Nelle ultime settimane molti, probabilmente, avranno letto o sentito parlare di quei misteriosi “oggetti digitali” chiamati Nft, acronimo che in lingua inglese sta per “Non-fungible tokens”. Il rumore attorno a questi oggetti è stato provocato da alcuni fatti eclatanti degli ultimi mesi. Molti sono concordi nell’affermare che tutto ha avuto inizio nel marzo di quest’anno, quando il co-fondatore e ceo di Twitter, Jack Dorsey, ha venduto il suo primo tweet – datato 21 marzo 2006 – in cui scriveva: “Just setting up my twttr”. Dorsey aveva messo all’asta il tweet il 15 dicembre scorso, sulla piattaforma Valuables. La prima offerta – del valore di 1 dollaro – è arrivata quello stesso giorno. Poi il 20 dicembre un altro utente ha offerto 3mila dollari, e il 6 marzo un terzo è arrivato a 100mila. Il tweet è stato venduto dal ceo di Twitter il 22 marzo per oltre 2,9 milioni di dollari. Dorsey ha dichiarato che avrebbe donato il denaro in beneficenza.
L’altro fatto eclatante ha visto coinvolta la casa d’arte Christie’s, che l’11 marzo ha venduto l’Nft di un collage digitale di Beeple – nome d’arte di Mike Winkelmamnn – per 69,3 milioni di dollari. Si è trattato della terza vendita più ricca di sempre per un’opera d’arte.
Pensare che si tratti di pura speculazione – come molti hanno scritto – è certamente una semplificazione. Va segnalato infatti che Christie’s, poche settimane fa, ha messo all’asta l’Nft di un filmato realizzato da Gucci con un prezzo base di 20mila dollari. L’asta si è chiusa a 25mila. L’università di Berkeley, lo scorso 8 giugno, ha messo all’asta e venduto un Nft dei dati digitali degli studi che hanno vinto il Premio Nobel nel 2018 per l’editing genetico e l’immunoterapia contro il cancro. Ed è di qualche settimana fa la notizia che Todd Morley, cofondatore di Guggenheim Partners, ha annunciato a Bloomberg di voler “creare il più grande museo al mondo di Nft” in un grattacielo di Manhattan.
Due domande sorgono spontanee: cosa sono gli Nft? E come sono stati usati fino ad oggi?”. Gli Nft possono essere utili alle aziende e ai brand? Se sì, come?
Che cosa sono gli Nft
Gli Nft sono resi possibili dalle tecnologie blockchain e dai cosiddetti smart contract. Gli smart contract sono un elemento essenziale per l’elaborazione delle informazioni residenti nelle blockchain. Se infatti le blockchain rappresentano contenitori digitali di informazioni, gli smart contract sono invece algoritmi scritti in speciali linguaggi di programmazione, attraverso i quali è possibile elaborare le informazioni presenti nelle blockchain. Gli smart contract consentono l’attivazione di transazioni complesse, l’elaborazione di dati e la reazione a eventi. Questi eventi possono verificarsi sia sulle blockchain stesse, come risultati di altri smart contract, sia al di fuori delle blockchain, come eventi nel mondo fisico rilevati da sensori inseriti negli oggetti fisici attraverso le tecnologie dell’Internet of Things.
Se sappiamo cos’è uno smart contract, sappiamo anche cos’è un token. Un token, infatti, è un algoritmo realizzato come smart contract su una blockchain. L’enorme flessibilità garantita dagli smart contract residenti su una blockchain consente di utilizzare un token per rappresentare qualsiasi tipo di oggetto, digitale o fisico, tangibile o intangibile. Ecco quindi che questo spiega come sia possibile utilizzare un token per rappresentare un oggetto, chi è il proprietario e chi lo è stato, il diritto di accesso a un servizio, la ricezione di un pagamento e innumerevoli altre cose.
Vale la pena osservare che, spesso, i token su blockchain vengono confusi con le criptovalute, la prima delle quali è l’ormai notissima Bitcoin. Esistono infatti due tipi di token: un Fungible Token, legato alle criptovalute, e un Non-Fungible Token, che è legato invece a oggetti unici, sia del mondo fisico che del mondo digitale.
Si può pensare ai due diversi tipi di token in questo modo: se un Fungible Token è come una banconota da cinque euro, un Nft è come un’opera d’arte. Se si prestano 5 euro a un amico, a nessuno importa se l’amico restituisce il denaro con una banconota con un numero di serie diverso. Un’opera d’arte originale, invece, è ben diversa da una sua copia: ha un valore completamente diverso, sia monetario che artistico. Ed è proprio la possibilità di rappresentare oggetti unici, particolari, che ha fatto esplodere, negli ultimi mesi, l’utilizzo degli Nft nel mondo dell’arte digitale. Tanto che lo stesso termine Nft viene spesso utilizzato come sinonimo di opera d’arte digitale.
Ma gli Nft possono avere utilizzi potenzialmente illimitati, o meglio, limitati solamente dalla nostra creatività. Se ci limitiamo al “mondo digitale”, le applicazioni che si possono già intravedere riguardano la monetizzazione dei contenuti digitali e la creazione di scarsità per gli oggetti digitali.
Nuovi modelli di monetizzazione dei contenuti digitali
Un aspetto potenzialmente rivoluzionario degli Nft consiste nel fatto che potrebbero ribaltare il modo in cui i contenuti digitali vengono distribuiti e monetizzati. In questo momento, la maggior parte dei contenuti digitali viene monetizzata tramite piattaforme, siano esse alimentate dalla pubblicità – come Facebook – oppure piattaforme basate su abbonamento, come Netflix o OnlyFans. Queste piattaforme agiscono quindi da intermediari tra i creatori di contenuti e i consumatori. Sebbene i creatori di contenuti possiedano ancora il copyright dei loro prodotti, una parte della proprietà viene ceduta alla piattaforma e anche – grazie ai “meme” – ai consumatori che la riutilizzano.
Gli Nft, poiché consentono ai creatori di contenuti di mantenere la proprietà del loro lavoro, senza limitarne la propagazione in rete, potrebbero invertire il modello di proprietà dei contenuti, offrendo ai creatori, al loro pubblico e agli sviluppatori una valida alternativa per la monetizzazione della loro produzione digitale. Una sorta di disintermediazione alla quale già abbiamo assistito nel mondo fisico con l’avvento dell’e-commerce.
Si pensi, per esempio, al caso dell’attrice americana Lindsay Lohan, che lo scorso 10 febbraio ha “estratto” un Nft sul marketplace Rarible associato a un immagine di lei che indossa un orecchino con la forma di un fulmine. Non appena l’Nft è stato messo all’asta, è stato acquistato da un utente per 10 Eth (l’unità per le criptovalute basata su Ethereum, che alla data di scrittura di questo articolo vale circa 1.800 euro per unità). Un’ora dopo è stato venduto a un altro offerente per 33 Eth, e da lì il commercio è continuato. Grazie al modo in cui Rarible gestisce il marketplace, il 17% del valore di ciascuna rivendita tornerà all’attrice, che lo donerà – e in parte lo ha già donato – a enti di beneficenza.
Zora è un altro marketplace di arte digitale con una struttura simile a Rarible, ma con un meccanismo diverso di monetizzazione dei media digitali. Invece di creare scarsità vendendo copie di beni digitali, la copia originale è accessibile a tutti, indipendentemente da chi la possiede. Tutti possono rivendere l’Nft più e più volte, e ogni volta che il bene digitale viene rivenduto, il creatore originale percepisce una quota del prezzo di vendita. Chiaramente, quanto più un contenuto digitale diventa popolare in rete, più saranno le persone che desiderano possederlo. Sono meccanismi di questo tipo che spiegano il motivo per cui un gruppo di investitori ha speso 35mila dollari per acquistare su Top Shot la proprietà di un video con licenza Nba che tutti possono guardare (gratuitamente) su YouTube.
Questo nuovo modello distribuito di proprietà e monetizzazione dei contenuti digitali fa prevedere una direzione per il futuro del brand marketing digitale decisamente interessante, in particolare per i brand del lusso. In questo momento, infatti, il valore di un contenuto digitale viene misurato non solo in base al numero di copie vendute, ma anche a quanti meme ha ispirato. Ad esempio, il valore di un video su TikTok non viene misurato solo in base al numero di visualizzazioni che ottiene, ma anche in base al numero di “copie” che ha ispirato, ognuna leggermente diversa dall’originale. Maggiore è il numero di meme che vengono visualizzati, maggiore è la popolarità – e quindi il valore – della versione originale.
Questa creazione collaborativa è ovviamente di grande interesse per gli utenti “qualsiasi”, ma tende a spaventare i brand – soprattutto quelli del lusso -, i quali sono comprensibilmente più protettivi nei confronti dei loro contenuti. Gli Nft danno ora la possibilità ai brand di mantenere il controllo completo dei propri contenuti digitali senza limitarne la diffusione.
La scarsità digitale
In un mondo digitale di abbondanza – dove le copie di un oggetto digitale sono create e distribuite con estrema facilità – la scarsità crea valore, esattamente come nel mondo fisico. E gli Nft rendono possibile creare scarsità digitale. Il settore che meglio può aiutare a capire il meccanismo è quello della musica. Il caso più interessante è quello di Rac, pseudonimo di André Allen Anjos, produttore musicale e musicista, vincitore di un Grammy Award nel 2016.
A maggio 2020 Anjos ha rilasciato il suo ultimo album in forma digitale e in musicassetta. Le cassette erano disponibili in sole 100 unità, ciascuna rappresentata da un Nft chiamato $Tape sul marketplace Zora. Ogni token aveva un prezzo iniziale di 28 dollari, e chi lo acquistava in qualsiasi momento poteva riscattarlo e ricevere a casa la musicassetta. Come ha dichiarato Anjos in una intervista, “invece di metterle in vendita su un sito web, ho deciso di creare un mercato”. Il prezzo di un singolo $Tape è arrivato a 13mila dollari, che, secondo Anjos è il prezzo più alto di sempre pagato per una musicassetta (il record precedente, dice, apparteneva a una vecchia musicassetta di Prince, venduta su eBay per 5mila dollari). A partire da ottobre, Anjous ha poi lanciato su Zora un “Community Token”, $RAC. I possessori di $Tape possono scambiare il loro token con un token $RAC ed entrare così a far parte di una community i cui membri possono accedere a un gruppo sulla piattaforma Discord e avere un diritto di accesso esclusivo a prodotti disponibili su Zora.
Gli Nft hanno così creato scarsità per la musica di Anjous, e la scarsità ha funzionato. Da quando ha iniziato a interagire con la comunità dei suoi fan attraverso gli Nft, Rac ha incassato quasi un milione di dollari: più di quanto aveva incassato fino a quel momento per tutta la sua produzione musicale. “Questi risultati sono in linea con la mia missione”, ha dichiarato Rac, “che è quella di dimostrare che la musica – che solitamente viene ascoltata in rete senza spendere un centesimo – ha un valore ben al di sopra dello zero”.
Gli Nft per realizzare lo Scopo del brand
Diverse ricerche hanno evidenziato che le persone sono disponibili a “spostare il portafoglio” verso quei brand che ritengono operino a favore dei consumatori, della società e del pianeta. Che abbiano, cioè, uno Scopo – con la S maiuscola – diverso dal solo profitto. La pandemia ha accentuato questa aspettativa nei consumatori europei, nordamericani e cinesi. Tutte le ricerche in materia, però, si riferiscono al “mondo reale”. Sorge quindi spontaneo chiedersi se un brand digitale purpose-driven possa avere maggiore successo di altri brand del mondo digitale.
Per rispondere a questa domanda, è stato necessario estendere l’ambito della ricerca al mondo digitale, cioè a quello che viene chiamato Metaverso. Sono stati considerati, in particolare, i valori e i desideri emozionali dei gamer, per capire se i loro acquisti di oggetti digitali all’interno dei giochi, nei marketplace di digital fashion e di altri artefatti digitali siano legati alla percezione di coerenza tra i valori di un brand e quelli personali.
Il focus sui gamer deriva dal fatto che nell’ultimo decennio il settore dei videogiochi è cresciuto in maniera esponenziale. Statista stima che alla fine del 2019 i giocatori fossero circa 2,5 miliardi, saliti a 2,8 alle fine del 2020. Si tratta di persone che dedicano al videogioco, in media, più di 6 ore alla settimana, con punte che, per molti, vanno ben oltre le 20.
Ciò che sta emergendo è qualcosa di simile a quanto emerso per il mondo fisico. I valori veicolati da un brand digitale hanno un impatto rilevante sul comportamento di acquisto dei gamer all’interno del Metaverso. Come nel mondo fisico, avere uno “Scopo contro qualcosa” risulta più efficace che avere uno “Scopo per qualcosa”. E quanto più gli oggetti digitali realizzati dal brand aiutano a realizzare lo Scopo, maggiore è l’intenzione di acquisto.
Il caso più interessante di brand digitale purpose-driven è quello di Rtfkt – marchio che sta per “Artifact” -. Il brand è nato appena 18 mesi fa, ma è già diventato il brand di sneakers digitali “da sogno” per i gamer. Il decollo è iniziato quando Rtfkt ha pubblicato un post su Instagram in cui si vede Elon Musk che ha “attaccate” ai piedi un paio di Cyber Sneaker (sneaker digitali disegnate da Rtfkt e ispirate alla Cyber Car del fondatore di Tesla). Ed è proseguito a febbraio 2021, quando – in soli 7 minuti – Rtfkt ha venduto gli Nft di 3 paia di sneakers digitali per un valore complessivo di 3,1 milioni di dollari.
La sola scarsità digitale creata con gli Nft non spiega però il successo di Rtfkt. Numerosi altri brand puramente digitali sono infatti comparsi nel frattempo, e anche alcuni brand “fisici” del lusso si sono affacciati sul mondo digitale – da Gucci ad alcuni brand di orologi -. Nessuno di questi, però, ha raggiunto la celebrità digitale – e soprattutto i prezzi – degli artefatti digitali di Rtfkt.
Il successo di Rtfkt dipende proprio dal suo Scopo e dal modo in cui utilizza i suoi prodotti per realizzarlo. Lo Scopo del brand – come chiaramente affermato dai fondatori – è di contribuire a realizzare la fusione tra il mondo digitale e quello fisico, dando la possibilità ai gamer di esprimere la propria identità sia nel Metaverso che nelle strade delle città. Cosa che il brand sta realizzando, per esempio, con il suo Jacket digitale denominato “Metajacket”, che può essere indossato dal proprietario del corrispondente Nft mentre cammina nella metropolitana di Parigi, visibile in realtà aumentata.
In questo modo, Rtfkt agisce contro la marginalizzazione dei gamer, dà loro la possibilità di essere orgogliosamente gamer e di mostrarsi come tali anche nel mondo fisico.
Il futuro dei brand nel Metaverso
Se i vari esempi possono far intuire il potenziale degli Nft per creare una relazione tra un brand e un abitante del Metaverso, i brand devono però essere consapevoli del fatto che il Metaverso non è la versione virtuale della rete, bensì qualcosa di completamente diverso dalla rete che conosciamo. Molti sono ormai concordi nel ritenere il Metaverso una realtà parallela, un luogo dove passeremo una parte elevata del nostro tempo, impiegandola per giocare, visitare luoghi, socializzare con altre persone e, ovviamente, acquistare e consumare prodotti. Detto in altre parole, il Metaverso cambierà radicalmente il modo in cui viviamo.
Gli Nft sono ovviamente solo una delle numerose tecnologie che consentirà alle persone di “vivere nel Metaverso”. Si può prevedere che ci saranno oggetti digitali acquistabili e consumabili nel Metaverso stesso (e nel mondo fisico), le cuffie per la realtà virtuale, le tecnologie per la realtà aumentata, le piattaforme di gioco, le blockchain e le criptovalute, e ancora altre tecnologie che nasceranno in futuro. Gli Nft saranno però la base per consentire la creazione del valore economico di una relazione completamente intangibile, come quella che si creerà tra un brand e un abitante del Metaverso. Infatti, come nel mondo fisico il valore di un oggetto è governato dalle dinamiche di autenticità, scarsità e diritto di proprietà, lo stesso accadrà nel Metaverso.
I brand nativi digitali partono in vantaggio in questa gara. I brand nati nel mondo fisico, invece, dovranno apprendere il modo in cui si formano le preferenze delle persone nel Metaverso. Tuttavia, i brand realmente purpose-driven potranno ridurre questo svantaggio se avranno uno Scopo coerente con le preferenze degli abitanti del Metaverso e sapranno sfruttare le tecnologie per realizzarlo.
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