Articolo di Riccardo Corazza apparso sul numero di settembre 2020 di Forbes. Abbonati
Caso più unico che raro nell’universo vitivinicolo italiano, Cavit è un esempio virtuoso di consorzio di secondo livello, ossia di entità che riunisce altre realtà consorziate, nella fattispecie 11 cantine sociali, espressione delle cinque macro-aree della Regione (Campo Rotaliano, Valle di Cembra, Valle dell’Adige, Vallagarina e Valle dei Laghi) per un totale di 5.250 viticoltori. Che occupano una superficie vitata pari a circa il 60% dell’area totale del Trentino, vale a dire 6.350 ettari. Dati impressionanti, che non devono tuttavia distogliere dai risultati, dato che la società con sede a Ravina di Trento, che festeggia nel 2020 i suoi 70 anni, partendo dagli statutari obiettivi consortili si è poi evoluta con successo nella direzione della commercializzazione dei prodotti finiti.
Dopo la fondazione nel 1950, a metà degli anni ’60 viene costruita la sede centrale, poi ampliata fino a raggiungere gli attuali 80mila metri quadri, ora una vera e propria cantina 4.0, dove la perfetta simbiosi tra uomo e intelligenza artificiale governa ogni fase della produzione, dalla vinificazione alla spedizione. Nonostante i grandi successi di vendita, peraltro, ciò che rende peculiare il lavoro svolto da Cavit è la cura dedicata ai piccoli o piccolissimi produttori, di loro la spina dorsale associativa. A tale proposito, nel 2010 è stato inaugurato il progetto Pica (Piattaforma integrata cartografica agriviticola), che rappresenta a oggi la più avanzata modalità per l’implementazione di una viticoltura ecosostenibile in Italia. Sotto la regia di Andrea Faustini, enologo, coordinatore e responsabile scientifico del team agronomico Cavit, il progetto si concretizza in un lavoro in campagna di grande raffinatezza, che nasce peraltro da una meticolosa mappatura dell’intero territorio vitato trentino, di un insieme non omogeneo di climi, altitudini, paesaggi e tipologie di terreno. Tutte le informazioni raccolte vengono conferite a una banca dati centralizzata, aggiornata in tempo reale, a disposizione degli associati anche via app, con lo scopo di facilitare ogni viticultore nel suo lavoro: pianificare tecniche di coltivazione, ridurre al minimo i trattamenti, controllare lo stato di maturazione delle uve per organizzare la vendemmia. Questo perché il fine è, oltre che la produzione di qualità, anche la sostenibilità della stessa.
Cavit aderisce da oltre vent’anni al Protocollo per una produzione viticola di qualità in Trentino, che insieme con le altre certificazioni conferma gli sforzi aziendali nella direzione della bassa invasività dei processi. Questo, insieme alla rinomanza dei prodotti imbottigliati e commercializzati, tra cui il Müller Thurgau Spumante Brut Dolomiti Igt, tuttora best seller e le linee Maso, azzeccate espressioni territoriali, garantisce al consorzio un futuro più che luminoso.
una linea speciale
nuovo outfit
nuova identità
Tra le varie linee prodotte da Cavit occupa una rilevanza del tutto particolare la linea di Bottega Vinai, dedicata ad Horeca, che proprio nel settantennale dalla fondazione è stata completamente rinnovata. Nuovo outfit, ma stessa identità artigianale, 13 etichette, tutte trentine, tra bianchi, rossi e rosati, che rappresentano passato, presente e futuro di Cavit.
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