Non ci sono prove per affermare che i ribassi delle Borse mondiali degli ultimi giorni costituiscano i prodromi di una correzione. Eppure dopo solo una settimana dalla sua pubblicazione il più recente report di Goldman Sachs sui mercati azionari pare avere già colto nel segno. Il 29 gennaio scorso, al termine di un mese particolarmente ricco di soddisfazioni per gli investitori, la casa d’affari guidata da Lloyd Blankfein aveva avvertito di un crescente rischio di correzione per le Borse. Ed effettivamente da inizio febbraio tutte le Borse paiono aver quantomeno invertito marcia.
E’ allora interessante ripercorrere cosa scriveva Goldman in quella nota e capire cosa ci potrebbe attendere da qui in avanti.
Goldman innanzitutto faceva notare come l’indice S&P500 e l’Msci World rappresentativo del mercato azionario mondiale fossero entrati nel più lungo periodo della loro storia senza perdere più del 5%. Per la verità – sottolineavano – quello dello scorso mese di gennaio è stato l’inizio d’anno migliore per i mercati azionari globali da almeno 30 anni. E ciò è accaduto nonostante i già ottimi risultati dell’anno precedente. In questo momento – scrivevano gli analisti – l’S&P500 ha i rendimenti aggiustati per il rischio più alti degli ultimi 50 anni.
Il rischio di un ribasso dei listini è aumentato – notavano gli analisti, aggiungendo che il trend positivo sottostante restava comunque intatto. Si tratterebbe solo di una questione di crescente vulnerabilità. La banca restava sovrappesata sull’azionario, pur ritenendo una correzione sempre più probabile e dichiarando l’intenzione di comprare sulle correzioni, pur consigliando di mettere in atto strategie di copertura per il rischio di ribassi.
Come correzioni si intendono per consuetudine ribassi superiori almeno al 10%. E nella storia non tutti i ribassi superiori a tale soglia si sono tramutati in veri e propri crolli. Anzi, Goldman Sachs ricorda come dalla Seconda guerra mondiale a oggi vi siano state 22 correzioni del 10% o più pur nell’ambito di mercati che sono rimasti rialzisti. In questi casi la correzione media è stata del 13% e ha avuto vita breve: è durata un periodo di 4 mesi e ai mercati ne sono bastati altrettanti per recuperare i valori precedenti.
In questo caso inoltre a sorreggere i listini – nella visione di Goldman – c’è la salute dell’economia globale, che cresce al ritmo del 5%, le attese positive sugli utili aziendali, condizioni finanziarie accomodanti e una politica fiscale Usa espansiva. A fronte di questo scenario – spiegavano sempre gli analisti – vi sono i rischi politici che potrebbero tornare a preoccupare gli investitori dopo un lungo periodo di indifferenza. A tal proposito Goldman cita espressamente le prossime elezioni italiane del 4 marzo. E poi vi sarebbe un altro indizio: il 2018 è partito con un incremento non solo degli indici azionari ma anche del Vix, l’indice che misura la volatilità.
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