“Mio nonno ricordava spesso che non è la velocità a fare la differenza, ma la capacità di orientamento”. Oscar di Montigny riporta le parole riferitegli in un incontro da Tara Gandhi, nipote del Mahatma, per fotografare il presente, con il suo carico di aspettative e al tempo stesso incognite per le grandi trasformazioni in corso.
Manager di primo piano in Banca Mediolanum (direttore marketing, comunicazione e innovazione, nonché ideatore e fondatore della corporate university), è conosciuto dal grande pubblico soprattutto per il successo del suo blog Oscardimontigny.it, nel quale mixa racconti personali e riflessioni sui grandi temi della vita. Con una profondità di analisi e uno stile di scrittura che hanno conquistato tutti, tanto da renderlo uno degli speaker più richiesti nei grandi incontri internazionali in cui si analizzano i macrotrend che stanno cambiando le nostre vite.
A metà novembre è stato l’unico europeo a parlare al World Business Forum di New York, dopo aver fatto altrettanto, negli ultimi tre anni, agli appuntamenti di Milano, Madrid e Città del Messico. Poco tempo prima era stato invitato da Philip Kotler al World Marketing Summit di Tokyo e tutte le volte che gli è possibile tiene seminari nelle grandi aziende e incontri nelle scuole e nelle università con gli studenti.
Quando sei anni fa ha lanciato il blog immaginava una tale possibilità di successo?
Niente affatto e francamente non è la cosa che mi interessa di più. Il blog è una tappa del viaggio che è la mia vita: è arrivato dopo dodici anni dall’avvio di un percorso di crescita interiore, nel quale ho potuto contare sul supporto di un grande maestro come Patrizio Paoletti, pensatore poliedrico e innovativo, impegnato da oltre 30 anni nell’approfondimento dei concetti di comunicazione relazionale e sostenibilità. È stata l’occasione per iniziare a condividere alcune riflessioni, nella consapevolezza che dallo scambio si possono cogliere occasioni di crescita reciproca.
Viaggio, condivisione, crescita sono concetti che si ritrovano con frequenza nel suo libro “Il tempo dei nuovi eroi”, subito divenuto un caso editoriale. Ci servono nuovi eroi per uscire dalla confusione che regna sovrana ai nostri giorni?
Dipende da cosa associamo al concetto di eroe. Non vedo all’orizzonte un nuovo Gandhi o Martin Luther King e non è solo di grandi individui che abbiamo bisogno per orientarci oggi. Occorre piuttosto un sforzo comune, un impegno di tutti per far sì che il benessere creato negli ultimi decenni, che le opportunità offerte dalle tecnologie non siano appannaggio di pochi, ma di tutti.
Nel libro teorizza la necessità di un’Economia 0.0. Che fa, vuole tornare indietro proprio mentre la tecnologia si proietta in un futuro impossibile da immaginare solo pochi anni fa?
Tutt’altro. Sono un appassionato di tecnologie e un capitalista convinto, ma occorre un cambio di rotta radicale: il denaro, la finanza devono tornare a essere mezzo per la realizzazione delle persone e non fine supremo. L’interazione uomo-macchina è un’occasione per far uscire da una condizione di miseria centinaia di milioni di persone nel globo.
Come riorientare il sistema?
Consultando il mio vecchio dizionario, ho trovato una definizione di economia come L’arte di reggere e bene amministrare le cose della famiglia e dello Stato. È una sequenza straordinaria di concetti: l’arte è l’indagine del bello, che è un ingrediente salvifico (Dostoevskij diceva ‘La bellezza salverà il mondo’). La ricerca del bene è un impegno etico che riguarda i singoli, così come le comunità nelle quali viviamo. Quindi occorre un nuovo modello economico che rimetta al centro l’uomo, la sua bellezza e la sua naturale vocazione al bene. Nell’era dell’interconnessione non ci sono barriere, muri capaci di escludere chi ha fame.
Quindi ognuno di noi può essere un nuovo eroe?
Sì, purché si voglia assumere la responsabilità di questo compito.
E allora cosa manca a uscire dall’ordinario, lo spirito di sacrificio dell’eroe che si carica sulle proprie spalle il peso della comunità?
Il termine sacrificio è spesso associato, per la nostra matrice culturale cristiana, a quello di sofferenza. In realtà l’etimologia della parola è ‘sacrum facere’…’agire sacro’…quindi l’invito è a fare qualcosa di assoluto, di alto, di sacro. Nel corso della vita arrivano a più riprese delle chiamate ad avviare un percorso di riflessione e crescita personale. Occorre essere pronti all’ascolto, in modo da avviarsi lungo un percorso capace di dare un senso alto a quello che si fa nella quotidianità. Perché ciò accada è fondamentale mettersi in viaggio, trovare un insegnamento e un maestro pronto a trasferirtelo, evolversi grazie a questo e, soprattutto, desiderare di vivere immaginandosi di essere un dono per il mondo.
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