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È cominciata la libertà fiscale

Oltre a commemorare la Festa della Repubblica, il 2 giugno gli italiani celebrano da qualche anno anche il tanto sospirato “tax freedom day”. In altre parole, dopo 5 mesi dall’inizio del 2018 (pari a 152 giorni lavorativi), il contribuente medio italiano ha assolto tutti gli obblighi fiscali dell’anno (Irpef, accise, Imu, Tasi, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, etc.) e dal 2 giugno inizia a guadagnare per se stesso e per la propria famiglia.

Le stime sono della Cgia, che si era esercitata nella simulazione lo scorso febbraio allo scopo di dare la dimensione del prelievo fiscale e contributivo dai portafogli degli italiani.

In che modo si è giunti a individuare il 2 giugno come il “giorno di liberazione fiscale” del 2018? L’Ufficio studi ha preso in esame la stima del Pil nazionale di quest’anno e l’ha suddiviso per 365 giorni, ottenendo così un dato medio giornaliero. Successivamente, ha considerato le previsioni di gettito dei contributi previdenziali, delle imposte e delle tasse che i percettori di reddito verseranno nel 2018 e le ha rapportate al Pil giornaliero. Il risultato di questa operazione ha consentito di calcolare il “giorno di liberazione fiscale” di quest’anno.

“Al netto di eventuali manovre correttive” – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – “quest’anno la pressione fiscale è destinata a scendere di mezzo punto percentuale rispetto al dato medio del 2017, per attestarsi, al lordo dell’effetto del bonus Renzi, al 42,1 per cento. Una discesa ancora troppo lenta e quasi impercettibile che, per l’anno in corso, è ascrivibile, in particolar modo, alla crescita del Pil e solo in minima parte alla diminuzione delle tasse”.

La stessa Associazione ricorda che “sebbene sia in calo dal 2013, negli ultimi 25 anni il “tax freedom day” più “precoce” si è verificato nel 2005. In quell’occasione, con il governo Berlusconi II, la pressione fiscale si attestò al 39,1 per cento e ai contribuenti italiani bastò raggiungere il 24 maggio (143 giorni lavorativi) per scrollarsi di dosso il giogo fiscale”. Quello più in “ritardo“, invece, si è registrato nel 2012 (anno bisestile), con alla guida del Paese Mario Monti e una pressione fiscale – sono sempre dati Cgia – al record storico del 43,6 per cento, che portò il “giorno di liberazione fiscale” al 9 giugno (dopo ben 160 giorni lavorativi).

Se confrontiamo il “tax freedom day” italiano con quello dei nostri principali competitori economici, solo la Francia presenta un numero di giorni di lavoro necessari per pagare le tasse nettamente superiore (+21), mentre tutti gli altri hanno potuto festeggiare la liberazione fiscale con un netto anticipo. In Germania, ad esempio, 7 giorni prima di noi, in Olanda 12, nel Regno Unito 27 e in Spagna 28. Il paese più virtuoso è l’Irlanda; con una pressione fiscale del 23,6 per cento consente ai propri contribuenti di assolvere gli obblighi fiscali in soli 86 giorni lavorativi.

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