“Mai visto in casa mia un elettricista o un falegname. Ha sempre fatto tutto mio papà, medico ma maker ante litteram”. C’è anche questo vissuto familiare nel percorso che ha portato Lorenzo Frangi a diventare un caso nel piccolo mondo italiano dell’artigianato digitale. 28 anni, brianzolo nel sangue, laurea in Design & Engineering al Politecnico di Milano, Lorenzo è il giovane papà di Goliath CNC, un robottino che fa il lavoro di una fresa a controllo numerico e che ha fatto boom su Kickstarter, la più importante piattaforma di crowdfunding del mondo: oltre 1 milione di dollari raccolti in 45 giorni lo scorso autunno.
A un anno dalla nascita della startup di nome Springa, è il momento dei “problemi belli da avere”, come dice Lorenzo: ci sono molte decisioni da prendere e bisogna passare dal prototipo alla produzione industriale. Non sono scelte da poco per chi ha studiato tutt’altro e non ha tradizioni imprenditoriali. Goliath è il protagonista delle tesi di laurea di Lorenzo, aprile 2014, e prende il nome dalla versione inglese del gigante biblico perché il robot è piccolo ma può lavorare su superfici molto ampie e ha quindi un grande potenziale. “Non avevo allora ambizioni imprenditoriali. Non pensavo che dalla tesi potesse nascere un prodotto o addirittura un’impresa», ammette Lorenzo, che per due anni lavora in uno studio di progettazione. Poi è capitato tutto”. Ma come capitano queste cose? Un workshop al Polimi, la MakerFaire di Roma, quindi la partecipazione a Switch2Product, una competizione del Polihub (vedi riquadro) dove il progetto ha preso le forme di un’impresa. Nel frattempo si è formato un team: c’è il collega di università Davide Cevoli, figlio del comico Paolo, che porta Alessandro Trifoni, ingegnere meccanico, bolognese come lui e amico sin dai tempi della scuola elementare. Prende il suo nome, Springa, in occasione della prima competizione a cui partecipa e lo prende da un’espressione usata da Davide per costruire frasi scherzose, per ingannare e prendere in giro gli amici. Insomma, un modo per ricordare di non prendersi mai troppo sul serio: Springa. Nome confermato al momento di creare la società, nel febbraio 2016.
Quando si capisce che una tesi può diventare un prodotto e un’impresa? “Per quanto fosse ancora grezzo, già alla nostra prima Maker Faire abbiamo capito che Goliath suscitava interesse”, ricorda Lorenzo che è sempre stato un fan più delle startup di prodotto, delle applicazioni industriali che non delle app digitali e delle soluzioni software. Anche se, ammette, “fare hardware è hard, è più difficile, i ritorni per gli investitori non sono immediati. Sono poche infatti le startup cresciute bene puntando su progetti hardware”. Ma questo non ha impedito di trovare 700 backers su Kickstarter, sostenitori che on line hanno complessivamente puntato per la precisione 1.072.544 dollari per avere in anteprima un esemplare di Goliath. “Abbiamo iniziato a essere un po’ più tranquilli superati i 300mila dollari, con un prototipo non è semplice definire un prezzo competitivo che permetta anche di avere dei margini”, ricorda Lorenzo che a sua volta è stato backer di diversi progetti su Kickstarter che nell’universo globale delle startup è considerata non solo la più importante piattaforma di finanziamento collettivo ma una sorta di certificatore della bontà di un progetto.
A convincere i sostenitori americani deve anche essere stato il fascino del made in Italy, ma riproposto in versione avanzata. Nel video usato per la promozione su Kickstarter non ci sono robot o fabbriche automatizzate ma, ad esempio, i cantieri dove nascono i motoscafi Ernesto Riva. Quindi la tecnologia applicata a una tradizione di artigianato di qualità. E infatti stanno già nascendo alcune possibilità di collaborazione fra aziende del settore brianzolo del mobile e Springa in vista della prossima DesignWeek.
Adesso è il momento dei problemi belli da avere, si diceva. Goliath entra in produzione. Ad agosto sono previste le consegne a chi ha dato fiducia on line (un robot costa poco meno di 2mila euro). E poi? “Non ho ansie da futuro”, risponde Lorenzo. “Abbiamo capito in queste ultime settimane che questo progetto può avere uno sviluppo importante con una gamma di prodotti diversi, una famiglia che si sviluppa attorno a Goliath. E fino a quando mi appassionerà, sarà il mio impegno principale”. Intanto sono state fatte scelte importanti: “Siamo orientati a rimanere in Italia, anche se probabilmente è più costoso ma permette un controllo dello sviluppo più sicuro che negli Stati Uniti e in Asia. C’è da decidere con chi sviluppare la produzione, anche se abbiamo già avviato discorsi con diverse aziende che farebbero per noi alcuni pezzi e l’assemblaggio e con alcuni big player internazionali che hanno mostrato interesse a lavorare con noi”.
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