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Blockchain & Co

Chi sono i big della finanza che stanno puntando sulla blockchain

(Shutterstock.com)

Articolo tratto dal numero di agosto 2019 di Forbes Italia. Abbonati.

Nessuno può dire che impatto avrà Libra, la nuova “criptovaluta” di Facebook annunciata ufficialmente da Mark Zuckerberg poche settimane fa, sui destini del mondo finanziario. Di certo la salita sul ring di un peso massimo come il social network americano invita a riflettere sulla portata del cambiamento in atto per il settore bancario tradizionale.

La storia, del resto, ci ha insegnato che alcune innovazioni tecnologiche sono state veri e propri tsunami per interi settori economici. L’avvento dell’energia elettrica ha fatto quasi sparire i produttori di candele e di macchine a vapore. Il motore a scoppio ha fatto quasi sparire i produttori di carrozze. Internet, a sua volta, non solo ha fatto quasi scomparire i fax e le agenzie turistiche, ma ha totalmente rivoluzionato il mondo dell’informazione e dell’intrattenimento. pIn tutti questi processi ci sono stati da un lato morti e feriti, dall’altro stelle nascenti. Solo pensando agli ultimi 20 anni, si hanno morti eccellenti come Blockbuster. Feriti gravi, come molte case discografiche. E astri nascenti, come Google, Facebook, Netflix e Spotify, per citarne alcuni dei più noti. Adesso tocca alla blockchain. In particolare, benché molti non l’abbiano ancora compreso, questa tecnologia sarà per la finanza l’equivalente di ciò che l’avvento del web ha rappresentato per l’editoria e l’industria dell’intrattenimento.
Ci saranno morti, purtroppo. Molti feriti. Ma emergeranno anche nuove stelle.

Occorre una premessa. Attraverso la tecnologia dei blocchi, si scambia un valore trasferendolo ad una controparte. Viene spontaneo pensare che sia già così, quando si paga con carta di credito attraverso una piattaforma di e-commerce, ma in realtà si tratta di un’operazione molto diversa. Primo, con la carta di credito si trasferisce solo denaro, mentre attraverso i coin (o token), le “monete di scambio” utilizzate nella blockchain, si possono rappresentare valori di ogni tipo: da un credito commerciale alle quote di un fondo, dalla proprietà di una casa a un diritto d’autore. Secondo: quando si utilizza la carta di credito, l’operazione è gestita da intermediari, mentre attraverso la nuova tecnologia il valore viene trasmesso direttamente al destinatario, senza l’intervento di altri soggetti. Ripercorrendo il parallelismo con le trasformazioni che hanno innovato il mondo dell’informazione e dell’intrattenimento, viene spontaneo immaginare quali siano le sfide che il mondo finanziario dovrà affrontare nei prossimi anni. In realtà non è necessario guardare al futuro, basta osservare il presente. La finanza che conta ha capito le potenzialità del cambiamento alle porte sin dalla nascita del bitcoin nel 2009. In una fase iniziale, in accordo con banche centrali e governi, ha attaccato le criptovalute, che sono una delle molte possibili applicazioni della tecnologia blockchain. Ma è stato solo un pretesto per prendere tempo e organizzarsi.

L’esempio più eclatante è stata J.P. Morgan, il cui leader, Jamie Dimon, raccomandava di stare alla larga dal bitcoin mentre i sui tecnici già sviluppavano in segreto il proprio Jpm Coin. Come la banca d’affari americana, sono molte le istituzioni finanziarie che già stanno investendo fortemente nella blockchain in tutto il mondo, dall’America all’Asia, compresa l’Italia, che in realtà nel fintech è realmente all’avanguardia.
Nel bacino dei grandi operatori italiani, UniCredit si è attivata tra i primi, partecipando con altre 12 banche europee allo sviluppo della piattaforma We.Trade, che automatizza, grazie alla tecnologia dei blocchi, molti processi bancari legati a transazioni commerciali. Solo a titolo di esempio, una delle applicazioni riguarda la lettera di credito, che fino ad ora era processata a mano. Ben presto, degli smart contract – contratti ad esecuzione automatizzata – tramite la blockchain liquideranno in automatico il fornitore all’arrivo della merce al compratore.

Come spiegato, un passaggio di valore del genere ormai può essere realizzato senza usare una banca come intermediario. Giustamente UniCredit si è ingegnata per non essere esclusa del tutto dal rapporto fornitore-compratore e con We.Trade permette alle aziende di fare una lettera di credito in blockchain su una propria piattaforma, invece di lasciare che lo facciano da sole o mediante una società terza, che non avrebbe neppure bisogno di possedere la licenza bancaria. Molto arguta anche la scelta del New York Stock Exchange, che già nel 2015 è entrato nel capitale di Coinbase, uno dei più grandi exchage (piattaforma di scambio) di criptovalute a livello mondiale. Infatti ben presto Coinbase permetterà di fare compravendite di coin di ogni tipo, anche quelli che rappresenteranno azioni di aziende, proprio come fanno le borse su cui opera chi fa investimenti.

Non c’è comunque da preoccuparsi troppo: come sono sopravvissuti gli editori e le case discografiche che si sono saputi evolvere con il cambiamento della tecnologia, così faranno le aziende finanziarie, anche se non sarà un processo privo di sofferenze. Già si intravede una potenziale vittima: si tratta di Swift, l’attuale sistema per i bonifici internazionali. Il carnefice è Ripple: la “Netflix dei pagamenti” ha sviluppato un protocollo basato su blockchain che permette trasferimenti di valore in ogni valuta da un capo all’altro del mondo in millesimi di secondo e prezzi di circa la metà di quelli di Swift, che inoltre impiega da due a dieci giorni per la stessa operazione. La sfida agli operatori tradizionali è partita.

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