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Un infermiere ricercatore under 30 vuole portare l’intelligenza artificiale negli ospedali

PatchAi: l'ntelligenza artificiale entra negli ospedali, l'idea di un under 30

Articolo apparso sul numero di novembre 2020 di Forbes. Abbonati

Anche tra le corsie di un ospedale può nascere un’ispirazione imprenditoriale di successo. È quello che è successo ad Alessandro Monterosso, classe 1990, infermiere ricercatore di formazione e fondatore della startup PatchAi insieme a Daniele Farro, con il quale è cresciuto sul campo durante la sua esperienza professionale. “Lavorando sui trial di oncologia pediatrica, ho notato che la raccolta dei dati avveniva principalmente su carta, per circa il 50% dei casi, e che il coinvolgimento e il dialogo con i pazienti poteva essere ottimizzato per migliorare il monitoraggio domiciliare del paziente, la sua esperienza ed educazione, oltre all’aderenza alla terapia e alla raccolta dei dati”. Da qui l’idea di creare uno strumento digitale innovativo che non solo permettesse di raccogliere le informazioni che di norma vengono registrate durante uno studio clinico, ma lo facesse ponendo il paziente al centro, in maniera coinvolgente, conversazionale ed empatica grazie all’intelligenza artificiale. Così è nata la piattaforma PatchAi, dispositivo medico che ospita il primo assistente virtuale per pazienti che partecipano a studi clinici: “La missione è quella di migliorare la qualità della vita delle persone e supportare le aziende farmaceutiche nell’offrire farmaci più sicuri, economici e personalizzati”, dice Alessandro.

La startup, creata ad agosto 2018 e lanciata sul mercato a fine 2019, vanta già tra i suoi clienti aziende leader nel settore pharma, come Novartis e Roche, ed è l’unica realtà italiana a essere stata accelerata in Silicon Valley da Plug&Play Tech Center, il più importante incubatore al mondo, lo stesso che ha incubato colossi come Google e Paypal. “I riscontri sono stati ottimi, con una aderenza al protocollo di studio da parte degli utenti fino a nove volte superiore rispetto a uno studio clinico basato sul tradizionale metodo di raccolta via dati cartacei. Il futuro del settore del pharma e del digital therapeutic sta nella convergenza tra scienze, tecnologia e innovazione, dove la persona è al centro”.

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Il percorso di crescita della startup è stato rapido. In 18 mesi dalla nascita PatchAi sono stati raccolti quasi 2 milioni di euro di capitali, vinte oltre 13 competizioni a livello internazionale con più di 500mila euro di premi ricevuti. Sono state strette partnership di rilievo come con Ibm, l’Università degli studi di Padova e diverse associazioni di pazienti. Il team è cresciuto da quattro a 21 persone a tempo pieno, esperte in campo medico, infermieristico, farmacologico, data science, ingegneria informatica, intelligenza artificiale e machine learning.

L’obiettivo per il futuro? “Continuare a lavorare per diventare una realtà globale”, assicura Alessandro. Un traguardo raggiungibile nonostante la difficile situazione di crisi mondiale. Anzi: “La pandemia da Sars-Cov2 ha bloccato o ritardato l’80% degli studi clinici a livello internazionale, con ripercussioni sulla salute dei pazienti e perdite ingenti da parte delle case farmaceutiche e dei sistemi sanitari. Questo fattore ha dato una spinta incredibile alla digitalizzazione degli stessi, quindi la domanda della nostra soluzione è impennata. Quest’anno saremo in grado di superare le aspettative in termini di ricavi, e puntiamo a triplicarle nel 2021”. Durante il lockdown sono poi state sviluppate funzionalità aggiuntive come il self-triage dei pazienti per il Covid-19 e video-consulti con i medici specialisti.

E tante altre novità sono all’orizzonte. Entro la fine del prossimo anno l’offerta di servizi si arricchirà, integrando diversi wearable, come ad esempio uno smart-wrist, e abilitando un assistente virtuale alle funzionalità vocali. “La nostra piattaforma ha il potenziale di diventare un digital therapeutic e ci stiamo focalizzando sull’area oncologica”. Inoltre, grazie a un round d’investimento previsto entro i prossimi nove mesi, il team dovrebbe crescere fino a 45 collaboratori. “Il mio sogno? Mi piacerebbe rendere PatchAi la prima prescription app in Italia e poter coinvolgere il paziente a ogni passo, supportando oltre un milione di utenti a livello globale attraverso il nostro assistente virtuale”.

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