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L’eroe dimenticato del Covid: la storia dello scienziato che ha reso possibili i vaccini e non ha guadagnato neanche un centesimo

Questo articolo di Nathan Vardi è apparso su Forbes.com

Nell’estate del 2020, mentre la pandemia infuriava e infettava oltre 200mila persone al giorno nel mondo, l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, e quello di BioNTech, Ugur Sahin, salirono su un aereo diretto alle colline della campagna di Klosterneuburg, in Austria. La loro destinazione era un piccolo stabilimento produttivo situato sulla riva occidentale del Danubio, chiamato Polymun Scientific Immunbiologische Forschung. Bourla e Sahin erano in missione per convincere Polymun a produrre quante più nanoparticelle lipidiche possibili per il loro nuovo vaccino contro il Covid-19, che stava per ricevere l’autorizzazione di emergenza per la somministrazione dalla Food and drug administration statunitense (l’ente governativo statunitense che regolamenta i prodotti alimentari e farmaceutici).

Il vaccino Pfizer-BioNTech era stato progettato con la tecnologia Rna messaggero (mRna), che istruisce il sistema immunitario del corpo su come combattere il coronavirus. Ma per farlo entrare in sicurezza nelle cellule umane, l’mRna doveva essere incapsulato in microscopici frammenti di grasso chiamati lipidi. La fabbrica austriaca era uno dei pochi posti sul pianeta che produceva le nanoparticelle lipidiche necessarie. Bourla insisté con Sahin perché andasse con lui di persona a perorare la loro causa.

“La questione, quando si tratta di mRna, non è come costruire una molecola di mRna: quella è la parte facile”, afferma Bourla. “Il punto è come assicurarsi che la molecola di mRna entri nelle cellule e dia le istruzioni”.

Finora la storia di come Moderna, BioNTech e Pfizer siano riusciti a risolvere questo nodo fondamentale non è mai stata raccontata. È una saga complicata, che comprende 15 anni di battaglie legali, accuse, tradimenti e inganni. Ciò che è chiaro è che, quando l’umanità ha avuto bisogno di un modo per far arrivare l’mRna alle cellule umane per fermare la pandemia, c’era un solo metodo affidabile a disposizione. E non era stata creato all’interno di Pfizer, Moderna, BioNTech o qualsiasi altro grande produttore di vaccini.

Un’inchiesta portata avanti per mesi da Forbes rivela che lo scienziato che più di tutti è responsabile di questo metodo di somministrazione è un biochimico canadese poco conosciuto di nome Ian MacLachlan. In qualità di chief scientific officer di due piccole aziende, Protiva Biotherapeutics and Tekmira Pharmaceuticals, MacLachlan ha guidato il team che ha sviluppato questa tecnologica cruciale. Oggi, tuttavia, poche persone – e nessuna delle grandi aziende farmaceutiche – riconoscono apertamente l’importanza del suo lavoro rivoluzionaria. E MacLachlan non guadagna un soldo per la tecnologia di cui è stato pioniere.

“Non avevo intenzione di passare il resto della mia vita a pensarci, ma non posso sottrarmi”, dice MacLachlan. “Apro il mio browser alla mattina, guardo le notizie e il 50% riguardano i vaccini. Sono ovunque. E non ho dubbi che i vaccini in questione stiano usando la tecnologia che abbiamo sviluppato noi”.

Moderna Therapeutics nega con forza che il suo vaccino a mRna utilizzi il sistema di MacLachlan. E BioNTech, l’azienda che produce vaccini in collaborazione con Pfizer, ne parla con molta attenzione. I procedimenti legali sono in corso e in gioco ci sono grosse somme di denaro.

Al ritmo attuale, Moderna, BioNTech e Pfizer venderanno vaccini per 45 miliardi di dollari nel 2021. Il tutto senza pagare un centesimo a MacLachlan. Altri produttori di vaccini anti-Covid, come Gritstone Oncology, hanno da poco ottenuto la licenza per la tecnologia Protiva-Tekmira di MacLachlan, in cambio di una quota delle vendite tra il 5 e il 15%. MacLachlan non ha più una partecipazione finanziaria nella tecnologia, ma un compenso analogo per i vaccini Moderna e Pfizer-BioNTech, se gli venissero riconosciuti i diritti, potrebbe fargli incassare 6,75 miliardi solo nel 2021. In un colpo di scena piuttosto beffardo, però, la proposta del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, di eliminare i brevetti sui vaccini anti-Covid impedirebbe probabilmente a MacLachlan di arricchirsi grazie alle sue scoperte.

Nonostante le smentite delle aziende farmaceutiche, studi scientifici e documenti normativi depositati alla Fda dimostrano che sia il vaccino di Moderna, sia quello di Pfizer-BioNTech utilizzano un sistema incredibilmente simile a quello creato da MacLachlan e dal suo team: un componente a quattro lipidi attentamente progettato per incapsulare l’mRna in una densa particella, tramite un processo che coinvolge etanolo e un apparato con connettore a T.

Per anni Moderna ha dichiarato di usare un suo sistema proprietario, ma, quando è arrivato il momento di testare il suo vaccino anti-Covid sui topi, ha utilizzato gli stessi quattro tipi di lipidi della tecnologia di MacLachlan, in proporzioni identiche.

Moderna insiste nel dire che la formula preclinica del vaccino non era la stessa del vaccino stesso. Documenti depositati in seguito da Moderna dimostrano che il suo vaccino usa gli stessi quattro tipi di lipidi del sistema di MacLachlan, ma con una versione proprietaria di uno dei lipidi e proporzioni “leggermente modificate”, in un modo che non è stato ancora divulgato.

Una storia simile riguarda anche Pfizer e BioNTech. I documenti della Fda dimostrano che il loro vaccino usa gli stessi quattro tipi di lipidi, quasi nelle stesse proporzioni del sistema brevettato da MacLachlan e dal suo team anni fa, nonostante uno di quei lipidi sia usato in una nuova variazione proprietaria.

Non tutti fanno finta che MacLachlan non esista. “Gran parte del merito per le lnp (lipid nanoparticle, “nanoparticella lipidica”, ndr) va a Ian MacLachlan “, afferma Katalin Karikó, la scienziata che ha gettato le basi per le terapie mRna prima di entrare in BioNTech nel 2013. Ma Karikó, ora una delle favorite per il premio Nobel, è arrabbiata perché MacLachlan non ha fatto di più per aiutarla a utilizzare il suo sistema per costruire una sua azienda anni fa. “MacLachlan potrà anche essere un grande scienziato, ma gli manca la visione”, dice.

Sette anni fa, MacLachlan ha lasciato il suo posto in Tekmira, allontanandosi dalla sua brillante scoperta e da ogni potenziale ricompensa economica. Complesse battaglie legali e lotte politiche interne all’industria farmaceutica legate al suo sistema lo avevano stancato. Ora nutre sentimenti complessi. Molti potranno averlo dimenticato, ma lui è consapevole di avere contribuito a salvare il mondo.

“C’è un team di persone che hanno dedicato gran parte delle loro vite allo sviluppo di questa tecnologia”, dichiara MacLachlan. “Ci hanno messo il cuore e l’anima. Queste persone hanno lavorato come muli e hanno dato il meglio di loro per sviluppare il sistema”.

La storia di Ian MacLachlan

Arroccato sulla cima di una collina, il castello di Hohentübingen domina la città di Tubinga, in Germania. Nell’ottobre 2013 MacLachlan, all’epoca il chief scientific officer di Tekmira Pharmaceuticals, si arrampicò su quella collina fino al castello per partecipare a un cocktail party, in occasione della prima Conferenza internazionale della medicina mRna. Durante l’evento, MacLachlan conversò con Stéphane Bancel, l’amministratore delegato di una società emergente chiamata Moderna Therapeutics. MacLachlan suggerì una collaborazione tra Tekmira e Moderna per utilizzare il suo sistema innovativo di somministrazione del farmaco. “Sei troppo costoso”, gli disse Bancel.

La chiacchierata lasciò una brutta sensazione a MacLachlan. Un’impressione a cui contribuì la presenza di un ex collega, Thomas Madden, che era stato licenziato da Tekmira cinque anni prima. A quel punto MacLachlan aveva già passato più di un decennio a lavorare al suo sistema, eppure persone come Bancel sembravano più interessate a lavorare con il londinese Madden.

La rivalità tra i due scienziati è la radice della controversia legata alla tecnologia di somministrazione dell’mRna su cui si basano oggi i vaccini anti-Covid. MacLachlan e Madden si incontrarono 25 anni fa, quando lavoravano assieme in una piccola azienda biotech con sede a Vancouver chiamata Inex Pharmaceuticals. MacLachlan, che ha un dottorato di ricerca in biochimica, entrò in Inex nel 1996. Si trattava del suo primo lavoro, dopo una borsa di studio post dottorato in un laboratorio di genetica dell’università del Michigan.

Inex fu cofondata dal suo chief scientific officer, Pieter Cullis, ora 75enne, un medico dai capelli lunghi che insegnava all’università della Columbia Britannica. Da lì Cullis avviò varie aziende biotech, coltivando una comunità di scienziati di alto livello che fecero di Vancouver uno dei principali centri per la chimica dei lipidi.

Inex aveva un possibile farmaco chemioterapico a piccole molecole, ma Cullis era interessato anche alla terapia genica. Il suo obiettivo era di somministrare materiale genetico fatto da molecole grandi, come dna o rna, all’interno di una bolla lipidica, in modo che potesse essere traghettato in sicurezza all’interno della cellula. Era qualcosa che i biochimici sognavano da decenni, ma che non erano mai riusciti a realizzare.

Grazie a un nuovo metodo, Cullis e il suo team di Inex incapsularono con successo piccoli pezzi di dna in bolle microscopiche chiamate liposomi. Sfortunatamente, il sistema non riusciva a consegnare costantemente molecole più grandi – il tipo necessario per la terapia genica – in modalità utili dal punto di vista medico. Tentarono altri approcci, come quello che sfruttava l’etanolo, ma senza successo.

“In Inex assemblammo tutti pezzi delle lnp, ma non riuscimmo a far funzionare il sistema”, dice Cullis.

Inex era un’azienda, non un laboratorio di ricerca, perciò spostò la sua attenzione verso il più promettente farmaco per la chemioterapia. Il gruppo dedicato alla terapia genica fu in gran parte smantellato. MacLachlan gestì quello che ne rimaneva finché, nel 2000, decise di andarsene a sua volta. Piuttosto che farlo andare via del tutto, Cullis lo convinse a prendere in consegna quanto realizzato nella sua azienda e a usarlo per dare vita a una nuova società, spin-off della precedente. Nacque così Protiva Biotherapeutics, di cui MacLachlan divenne chief scientific officer e in cui Inex mantenne una quota di minoranza. Per il ruolo di amministratore delegato MacLachlan scelse Mark Murray, oggi 73 anni, un dirigente di lungo corso nel settore biotech con un dottorato di ricerca in biochimica.

Non passò molto tempo prima che due chimici di Protiva, Lorne Palmer e Lloyd Jeffs, facessero una scoperta cruciale che portò a un nuovo metodo di miscelazione. Misero infatti lipidi disciolti in etanolo da una parte di un apparato con connettore a T e, dall’altra parte, materiale genetico sciolto in acqua salata, per poi sparare flussi delle due soluzioni l’uno contro l’altro. Fu il momento che speravano di vivere: in seguito alla collisione, i lipidi formarono una densa nanoparticella che incapsulò istantaneamente il materiale genetico. Il metodo era semplice ed elegante. E funzionava.

“I vari metodi utilizzati in precedenza erano tutti molto variabili e inefficaci”, dice MacLachlan. “Erano del tutto inadatti alla produzione”.

Il team alle sue dipendenze arrivò in breve a sviluppare una nuova nanoparticella lipidica composta da quattro tipi di lipidi. Sebbene quei lipidi fossero tra quelli utilizzati anche da Inex nei suoi esperimenti, la lnp di MacLachlan aveva un nucleo denso che differiva in misura significativa dalle bolle di liposomi simili a sacche sviluppata dalla stessa Inex. L’équipe di MacLachlan aveva trovato le esatte proporzioni dei quattro tipi di lipidi per far funzionare al meglio il sistema. Tutto venne diligentemente brevettato.

I vaccini anti-Covid di Moderna e Pfizer usano un tipo di terapia genica basato sulla molecola Rna messaggero. Gli scienziati di Protiva, tuttavia, in un primo tempo si orientarono verso un altro tipo di terapia genica, che sfrutta l’interferenza dell’Rna (Rna interference), o Rnai. Se l’mRna istriuisce il corpo su come creare proteine terapeutiche, l’Rnai punta a silenziare i geni ‘cattivi’ prima che causino la malattia. Con il sistema di somministrazione di MacLachlan in mano, Protiva iniziò a collaborare con Alnylam, una biotech con sede a Cambridge, in Massachusetts, per rendere praticabile la terapia Rnai.

Nel frattempo, la vecchia azienda di MacLachlan, Inex, stava collassando, dopo che la Fda le aveva negato l’approvazione rapida per il suo farmaco chemioterapico. Inex licenziò la maggior parte del personale e poi – nonostante Protiva fosse nata pochi anni prima da una sua costola – tornò al sistema per la somministrazione del medicinale alle cellule. Cominciò anch’essa a collaborare con Alnylam. Nel 2005 Cullis si dimise e lasciò il timone nientemeno che al nemico giurato di MacLachlan, Thomas Madden.

Nel 2006, Protiva e Alnylam pubblicarono su Nature uno studio cruciale che dimostrava il primo successo del metodo del silenziamento dei geni nelle scimmie. Lo studio sfruttava il sistema sviluppato dal team di MacLachlan.

Alnylam sviluppò in seguito Onpattro, un farmaco a Rnai utilizzato per trattare i danni nervosi negli adulti con una particolare condizione ereditaria. Il farmaco sarebbe diventato il primo medicinale Rnai approvato dalla Fda. Le carte dimostrano che Alnylam utilizzava il sistema di MacLachlan per Onpattro, con un’eccezione: per uno dei quattro tipi di lipidi, sfruttava una versione modificata, sviluppata con Thomas Madden.

Le battaglie legali

Nell’ottobre del 2008 Mark Murray, l’amministratore delegato scelto da MacLachlan per guidare Proditva, si trovava in una stanza in Tekmira Pharmaceuticals, una piccola shell company di cui aveva appena preso il controllo. Come Protiva, Tekmira era stata costituita da Inex, che aveva finalmente chiuso un anno prima e aveva trasferito tutti i suoi asset residui proprio nella società neonata. Davanti a Murray erano riuniti circa 15 ex scienziati della Inex che erano stati inclusi nell’accordo. Tra loro c’era Thomas Madden.

“Sfortunatamente, non potremo tenervi più con noi, ragazzi”, disse loro Murray.

Il licenziamento di Madden fu uno dei risultati di una colossale battaglia legale innescata dal fatto che sia Inex sia Protiva avevano lavorato separatamente con Alnylam sul sistema di somministrazione del farmaco alle cellule. La disputa sarebbe continuata ancora per anni. In ogni tappa, Murray e MacLachlan avrebbero accusato Madden e Cullis di essersi impossessati indebitamente delle loro idee. Cullis e Madden, offesi, negarono tutto. In alcuni casi intentavano cause a loro volta, denunciando condotte improprie da parte di Murray e MacLachlan.

Il primo round del contenzioso risultò, nel 2008, in un accordo che vide Protiva rilevare Tekmira, con Murray in veste di ceo, MacLachlan come chief scientific officer e Madden presto licenziato. A dispetto della sconfitta, Madden e Cullis fondarono una nuova società nel 2009, per continuare a lavorare con Alnylam. Tekmira replicò facendo causa ad Alnylam, affermando che la biotech del Massachusetts cospirava con Madden e Cullis per impossessarsi a basso costo del sistema sviluppato da MacLachlan. Alnylam negò ogni illecito e – ovviamente – intentò cause di segno opposto, in cui affermava di volere soltanto lavorare con Madden e Cullis, che avevano creato una variante migliorata di uno dei quattro tipi di lipidi necessari al sistema.

Quel round della battaglia legale si risolse nel 2012, con Alnylam che fu costretta a pagare 65 milioni di dollari a Tekmira e ad accettare di restituirle dozzine di brevetti, inclusi quelli per il lipide migliorato che Madden aveva sviluppato per Onpattro. In base all’accordo, la nuova società di Cullis e Madden ottenne un permesso molto limitato per utilizzare il sistema di MacLachlan per la creazione da zero di nuovi prodotti a mRna.

La biochimica ungherese Katalin Karikó si presentò per la prima volta alla porta di MacLachlan proprio nel mezzo di questa lotta furiosa. Karikó capì presto che il sistema di MacLachlan era la chiave per liberare tutto il potenziale delle terapie a mRna. Già nel 2006 iniziò a spedire lettere a MacLachlan in cui lo esortava a racchiudere il suo rivoluzionario mRna chimicamente modificato nel suo sistema a quattro lipidi. Assorto dal contenzioso, MacLachlan declinò la sua offerta.

Karikó non rinunciò facilmente. Nel 2013 volò a incontrare i dirigenti di Tekmira, si offrì di spostarsi a Vancouver e di lavorare alle dirette dipendenze di MacLachlan. Tekmira rifiutò. “Moderna, BioNTech e CureVac volevano che lavorassi per loro, ma la mia prima scelta, Tekmira, non mi voleva”, ricorda Karikó, che accettò la proposta di BioNTech nel 2013.

A quel punto anche il ceo di Moderna, Stéphane Bancel, stava cercando di risolvere il problema della somministrazione. Bancel discusse con Tekmira di una possibile collaborazione, ma le trattative arrivarono a uno stallo. A un tratto, Tekmira fece sapere di volere almeno 100 milioni di dollari in anticipo, più le royalties, per concludere un accordo.

Moderna scelse allora di collaborare con Madden, che lavorava ancora con Cullis nella loro azienda, Acuitas Therapeutics.

Nel febbraio 2014, MacLachlan compì 50 anni. La sua compagna, Karley Seabrook, lo portò con una scusa all’Imperial theater di Vancouver, che era pieno di amici e familiari. Lo sorprese in abito da sposa, e i loro due figli accolsero MacLachlan con biglietti che dicevano: “Vuoi sposare la mamma?”. Seabrook non aveva mai pensato che fosse importante sposarsi, ma una battaglia contro il cancro le aveva fatto cambiare idea. E il matrimonio l’avrebbe fatta cambiare a MacLachlan.

Per lo scienziato, maniaco del lavoro, avere a che fare con avvocati e interminabili manovre aziendali era stato estenuante. MacLachlan si sentì sconfitto e lasciò Tekmira nel 2014. Vendette la sua quota della società, acquistò un pulmino Winnebago Adventurer usato per 60mila dollari e partì con la moglie, i due figli e il cane per un viaggio di 8.400 chilometri attraverso il Canada.

“Ero esausto e demoralizzato”, ricorda.

Dopo l’addio di MacLachlan, il ceo Murray cambiò il nome di Tekmira in Arbutus BioPharma e decise che la società si sarebbe concentrata sulla creazione di trattamenti per l’epatite B assieme alla newyorkese Roivant Sciences, azienda che si occupa di sviluppo di farmaci. Ciò nonostante, mantenne i brevetti per il sistema a quattro lipidi.

La società di Madden, Acuitas, concesse una sublicenza per usare la tecnologia di somministrazione dei farmaci a Moderna, per lo sviluppo di un vaccino antinfluenzale a mRna. Murray era convinto che Madden non ne avesse alcun diritto, e nel 2016 avvisò di avere intenzione di porre fine all’accordo con Acuitas. Come sempre, due mesi dopo, Acuitas intentò una causa a Vancouver, in cui negava di avere violato qualsiasi intesa. Immediatamente Murray fece causa a sua volta, iniziando un nuovo giro di battaglie legali. Un aspetto cruciale, però, è che questa nuova infornata di cause riguardava direttamente l’mRna.

Dopo avere combattuto per altri due anni, le parti trovarono un accordo. Murray pose fine all’accordo con Thomas Madden per l’uso della tecnologia di MacLachlan per qualsiasi futuro farmaco, al di fuori dei quattro prodotti che Moderna aveva già cominciato a sviluppare (anche Murray perse i diritti su una parte della tecnologia di Madden). Murray e Roivant crearono poi un’altra società, Genevant Sciences, con il preciso scopo di detenere la proprietà intellettuale del sistema a quattro lipidi e di commercializzarlo.

Alcune aziende salirono ben presto a bordo. Nel giro di pochi mesi Sahin, il ceo di BioNTech, si accordò con Genevant per poter usare il sistema per cinque programmi già esistenti di BioNTech per la cura del cancro con l’mRna. Le società decisero inoltre di lavorare assieme su altri cinque programmi legati all’mRna per curare malattie rare. L’intesa non parlava dell’uso della tecnologia per qualcosa di totalmente imprevisto. Qualcosa come il Covid-19.

Moderna seguì un approccio diverso. Intentò azioni legali all’Ufficio brevetti e marchi statunitense per cercare di annullare una serie di brevetti legati al sistema di MacLachlan, ora controllato da Genevant. Nel luglio 2020, però, mentre Moderna svolgeva le varie fasi di sperimentazione per il suo vaccino, un organo giudicante confermò in larga parte i brevetti più importanti (Moderna si sta appellando contro la sentenza).

Dopo l’autorizzazione all’uso dei vaccini Moderna e Pfizer-BioNTech, Drew Weissman, un eminente ricercatore sull’mRna dell’università della Pennsylvania, concluse, su una rivista scientifica, che entrambi utilizzano sistemi di somministrazione “simili a quello del prodotto Alnylam Onpattro”, ma con una versione proprietaria di uno dei lipidi. Weissman ha osservato che entrambe le aziende utilizzavano la miscelazione con giunzione a T.

Thomas Madden ha lavorato al sistema di somministrazione del vaccino Pfizer-BioNTech e afferma di avere usato versioni potenziate di due dei quattro tipi di lipidi. Secondo Madden, né Onpattro né il vaccino Pfizer-BioNTech avrebbero ricevuto l’approvazione della Fda senza i miglioramenti apportati ai lipidi dal suo team.

MacLachlan liquida le nuove variazioni come “innovazione iterativa”.

In una dichiarazione scritta consegnata a Forbes, Ray Jordan, corporate affairs chief di Moderna, ha dichiarato: “Posso confermare che abbiamo preso la licenza per l’uso dell’ip di Tekmira per alcuni prodotti più vecchi. I nostri prodotti più recenti, incluso il vaccino anti-Covid, sono stati però sviluppati con nuove tecnologie”.

BioNTech ha rifiutato di rilasciare commenti. Mikael Dolsten, chief scientific officer di Pfizer, dice che il vaccino Pfizer-BioNTech è interamente coperto da brevetti e che, nel creare il primo prodotto mRna autorizzato, Pfizer ha modificato il sistema di somministrazione del farmaco per poter produrre 3 miliardi di dosi all’anno.

“Se da un lato c’è un processo che può funzionare su piccolissima scala e dall’altro un processo che deve funzionare su larga scala, ci si trova in due situazioni differenti”, afferma Dolsten. “Alcune cose che possono sembrare simili sono basate su come il mondo scientifico si evolve e sui contributi di varie fonti. Bisogna stare attenti a concludere che, se due cose hanno nomi simili e rapporti molari simili, allora sono identiche”.

Genevant ha rifiutato di commentare, ma potrebbe trovarsi a combattere da una posizione di svantaggio. A maggio, l’amministrazione Biden ha infatti sostenuto l’abolizione della protezione della proprietà intellettuale sui vaccini anti-Covid. La beffa sta nel fatto che la mossa potrebbe avvantaggiare – anziché danneggiare – Moderna, BioNTech e Pfizer, impedendo a Genevant di avanzare pretese sul gigantesco mucchio di soldi guadagnato dalle tre aziende grazie ai vaccini.

La cosa non fa molta differenza per Ian MacLachlan, il cui ruolo in quello che potrebbe essere il più importante progresso medico del secolo è stato quasi cancellato dall’industria biotecnologica. 

“Sento sicuramente di avere dato un contribuito”, dice MacLachlan. “Ho emozioni contrastanti, per via del modo in cui viene descritta questa scoperta e perché conosco la genesi della tecnologia”.

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