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Innovation

L’Uber dell’assistenza stradale: come questa startup sta rivoluzionando il primo soccorso di auto e moto

Articolo tratto dal numero di aprile 2021 di Forbes Italia. Abbonati!

Ci sono persone del team che ho visto in presenza per la prima volta nove mesi dopo aver cominciato a lavorare insieme, a febbraio, quando abbiamo fatturato il nostro primo euro”. Valerio Chiaronzi racconta la storia di una startup nata nel pieno del primo lockdown, maggio 2020, per rivoluzionare l’assistenza stradale. E sembra che ce ne fosse bisogno, visto che in meno di un anno ha già raccolto 1 milione di euro con investitori eccellenti, creato un network di 2.800 mezzi di soccorso, duemila meccanici e 600 centri di assistenza. In marzo poi è arrivato anche un manager di peso, l’ex presidente di Hertz International, per accelerare lo sviluppo internazionale.

Chiaronzi appartiene alla categoria degli startupper esperti. Romano trapianto a Milano, 47 anni, un figlio di 11 anni e una passione per la chitarra elettrica, si laurea in sociologia della comunicazione nel 1999: è un “ragazzo della New Economy”, entra nel nascente mondo del marketing digitale, fa un giro sulla giostra di quella che allora si chiamava Net Economy e ne scende per passare alla consulenza e intraprendere poi una carriera da manager, prima British Telecom, poi Europ Assistance, compagnia di assicurazioni del Gruppo Generali, dove si ferma 15 anni e da cui esce come direttore commerciale Italia per diventare vicedirettore generale dell’americana AMTrust. “Un paio di anni fa, dialogando con alcuni amici come Graziano Cavallo ed Enrico Noseda, che sarebbero poi diventati miei soci, ma anche ascoltando i segnali che venivano dal mercato, intravediamo un’opportunità di business”, racconta adesso. “Nel mondo della mobilità e dell’auto non c’era una società di assistenza nativa digitale, con il modello di offerta e i costi leggeri possibili grazie alle tecnologie digitali”.

Prende così forma hlpy, scritto così tutto in minuscolo, difficile da leggere all’inizio ma evidentemente ispirato alla parola help. E con una grande ambizione: diventare l’Uber dell’assistenza stradale. “Dove c’è un veicolo c’è un potenziale guasto e c’è bisogno di assistenza” è la vision. “Abbiamo fatto tutto molto velocemente, grazie all’esperienza, che significa relazioni, conoscenza del mercato a cui abbiamo aggiunto l’entusiasmo”, spiega Chiaronzi. Quello dell’assistenza stradale è un mercato che in Europa vale 5,4 miliardi di euro, uno scarso in Italia dove circolano 40 milioni di auto e si registrano due milioni di chiamate di soccorso l’anno. “Un mercato dominato da player tradizionali, spesso controllati da gruppi assicurativi, che hanno già i clienti, con un modello di gestione basato sui call center e che adesso stanno cercando di andare verso modelli digitali”. Hlpy gli corre incontro proponendo loro qualcosa che al proprio interno richiederebbe tempi di realizzazione molto più lunghi.

Valerio Chiaronzi, fondatore di hlpy

“Stiamo unendo l’esperienza di una grande azienda con l’agilità della startup”, dice Chiaronzi che guida un team di 14 persone. Che cosa significa velocità? “Abbiamo avuto due tipi di accelerazione: la prima nel convincere gli investitori che ci hanno dato il primo milione necessario per arrivare sul mercato. Sono così entrati nel capitale di hlpy Bene Assicurazioni e Vittoria Assicurazioni attraverso il corporate accelerator Vittoria Hub. Poi c’è stata l’accelerazione sui clienti, che sono le compagnie assicurazioni ma anche le case automobilistiche, i noleggiatori d’auto. Tutti soggetti che di solito propongono il soccorso stradale insieme con le polizze o i contratti di noleggio. “In portafoglio abbiamo già quattro clienti importanti”, racconta Chiaronzi. “Hlpy porta loro una soluzione digitale, economica, che funziona senza i call center e che permette di garantire interventi più rapidi con costi minori”. Ma senza un’app. “Abbiamo preferito mantenere la stessa esperienza del cliente che è abituato a fare una telefonata nel momento in cui ha bisogno di assistenza stradale”.

Da quella chiamata la piattaforma attiva un processo full digital che permette di comunicargli in tempo reale la targa del carro attrezzi, la foto dell’autista e di dargli poi un voto. Oltre al primo soccorso hlpy fa altre due cose: l’operatore che interviene fa un primo rapporto su quanto accaduto e scatta qualche foto, secondo quello che viene richiesto dal business partner. “Poi ci preoccupiamo anche del proseguimento del viaggio del cliente. Di solito viene proposta un’auto sostitutiva. Noi facciamo un passo in più: i veicoli in sharing che sono un’ottima alternativa quando si resta in panne in città”, aggiunge.

Hlpy non è l’ennesima app, tiene a sottolineare Chiaronzi. “Siamo una società di assistenza stradale full digital, con la sua piattaforma tecnologica ma anche con la sua rete di operatori convenzionati su tutto il territorio nazionale che possono intervenire per soccorrere auto, moto, mezzi pesanti”. Non è differenza da poco, perché così una startup fa da lievito di innovazione per un settore della mobilità rimasto indietro. “Stiamo lavorando per fare agire digitalmente gli operatori del soccorso stradale, selezionando quelli che hanno una migliore attitudine digitale, che scaricano sì questi un’app b2b per dialogare con la compagnia di assicurazione o il noleggiatore in tempo reale, così riescono a sapere molte cose sul veicolo, sulla posizione”. E più informazioni si hanno a disposizione e migliore è l’assistenza che si riesce a dare.

“Siamo il digital attacker dell’assistenza stradale, un mercato molto tradizionale dove non nasceva un nuovo player da almeno due decenni”, è la sintesi proposta da Chiaronzi. Nata in piena pandemia, hlpy non ha risentito della riduzione della mobilità. “Il 2020 non ci ha rallentato perché eravamo in fase di sviluppo, non avevamo nulla da perdere. Anzi, abbiamo anticipato l’ingresso di Michel Taride, presidente di Hertz Internazionale fino al marzo 2019, come investitore e advisor, e lo sviluppo in Europa previsto per il 2023 al 2022. Il nostro è un business che nasce internazionale, perché le auto si muovono”. Come del resto il founder, uno sportivo-rockettaro che spazia dal calcio al golf ma sulle chitarre per il momento resta fedele alla Gibson. “Comprerò una Fender prima o poi”, promette. Intanto suona con il figlio che picchia già sulla batteria. Il genere? Da Jimi Hendrix ai Guns N’ Roses. La mobilità è metallara.

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