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SpaceEconomy

La Nasa sta per tornare sulla luna: ecco le aziende che la aiuteranno

Questo articolo di Arianna Johnson è apparso su Forbes.com

La missione Artemis ha l’obiettivo di creare insediamenti umani permanenti sulla Luna e, se tutto andrà bene, anche su Marte. 

La Nasa inaugurerà un programma da oltre 90 miliardi di dollari per mandare gli americani sulla Luna con il lancio di Artemis 1, una spedizione priva di equipaggio con l’obiettivo finale di instaurare una comunità umana permanente sulla superficie lunare.

I primi quattro lanci di Artemis, distribuiti nei prossimi anni, non dovrebbero includere personale e si prevede che costeranno più di 4 miliardi di dollari ciascuno. La Nasa afferma di voler tornare sulla Luna per tre motivi principali: scoperta, ispirazione per la prossima generazione e opportunità economica. Se il programma Artemis sarà simile al suo predecessore Apollo, che l’agenzia spaziale ha interrotto agli inizi degli anni ’70 dopo aver portato 12 astronauti sulla Luna, svilupperà prodotti utili per la vita quotidiana. Apollo ha generato la tecnologia alla base del Gps, dei satelliti per le telecomunicazioni, dei DustBusters, della chirurgia oculare Lasik, degli ammortizzatori per gli edifici, delle cuffie wireless, delle scansioni per Tac e dei depuratori d’aria.

Il nome Artemis (Artemide) deriva dalla dea greca della Luna, gemella di Apollo. Secondo Marshall Smith, ex alto funzionario della Nasa, la missione verificherà la possibilità di vita umana non solo sulla Luna, ma anche su Marte, avvicinando l’umanità a diventare una specie multiplanetaria.

“C’è una serie di ragioni per le quali ha senso continuare questo viaggio nello spazio”, ha dichiarato Smith a Forbes. “Spendiamo questo denaro per costruire la scienza e la tecnologia, sviluppando la nostra forza lavoro per essere in grado di creare e costruire sistemi complessi”.

La Nasa non può farlo da sola. L’agenzia sta collaborando con decine di aziende private e istituzioni no profit per rendere il ritorno sulla Luna una realtà. Ecco un esempio di come alcuni imprenditori, startup e altre aziende innovative stanno dando il loro contributo.

Buggy lunari

Durante le ultime tre missioni Apollo, gli astronauti non si sono limitati a camminare sulla Luna, ma hanno anche guidato su di essa. Questo è il piano della Nasa anche per Artemis e diverse società stanno lavorando per costruire l’auto dei sogni degli astronauti. Queste società sono in competizione con colossi della difesa come Northrop Grumman e Lockheed Martin o lavorano a fianco di essi. Anche se i rover non saranno utilizzati prima del 2025, ci vogliono anni per realizzarli in modo ottimale.

Uno dei fornitori è Sierra Space, azienda con sede a Louisville, Colorado, che ad aprile ha rivelato i piani per la costruzione di un rover per Artemis. In collaborazione con la casa automobilistica Nissan e l’azienda di ingegneria aerospaziale Teledyne Brown, Sierra Space spera di contribuire con software per le comunicazioni e il volo. La società, che sta anche sviluppando veicoli spaziali per trasportare carichi alla Stazione Spaziale Internazionale, stava già lavorando sui rover prima di entrare nella partnership.

Sierra Space è stata fondata nel 2021 dai miliardari Eren e Fatih Ozmen come società controllata di Sierra Nevada Corp. È stata valutata 4,5 miliardi di dollari dopo avere raccolto 24,3 milioni con l’ultimo round di finanziamento, a maggio. La società afferma di aver sviluppato oltre quattromila sistemi e componenti spaziali per circa 500 missioni.

Un’altra società che sta lavorando a un nuovo buggy lunare è la startup californiana Astrolab, fondata nel 2020, che sta costruendo il rover Flexible Logistics and Exploration, o Flex, progettato per trasportare sia merci che personale e con una capacità di circa 1.500 chilogrammi, paragonabile a quella di un pick-up Ford F250. Ciò che distingue Flex dagli altri rover è la sua capacità di carico modulare. È in grado di agganciare diversi carichi e apparecchiature, mentre i vecchi rover marziani, come Curiosity e Perseverance, avevano una capacità di carico fissa.

“Credo che a rendere il nostro team unico nel suo genere sia il design davvero innovativo di Flex”, ha dichiarato a Forbes Jaret Matthews, fondatore e ceo di Astrolab. “Questa capacità di carico modulare conferisce al rover un’enorme versatilità, che riteniamo sia necessaria per realizzare le cose, sia quando ci sono gli astronauti a bordo, sia quando non sono presenti”.

Terriccio lunare

Quando torneranno sulla Luna, gli astronauti non si limiteranno a trascorrere il loro tempo sulle nuove automobili o a colpire palline da golf. Dovranno occuparsi di questioni scientifiche. Il recupero della regolite, una parola elegante per indicare le rocce lunari, è una parte vitale della missione Artemis. Questo perché l’obiettivo della Nasa di creare una società sulla Luna dipende dalla possibilità di sfruttare ciò che è disponibile sulla superficie lunare per attività come l’agricoltura. Si pensa anche a ciò che potrebbe funzionare su Marte, su asteroidi o altri corpi celesti.

L’espressione cheap as dirt (letteralmente ‘economico come la polvere’, traducibile come ‘a buon mercato’) non si applica alla Luna. Nel 2002, dopo che tre stagisti della Nasa avevano rubato alcune rocce lunari dal laboratorio del Johnson Space Center di Houston, è stato assegnato un valore di circa 1,1 miliardi di dollari ai 22 chili di regolite che gli astronauti dell’Apollo avevano portato con sé. Gli stagisti sono stati arrestati.

La Nasa ha affidato a tre società il compito di aiutarla a raccogliere la polvere lunare: Masten Space Systems, Ispace e Lunar Outpost. Il compenso della Nasa che queste società si divideranno è di 25.001 dollari, una cifra risibile. Perché una somma così bassa? La Nasa ha utilizzato quello che definisce un metodo di selezione “a basso prezzo e tecnicamente accettabile”, e queste società hanno comunque presentato offerte.

Ciascuna delle divisioni giapponese ed europea della startup Ispace, che ha sede a Tokyo, ha stipulato con la Nasa contratti da cinquemila dollari per aiutarla nel processo di recupero del terriccio. Tali divisioni hanno in programma di raccogliere campioni di terriccio lunare e di venderli alla Nasa. Si tratterà di un momento storico, poiché costituirà la prima operazione commerciale di materiale lunare. Il team giapponese di Ispace collocherà il suo lander a bordo di un razzo Falcon 9 di SpaceX, dal quale si dirigerà verso il lato nord-orientale della Luna per raccogliere campioni non prima di novembre. Il progetto di Ispace Europe andrà nello spazio nel 2023 e si concentrerà sulle rocce, utilizzando il micro rover al Polo Sud lunare.

La società, valutata 193 milioni di dollari secondo Pitchbook, è nata come progetto Google Lunar Xprize. Nel 2010 il fondatore e ceo della società, Takeshi Hakamada, ha assoldato quel team, che era l’unico finalista giapponese tra i cinque in gara per il progetto Xprize, e ha fondato Ispace. La divisione statunitense della società ha un altro contratto con la Nasa, del valore di 73 milioni di dollari, per trasportare i suoi servizi di carico lunare commerciale sulla Luna per le successive missioni Artemis.

“Siamo lieti di ricevere questi due premi dalla Nasa per quello che sarà un momento storico per l’umanità”, ha dichiarato Hakamada in un comunicato. “Per l’industria spaziale, così come per il potenziale di tutte le industrie sulla Terra, questo evento segna l’inizio di un’economia cislunare in base alla quale si potrà creare valore economico sulla Luna, lontano dalla Terra, ma a beneficio dell’economia terrestre”.

Secondi i programmi, Masten Space Systems si unirà a Ispace Europe nel 2023 al Polo Sud lunare. La società di Mojave, in California, fondata nel 2004, ha l’appalto più importante tra i quattro estrattori di roccia, del valore di 15mila dollari. Ha anche un contratto da 81 milioni di dollari con la Nasa per costruire un lander lunare robotico. Masten prevede di recuperare i campioni lunari con un metodo chiamato Rocket Mining System, che utilizza un motore a razzo pressurizzato per scavare nella superficie.

L’attuale situazione finanziaria della Masten potrebbe rendere tutto questo irrealizzabile. Questo mese, dopo un’estate di licenziamenti e cassa integrazione, la società ha presentato istanza di fallimento, dopo aver lottato per tenere il passo con quanto previsto dal contratto con la Nasa. L’agenzia ha dichiarato in un comunicato di avere già predisposto piani di emergenza per il caso in cui Masten “non fosse in grado di completare l’ordine”.

Satelliti grandi come scatole di cereali

Per anni i CubeSat – piccoli satelliti di ricerca – sono stati usati per l’esplorazione dello spazio, offrendo a scienziati, astronauti e ricercatori uno sguardo su ciò che accade là fuori, nell’ignoto. Questi satelliti forniscono alla Nasa un accesso relativamente economico allo spazio e il Southwest Research Institute vuole partecipare a tale attività.

Southwest Research è la società che sta lavorando al progetto CubeSat per Solar Particles. Il CuSP è un nanosatellite meteorologico delle dimensioni di una scatola di cereali e sarà uno dei dieci CubeSat che si agganceranno ad Artemis 1. Sebbene la missione Artemis sia focalizzata sulla Luna, questo minuscolo satellite si concentrerà sul Sole, studiando i venti solari diretti verso la Terra, oltre alle radiazioni e agli eventi solari. Porterà con sé tre strumenti per la misurazione del tempo spaziale. Nel 2014, Southwest Research ha stipulato un contratto con la Nasa del valore di circa 8,7 milioni di dollari per la sua partecipazione al CuSP, secondo Mihir Desai, direttore del dipartimento di ricerca spaziale, scienza e ingegneria spaziale dell’istituto.

La Southwest Research ha sede a San Antonio, in Texas, ed esiste da quasi 80 anni. È una società indipendente senza scopo di lucro, nel 2021 ha ricevuto quasi 726 milioni di dollari in finanziamenti per la ricerca e collabora con la Nasa dal 1970. La sua prima missione spaziale, nel 2000, ha inaugurato l’utilizzo da parte dell’agenzia spaziale dell’imaging della magnetosfera terrestre, che mappa la parte dello spazio controllata dal campo magnetico terrestre.

L’obiettivo dell’istituto, per quanto riguarda i suoi satelliti, è quello di costruire un sistema in grado di prevedere le cattive condizioni atmosferiche solari, potenzialmente in grado di danneggiare le comunicazioni e gli impianti elettrici sulla Terra. Secondo i Lloyd’s di Londra, un’enorme tempesta solare causerebbe danni per centinaia o migliaia di miliardi di dollari.

“Nel lungo periodo vogliamo creare una rete di osservatori meteorologici spaziali e una costellazione”, ha dichiarato Desai. “Per fare previsioni accurate di eventi solari che potrebbero potenzialmente causare danni al sistema Terra abbiamo bisogno di una rete distribuita strategicamente nello spazio interplanetario”.

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