cassette di sicurezza
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Quale destino per i contanti detenuti nelle cassette di sicurezza

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(Shutterstock)

di Fabio Carotenuto, Studio Bourlot Gilardi Romagnoli e Associati

Con l’annuncio della “pace fiscale 2” il sottosegretario all’Economia della Lega, Massimo Bitonci, ha rilanciato con forza l’idea di una sanatoria del contante depositato nelle cassette di sicurezza detenute in Italia e nascosto al Fisco, secondo un modello che dovrebbe ripercorrere a grandi linee quello già adottato per la collaborazione volontaria interna.

La nuova “money disclosure” dovrebbe portare nelle casse dello Stato fra 1 e 1,5 miliardi di euro e consentirebbe di reimmettere nel circuito economico la liquidità “sanata”, mediante ripresa a tassazione parziale, sottraendola alle attività illecite e al lavoro sommerso, il tutto senza rischiare accertamenti, sanzioni ed interessi.

Il sottosegretario ha spiegato che l’adesione alla sanatoria sarà su base volontaria e riguarderà solo le somme non dichiarate al Fisco frutto di evasione fiscale, escludendo quelle che potrebbero derivare da altri reati (riciclaggio, frode, attività criminali, ecc.). Ad una prima analisi, nascono alcune perplessità su come poter operare una simile distinzione. Trattasi di un tema estremamente delicato, anche perché nell’ipotesi allo studio del Governo sembrerebbe non esserci spazio per “scudi penali”. In questa fase, secondo le prime indicazioni, un ruolo importante (nonché arduo) lo avranno sicuramente i professionisti, chiamati a certificare che gli importi di cui si chiede la sanatoria derivino solamente da evasione fiscale. Ne derivano evidenti elementi di delicatezza e di incertezza: un conto è certificare l’ammontare del contante, del tutto diverso e molto più delicato è certificarne l’origine. Ciò presupporrebbe che i professionisti “certificatori” abbiano informazioni e dati a supporto per poter attestare l’origine evasiva del contante.

In base alle parole del sottosegretario, le somme emerse saranno parzialmente assoggettate ad IRPEF (con aliquota marginale del contribuente) e, ove dovuta, ad IVA sulla base del principio che le stesse siamo state prodotte solo in parte negli anni ancora accertabili. Al momento, la percentuale imponibile è ancora da stabilire: le ipotesi al vaglio sono 30, 40 o 50% dell’importo che si intende sanare, senza applicazione di sanzioni ed interessi. È evidente, in questo caso, la differenza con la precedente voluntary disclosure interna ove erano dovute le sanzioni e gli interessi, seppure con aspetti premiali. Non è chiaro peraltro a quali annualità ancora suscettibili di accertamento dovrebbero essere imputate le somme oggetto di emersione.

In conclusione, tralasciando volutamente ogni considerazione in termini di opportunità politica e sociale, numerosi saranno gli aspetti tecnici da definire da parte del legislatore.

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