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Un lavoratore su 3 vorrebbe la settimana corta. Ma i giovani sono scettici

Quasi un terzo dei lavoratori italiani (esattamente il 29%) vorrebbe una settimana lavorativa di quattro giorni, al posto di quella tradizionale. È questo uno dei dati più interessanti evidenziati dal Randstad Workmonitor, l’indagine realizzata da Randstad in 34 Paesi del mondo, che ha intervistato 1.000 lavoratori dipendenti di età compresa tra 18 e 67 anni in Italia (35mila a livello globale) sulle ultime tendenze del lavoro. 

E se meno di un lavoratore italiano su due (il 43%) preferisce l’opzione di giorni e orari tradizionali, il 14% vira su turni divisi, alla mattina presto e alla sera tardi, il 9% vorrebbe lavorare in orari tradizionali, ma in giorni diversi della normale settimana lavorativa, e il 6% predilige lavorare di notte.

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La settimana corta non convince i giovani

A preferire la settimana corta a sono soprattutto le persone tra i 35 e i 44 anni, il 32% del totale, percentuale che scende al 31% tra i 55 e i 67 anni, al 30% tra i 25 e i 34 anni e al 28% tra i lavoratori di età compresa tra i 45 e i 54 anni. La percentuale più bassa si riscontra tra i giovani compresi tra i 18 e il 24 anni, che vorrebbero lavorare su 4 giorni solo nel 16% dei casi. Guardando alle categorie, a prediligere la settimana corta sono più gli impiegati (favorevoli nel 32% dei casi), che gli operai (15%).

Valentina Sangiorgi, chief HR officer di Randstad

“I risultati delle prime sperimentazioni di una settimana lavorativa di 4 giorni sono interessanti, ma è difficile immaginare oggi i possibili effetti dell’introduzione su larga scala”, commenta Valentina Sangiorgi, chief hr officer di Randstad. “Di certo, il Workmonitor rivela che molti italiani sono favorevoli alla possibilità della settimana corta, ma anche che il tema è divisivo, perché le preferenze di orario sono le più diverse. In generale una nuova modulazione dell’orario di lavoro può produrre benefici per lavoratori e aziende, ma deve tenere in considerazione le esigenze di tutti: di chi ricerca un giorno libero in più, come di chi necessiterebbe piuttosto di una giornata corta, ad esempi per impegni familiari. Al di là delle mode, è importante compiere scelte organizzative in grado di soddisfare i bisogni delle persone”. 

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Fondamentale la flessibilità d’orario

L’83% dei lavoratori italiani è comunque d’accordo su aspetto fondamentale: la flessibilità di orario. Una flessibilità che, in realtà, è già sperimentata in grande parte: il 27% ha visto introdurre forme di flessibilità negli ultimi 12 mesi, dal proprio datore di lavoro, potendo stabilire autonomamente il proprio orario professionale.  Il 35% dei lavoratori italiani, infine, ritiene che un motivo valido per non accettare un’offerta di lavoro sia che questa non offra flessibilità di orario e non permetta di stabilire il proprio orario di lavoro.

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