Marco Meoni associate cross border di Growth Capital
Under 30

Oltre il denaro c’è di più: questa società connette investitori e startup creando sinergie non solo finanziarie

Articolo tratto dal numero di giugno 2022 di Forbes Italia. Abbonati!

Marco Meoni è cresciuto a pane a finanza. Fin dalle scuole medie, grazie alle copie acquistate da suo nonno, ha cominciato a leggere Il Sole 24 Ore e Milano Finanza. La passione per le letture economico-finanziarie è sfociata presto nei primi investimenti in Borsa. Dopo la laurea in Business administration and management all’università di Firenze e un’esperienza di Erasmus alla De Haagse Hogeschool in Olanda, ha messo in piedi un blog dedicato al trading online che è arrivato a contare dieci collaboratori.

“Pensavo che la Borsa e i mercati finanziari fossero il mio futuro”, racconta Meoni, che non a caso ha deciso di proseguire gli studi con specialistica in finanza alla Cattolica di Milano, durante la quale ha avuto anche l’opportunità di frequentare la London school of economics a Londra e all’università della California. “Proprio a metà del percorso della laurea specialistica sono entrato in Growth Capital”, spiega. “Nonostante avessi da sempre immaginato una carriera in finanza, sono finito a fare altro. È stata la scelta giusta, perché dal primo giorno mi sono appassionato al mondo delle startup, anche grazie a un team fantastico che mi ha fatto crescere molto, fino a ricoprire la posizione di associate”. 

Si è fatto coinvolgere così tanto che ha deciso di investire i suoi risparmi in alcune imprese innovative: il primo investimento in Wash Out, startup che si occupa dei lavaggi di auto e scooter a domicilio, acquistata da Telepass, gli ha garantito un buon ritorno. Le altre startup in cui ha investito sono la catena di barbieri Barberino’s e l’e-commerce di attrezzature e accessori per la nautica HiNelson. “Growth Capital è una società che si occupa di fundraising: connettiamo investitori e startup”, spiega. “La parte difficile è quella di curare gli interessi di entrambi. Vogliamo strutturare un percorso con la startup, finalizzato all’aumento di capitale, in base all’esigenza della stessa ma anche dell’investitore: l’intento è di creare una sinergia non solo finanziaria, ma anche di progetto e di vision”. 

Le attività svolte riguardano tutte le fasi: dal business plan al closing, passando per l’analisi delle metriche, alla redazione dei documenti di marketing e il contatto con gli investitori. Tra le operazioni seguite di recente, oltre a quelle in cui ha investito anche a titolo personale come Barberino’s e HiNelson, ci sono gli aumenti di capitale dell’e-commerce Vino.com, della startup Hyris, che usa l’intelligenza artificiale per l’analisi del Dna, dell’agenzia immobiliare online Homepal, e l’exit di MyMenu, la realtà di food delivery passata a Pellegrini. “Ho cominciato a fare questo lavoro soltanto quattro anni fa, ma sono già cambiate molte cose. Prima si festeggiavano aumenti di capitale da un milione, oggi da decine di milioni”. 

Una delle chiavi per il futuro del venture capital italiano potrebbe essere una maggiore propensione delle grandi aziende, specialmente quelle quotate al Ftse Mib, a investire nelle imprese innovative. “Le grandi aziende non devono pensare a un settore in cui buttare utili, ma un settore in cui investire capitali e contare sul loro ritorno”, spiega. Spesso in Italia startup con le giuste metriche non riescono a trovare i fondi: gli imprenditori sono scoraggiati dalla scarsità di risorse.

“Dobbiamo fare in modo che gli studenti sognino di diventare startupper, non di lavorare in un società di consulenza”. Un’altra opportunità è rappresentata dalle potenzialità della digitalizzazione del brand made in Italy, in particolare per quelle catene retail capaci di sfruttare l’omnicanalità, abbinando canali innovativi a store fisici. “Penso al caso di Velasca. Io credo che in questo senso la crisi dovuta alla pandemia abbia anche lasciato margini di manovra”. A Meoni non dispiacerebbe tornare a occuparsi in futuro di trading, ma anche fondare una startup: chissà che le due cose non possano andare a braccetto.  

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