Dopo Marco Cecchinato, ora è il turno di Matteo Berrettini. L’Italia si riscopre patria di tennisti e si esalta con il servizio e dritto del 23enne tennista romano, capace di riportare il tricolore in semifinale agli Us Open 42 anni dopo l’ultimo azzurro a riuscirci, Corrado Barazzutti.
Uno Slam parla così ancora un po’ di italiano, un anno dopo l’exploit di Cecchinato che nel 2018 aveva raggiunto la semifinale al Roland Garros. Sul cemento di Flushing Meadows il protagonista stavolta è Berrettini, con un tennis fatto d’attacco e aggressività che sembra poter funzionare su tutte le superfici, visti i risultati stagionali.
E dire che nel 2017, a 21 anni, aveva l’occasione per farsi già conoscere dal grande pubblico nelle Next Generation ATP Finals a Milano, il torneo con i migliori giovani del circuito mondiale. La sconfitta con Baldi al primo turno nelle qualificazioni gli chiuse però la porta verso le sfide con talenti come Zverev e Khachanov.
Ma nel 2017 la crescita era già avviata. Cresciuto al Circolo Aniene a Roma, i suoi primi match da professionista sono datati 2014, tra Futures e Challenger. Guidato da Vincenzo Santopadre, è nel 2017 che fa il primo grande passo in avanti, chiudendo l’anno al 135° posto del ranking dal 435° di fine 2016. Nel 2018 arriva il primo titolo ATP (250 a Gstaad, senza perdere nemmeno un set e senza mai cedere il servizio in tutto il torneo), chiudendo la stagione da numero 54 al mondo.
Nel 2019 avviene l’esplosione: titoli ATP sulla terra a Budapest e sull’erba di Stoccarda, che gli permettono di diventare il più giovane italiano di sempre a conquistare tre tornei ATP a 23 anni e 2 mesi. A Wimbledon si spinge fino agli ottavi (quinto azzurro di sempre), dove viene dominato da Roger Federer. Una lezione di tennis che sembra sia servita, visti quanto fatto a Flushing Meadows.
L’elenco degli italiani capaci di raggiungere la semifinale non è infatti così corposo: oltre al già citato Barazzutti (Us Open 1977 e Roland Garros 1978), prima di Berrettini c’erano riusciti Adriano Panatta (Roland Garros 1973, 1975 e 1976, quando conquistò il torneo) e Marco Cecchinato (Roland Garros 2018). E ora Berrettini sogna non solo la top 10 della classifica ATP (ad oggi è virtualmente in 13esima posizione), ma anche le ATP Finals a Londra, dato che si trova in nona piazza e si qualificano i primi otto migliori in stagione.
Risultati che spingono anche le entrate per il tennista classe 1996. Prima degli Us Open, in carriera aveva infatti guadagnato in premi circa 1,8 milioni di euro (1.997.626 dollari secondo i dati ufficiali ATP), di cui circa 940mila euro (1.040.942 dollari) nella sola stagione 2019. La semifinale a New York gli permetterà così di raddoppiare i premi stagionali grazie ad un assegno da circa 870mila euro (960mila dollari secondo i dati ufficiali degli Us Open). “Ma nessuna spesa pazza, preferisco investire, nel team e nella qualità degli spostamenti, perché a volte una camera in più vuol dire prendersi il proprio tempo, pensare, staccare, respirare”, ha ammesso Berrettini a Eurosport. La testa fa la differenza, dentro e fuori dal campo.
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