La verità, vi prego, sui taxi elettrici volanti. Di questi tempi viene da parafrasare il titolo del libro di poesie di W.H. Auden (La verità, vi prego, sull’amore, Adelphi) nel tentativo di disegnare un ritratto realistico di un settore che, negli ultimi due anni, ha visto generare attorno a sé un hype solo parzialmente correlato alle evoluzioni effettive della sua tecnologia.
Per lo sviluppo della cosiddetta “urban air mobility” esistono oggi circa 350 progetti in tutto il mondo: circa 200 tra questi hanno raccolto in tutto oltre cinque miliardi di finanziamenti. L’obiettivo degli investitori – oltre a quello della sostenibilità, s’intende – è spartirsi un business che, secondo Morgan Stanley, potrebbe arrivare a valere 1.500 miliardi di dollari entro i prossimi vent’anni. Qual è però oggi il reale stato dell’arte in Italia e nel mondo?
La realizzazione dei taxi volanti elettrici: la situazione in Italia
Al momento il progetto più avanzato in Italia è quello sviluppato da Manta Aircraft. L’azienda svizzera con sede manifatturiera nel varesotto sta lavorando a un modello biposto, battezzato Ann2. Si tratta di un velivolo dotato di alimentazione ibrida turbina a gas e batteria. È in grado di percorrere fino a 600 chilometri a una velocità che va dai 300 ai 400 chilometri l’ora. Il prototipo dovrebbe ottenere le certificazioni nel 2025, occuparsi solo di cargo e volare su tratte non cittadine.
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“Da un paio d’anni si parla tanto di taxi volanti totalmente elettrici ma la sola elettricità ti permette oggi di coprire tratte brevissime” spiega Lucas Marchesini, ad di Manta Aircraft. “C’è anche da considerare che le batterie, che costano 120-150 euro al chilo, pesano circa mille chili o un po’ di meno. Immaginare il loro trasporto, su una pista in cima a un grattacielo o fino a un vertiporto fuori città (come saranno chiamati i piccoli aeroporti destinati ad accogliere gli eVtol, i velivoli a decollo e atterraggio verticale, ndr), è complesso. Uscire dalla logica dell’ibrido, almeno in Italia e almeno per i prossimi dieci anni, non avrebbe molto senso né a livello economico che logistico”.
La advanced air mobility in Europa
Già, la logistica. È questo l’altro fattore chiave che determinerà la direzione dell’evoluzione di un business che nella madre patria America prende il nome di urban air mobility ma che in Europa assume la veste un po’ diversa di advanced air mobility. La differenza? Mentre oltreoceano le distanze tra centri abitati anche piccoli sono significative – tali da giustificare sia il tempo necessario per raggiungere il vertiporto che il prezzo del biglietto – alle nostre latitudini i tragitti più brevi. I tutto sommati buoni collegamenti terrestri rendono il business dell’elettrico volante di più ardua concezione. “In una città europea potrebbero volerci venti-trenta minuti per raggiungere il velivolo e solo dieci minuti di volo per arrivare a destinazione. Se ci sommiamo anche il rischio del volo stesso, emergono una serie di complessità che possono essere risolte solo creando un ecosistema”.
Questo indotto ‘avanzato’, oggi quasi inesistente, dovrà essere formato da enti pubblici, tra cui l’Enac e l’Enav, le Università, le assicurazioni, gli studi legali. E persino le aziende di telecomunicazioni, considerato che la tecnologia comunicherà in 5 e in 6g. Il lavoro da fare è tanto, ma regioni come Lombardia, Piemonte e Lazio stanno già iniziando ad attivarsi con progetti pilota.
È notizia recente che, in occasione delle Olimpiadi invernali di Cortina 2026, potrebbero volare in Italia i primi aerotaxi elettrici. Marchesini è realistico. “Io non metto in dubbio che per quella data ci saranno, come ho letto, degli eVtol su Cortina, ma si tratterà solo di voli dimostrativi di cortissimo raggio. Non succederà che nel 2026 un cittadino comune si sveglia la mattina e alza il dito per salire su un taxi volante”. Quindi? “Noi, che siamo il primo progetto in Italia, puntiamo al 2025 per avere la certificazione del nostro biposto cargo ibrido. Solo dopo quella data penseremo alla messa in volo di un modello ann4 per trasporto persone. Sempre ibrido e sempre per la mobilità regionale”.
I taxi volanti, dunque, non sono già realtà e, soprattutto, non sono solo elettrici.
La gestione dei taxi volanti elettrici: la situazione reale in Italia
Per diversificare il rischio d’impresa, i soggetti che gestiranno il business dell’ibrido/elettrico volante saranno diversi da quelli coinvolti nella manifattura dei velivoli.
In Italia questo ‘gestore della tecnologia’ si chiama Walle. Come il robottino che voleva liberare il mondo dall’inquinamento, la società amministrata dall’ingegnere campano Francesco Ventre immagina di rendere green il trasporto sulle città. Per riuscirci, Walle sta lavorando alla creazione di un indotto che, si diceva, è oggi solo ai suoi albori. Ciò vuol dire allacciare rapporti con acceleratori di mobilità urbana come SkyGate, per la creazione del primo vertiporto italiano; consultarsi con società come d-flight per la condivisione delle regole sui voli a bassa quota; pensare ai training dei piloti e, soprattutto, iniziare a far ‘accettare’ la tecnologia ai futuri passeggeri.
Regole e infrastutture adatte…
I principali studi hanno evidenziato infatti che la rapidità dell’affermazione dell’Aam non dipenderà solo dalla tecnologia, dalla regolamentazione e dall’esistenza di infrastrutture adatte, ma anche dal grado di accettazione sociale da parte del pubblico. La domanda che la stessa Walle si sta ponendo è: cosa succederà se, scalata la tecnologia e ottenute tra qualche anno le prime certificazioni – scoglio quest’ultimo che, ribadisce Ventre, farà cadere un certo numero di player – non ci fosse un’accettazione collettiva del business? A questa domanda, si potrà rispondere solo fra qualche anno. Probabilmente intorno al 2030, quando in Italia dovrebbero iniziare a volare i primi eVtol non sperimentali per trasporto di tre-quattro passeggeri sulle città.
… e i prezzi dei biglietti
Ultimo punto: i prezzi dei biglietti. “Le agenzie che se ne occupano”, aggiunge Ventre, “hanno stimato un prezzo di 2-3 euro al chilometro percorso. Ma è probabile che all’inizio queste tariffe saranno più alte perché si avranno a disposizione flotte molto piccole”. Non a caso per il volo elettrico di 20 minuti lungo il tragitto Fiumicino-centro di Roma – progetto che dovrebbe essere operativo nel 2024 grazie alla startup tedesca Volocopter, finanziata con 15 milioni di euro anche da Atlantia – si parla di 140 euro. Non divisibili, visto che il taxi ha solo due posti, di cui uno per il pilota.
I prototipi solo elettrico, dunque, avranno raggi d’azione molto limitati e, per i primi anni, saranno un servizio elitario.
Cosa succede all’estero?
Nonostante il mercato sia agli albori e abbia già collezionato i primi progetti andati defunti – lo Zunum Aero, joint venture tra Boeing e JetBlu fallita per mancanza di soldi e controversie legali tra i partner – e incidenti come quello che ha mandato in fiamme l’aerotaxi Alice della società israelo-americana Eviation, il business dei taxi elettrici sta montando anche all’estero. La stessa Eviation ha annunciato per i primi mesi del 2022 nuovi test per il suo velivolo da nove posti, la cui versione cargo è già stata ordinata da Dhl in 12 esemplari al prezzo di 4 milioni cadauno.
Promettente è anche il progetto Alia di Beta Technologies, che nell’ultimo anno ha ricevuto ordini da decine di milioni di dollari per sviluppare eVTOL da impiegare per trasporto di organi umani, a uso militare, cargo e civile (quattro passeggeri). Le certificazioni sono attese nel 2024 e le prime consegne a partire dal 2025/2026.
Beta Technologies sta anche lavorando alla costruzione dell’indotto, a partire dalla definizione di una mappa con le stazioni di ricarica batterie. La scelta di concentrare in un unico soggetto le attività, diversamente da quello che succederà in Italia, trova ragione sia nel modello stesso di business, iperfinanziato, che nella sua ‘territorialità’. In America è più semplice pensare alla logistica, anche perché quasi ogni centro abitato, anche piccolo, ha la sua pista di decollo e atterraggio.
Investimenti e valutazioni
I due competitor che scalpitano ai nastri di partenza sono Joby Aviation e Wisk, anch’essi americani. I primi, dopo aver acquisito la divisione di Uber Elevate, sperano di essere i primi ad ottenere l’omologazione in patria, nel 2023, per cominciare poi ad operare nel giro di uno, due anni. Joby è stata valutata recentemente 2,7 miliardi di dollari. È notizia recentissima infine che Wisk, joint venture nata nel 2019 dall’accordo tra Boeing e la Kitty Hawk del co-founder di Google Larry Page, ha ricevuto da Boeing un nuovo investimento di 450 milioni di dollari per lo sviluppo di taxi elettrici senza pilota pensati per brevi tragitti. All’annuncio, non è seguita una data per lo sviluppo, ma Boeing ha detto che i modelli entreranno in servizio dopo quelli pilotati. Ovvero verso la fine del decennio o, più realisticamente, dopo il 2030.
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