‘Ho cominciato a collezionare arte contemporanea alla fine degli anni Novanta a partire da una passione collezionistica nata sin da bambino’ ci racconta Maurizio Morra Greco, vicepresidente del Comitato delle Fondazione Italiane. La sua prima professione è quella di dentista; la seconda quella di collezionista; la terza quella di fondatore e direttore della fondazione di diritto privato che, partecipata al 50% con la Regione Campania, trova la sua sede nel cinquecentesco Palazzo Caracciolo di Avellino nel centro storico di Napoli. Dopo il progetto di ristrutturazione del 2015, realizzato grazie all’ausilio di contributi europei, l’ente ha aperto due nuovi piani raggiungendo un totale di circa duemila metri quadri di spazio espositivo, distribuito su cinque piani. Uno spazio stimolante ed affascinante per gli artisti. Nel 2019 la Fondazione Morra Greco riapre le porte al pubblico con lo scopo di riaffermare la sua vocazione ad essere luogo di creazione, progettazione e produzione di contemporaneo di qualità.
La fondazione può contare su un’attività pluriennale: nasce a Napoli nel 2003 e inaugura la sua funzione espositiva nel 2006. Ci racconta Maurizio Morra Greco che ‘Ad un certo punto della mia vita, ho voluto dare alla mia passione una veste attiva: da un lato lavorare direttamente con gli artisti, dall’altro dotare la città di uno spazio di produzione che potesse concretamente agire sul territorio, aggiunge.
‘Sono passato dalla passione per l’oggetto quella per l’artista, dall’opera al progetto. Il mio interesse si è concentrato sul divenire dell’arte del presente, contemporanea. Volevo fare la mia parte personale nella produzione dell’opera’. La storia in breve è questa: Palazzo Caracciolo di Avellino ospita un ampio programma di residenze, mostre e performance dal 2006. Dal 2008 la Morra Greco è il primo caso in Italia di ente di natura mista, pubblico-privato, alla quale aderisce sotto il profilo finanziario la Regione Campania, che siede in Consiglio di Amministrazione. ‘Il passo evolutivo era naturale: alla base di questo sistema si trova l’idea di valorizzare e promuovere il territorio della città di Napoli e di far dialogare l’arte con quel territorio’.
Tutto questo messo in pratica attraverso lo strumento della selezione di artisti di livello internazionale. Con quali criteri Morra Greco prende le proprie scelte artistiche? ’La componente istintiva è sempre stata alla base delle mie decisioni’. Fra i progetti che ha realizzato quale è stato quello che ha più inseguito ed amato? ‘Nessuno in particolare: ho cercato di mettere la stessa energia in ciascuno dei progetti che la Fondazione ha patrocinato. E’ sempre stimolante vedere nascere progetti a volte sono scaturiti dal rapporto con la città, a volte autonomi’. Fra questi, si sofferma a ricordarne qualcuno, come quello di Mark Dion, ‘la cui spina dorsale era la riflessione sulla vita di Sir William Hamilton, ambasciatore inglese sotto il regno di Ferdinando IV, personaggio cosmopolita, erudito e studioso’. Oltre a quelli di Manfred Pernice e Jason Dodge, ricorda volentieri quello di Laure Prouvost, il cui Polpomotorino era una complessa video installazione ispirata alla natura tentacolare della città. ‘Quello che ha avuto un impatto culturale importante è stato quello realizzato con Jimmie Durham: la residenza di Durham, che è venuto a Napoli più volte, è stata la base per la produzione di un ciclo di opere, che è stato spina dorsale di una mostra itinerante ospitata dai maggiori musei americani’. Lavorare con un artista Leone d’oro alla Biennale di Venezia nel 2019 per alcuni non ha prezzo.
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