloti veri. A sancire definitivamente la contiguità, se non la sovrapposizione, di esport e discipline “analogiche” è stato più di tutti proprio Charles Leclerc, capace di fare da traino a illustri colleghi della velocità e, alla fine, alla Formula 1 tutta.
Orfana dei circuiti d’asfalto, la F1 dal 22 marzo scorso ha proposto i sui “Virtual Gp” anche nei palinsesti televisivi internazionali, rendendoli prestigiosi grazie al coinvolgimento di piloti “ufficiali” come Leclerc, Carlos Sainz o Lando Norris. È stato un exploit nell’exploit – quello del gaming tout court durante la pandemia – il cui successo è molto probabile venga ulteriormente amplificato da Ferrari, sinonimo di corse prima ancora che di eccellenza.
Ai trionfatori della prima competizione digitale di Maranello, un posto in Ferrari Driver Academy, a sottolineare sempre di più come confini fra simulazione e realtà sebbene ancora evidenti – “perché diventare campioni di esport implica concentrazione massima sull’obbiettivo” hanno concordato Leclerc e Boari -, siano destinati a farsi via via più flebili. “Non escludo la tecnologia possa prima o poi permetterlo” ha buttato là il prodigio monegasco.
Rischia, ancora una volta, di arrivare a prenderci prima di tutti.
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