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L’assalto dei fondi potrebbe cambiare per sempre il calcio italiano

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Photo by Paolo Bruno – Getty Images

Da alcuni sono stati presentati come barbari pronti a saccheggiare il calcio italiano, ma a conti fatti i fondi di private equity potrebbero rivelarsi non solo una ciambella di salvataggio nel breve, ma anche il motore per cambiare strutturalmente il sistema. Con una ricerca più spinta di nuove fonti di ricavo e una grande attenzione al ritorno sull’investimento. Un approccio che, spiegano gli esperti di settore, consentirebbe alla Serie A di colmare il ritardo accumulato negli ultimi lustri verso la Premier League e la Bundesliga. 

Profondo rosso

Dopo l’esordio – nell’estate del 2018 – di Elliott Management con il Milan, i private equity sono pronti ad affondare il colpo proprio nel momento più buio per i conti del massimo campionato italiano di calcio. Se in autunno le stime relative alle perdite da Covid si attestavano intorno ai 600 milioni di euro, oggi chi segue da vicino i bilanci ipotizza un ammanco superiore ai 700 milioni. Né c’è da sperare in una rapida inversione di rotta, considerato che la recessione globale sta spingendo gli sponsor a rinnovare i contratti – man mano che giungono a scadenza – a cifre inferiori rispetto al passato. 

I diritti tv

Anche le tv, che nell’ultimo lustro hanno ricoperto d’oro i club di Serie A, si trovano oggi a fare i conti con uno scenario economico in cui la parola d’ordine è ridimensionamento. L’assemblea della Lega in programma domani si annuncia all’arma bianca con il presidente Paolo Dal Pino che punta a convincere i presidenti recalcitranti (De Laurentiis e Lotito su tutti) ad accettare l’offerta di Cvc, Advent e Fsi, disposti a mettere sul piatto 1,7 miliardi di euro per costituire insieme alla Confindustria del calcio una media company per la gestione dei diritti tv. I nomi sono quelli di tre big del private equity, che in questo modo entrerebbero dalla porta principale del grande calcio di casa nostra.

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Trattative in corso

Tra i fondi che avevano presentato un’offerta alla Lega Serie A vi era anche Bc Partners, che una volta superata dalla cordata concorrente si è lanciata a capofitto nella trattativa per acquisire l’Inter dal gruppo Suning. Quest’ultimo ha rimandato il pagamento degli stipendi a novembre e dicembre per tutti i membri del club nerazzurro e congelato qualsiasi trattativa per rinforzare la squadra. Così il fondo ha avanzato un’offerta intorno ai 750 milioni di euro (compresi i 400 milioni di debiti sul groppone dell’Inter), che la famiglia Zhang ha respinto. Anche perché alla porta ci sarebbero altri potenziali acquirenti, ancora una volta fondi: dagli svedesi di Eqt agli americani di Arctos, all’altro colosso a stelle e strisce Fortress.

Ormai a un passo è poi la cessione dello Spezia, con il fondo Usa Alk Capital che fa capo Alan Pace disposto a sborsare circa 25 milioni di dollari (poco più di 20 milioni di euro). 

Come cambierà il calcio italiano

Tante operazioni, dunque, per pensare a scelte isolate. “Ci sono due ragioni che spiegano questo forte interesse dei fondi”, osserva Filippo Guidotti Mori, director di AlixPartners, tra i massimi esperti del tema. “Il primo è di natura economica: tra la congiuntura economica negativa e il venir meno della concorrenza da parte di cinesi e mediorientali, che erano disposti a pagare multipli importanti, oggi è possibile sfruttare prezzi più ragionevoli, unitamente al fatto che c’è maggiore disponibilità rispetto al passato di entrare nelle società di calcio anche senza acquisirne necessariamente la maggioranza”. Il secondo è legato all’evoluzione del sistema calcio in Italia, “oggi meno autoreferenziale che in passato e più disposto a cogliere opportunità di crescita anche grazie alla spinta di quegli investitori stranieri che già da qualche anno sono entrati nella Serie A””.

Resta un dubbio: se tradizionalmente chi fa calcio, perde soldi, come mai avanzano società che hanno come unico obiettivo dell’investimento la generazione di rendimenti e non in tempi lunghi? “Non è vero che il calcio produca solo perdite: pensiamo a Lazio, Napoli e Atalanta, solo per restare in casa nostra”, ribatte Guidotti Mori. “I fondi, proprio per la forte focalizzazione sul business e l’esperienza maturata in vari settori come il Retail, l’Entertainment e l’Hospitality, hanno grandi capacità nel cercare nuove fonti di ricavi, dall’impiantistica agli aspetti commerciali”, aggiunge l’esperto. Che aggiunge un ulteriore elemento: “Questi operatori sono portatori non solo di capitali, ma anche di managerialità: la loro avanzata potrebbe contribuire a far crescere in maniera sana tutto il sistema”.

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Come colmare il gap

La grande sfida è non accontentarsi di avere uno o due club d’eccellenza nel contesto europeo, ma portare ai vertici il prodotto Serie A, come spiega Piero Masera, managing director di AlixPartners. “Ne abbiamo un esempio con la battaglia dei diritti Tv. Ma nella Lega siedono sempre più player internazionali con una cultura manageriale e che perseguono chiari obiettivi di sviluppo del business. Saranno loro che faranno sistema e guideranno la trasformazione del settore. I gap verso gli altri Paesi sono grandi, ma le opportunità di crescita lo sono ancora di più”, conclude.

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