Strategia

Internal reshuffle e quiet hiring: così le aziende devono ripensare i processi d’assunzione

Mantenere motivati i dipendenti, soprattutto i giovani, è diventato ormai più difficile che assumerli: 3 millennial e gen Z su 4 sono intenzionati ad abbandonare il posto di lavoro entro la fine dell’anno a causa della mancanza di opportunità di crescita all’interno della propria azienda. Le organizzazioni studiano nuovi percorsi di sviluppo professionale attraverso i trend globali dell’internal reshuffle e il quiet hiring, ovvero un cambio di ruolo all’interno della stessa azienda tramite programmi di upskilling e formazione.

Internal reshuffle, quiet hiring e gli altri trend globali

Questi processi crescono del 25%, ma rappresentano solo il 20% delle assunzioni. “Sono molto sottovalutati dalle aziende ma in grado di aumentare engagement e il commitment del dipendente: fondamentale la consulenza delle società di gestione del talento per abilitare questi processi”, spiega Francesca Verderio, talent acquisition manager di Zeta Service Individua.

“È davvero questo il posto giusto per la mia carriera professionale?”. Quante volte in tempi recenti abbiamo sentito o ci siamo posti questa domanda. I dati diramati dal ministero del Lavoro confermano che la percentuale di chi ha risposto “No” sta continuando a crescere: il fenomeno della great resignation e quello è ancora molto presenti in Italia visto che nei primi 9 mesi del 2022 le dimissioni volontarie sono aumentate del 22% rispetto all’anno precedente, arrivando a 1,66 milioni.

Ancor più recente ma altrettanto importante è il fenomeno del quiet qutting: una sorta di abbandono necessario motivazionale da parte dei dipendenti verso il proprio incarico che consiste nel lavorare nei tempi e nei modi indicati dal contratto, senza coinvolgimento emotiva e senza assumersi responsabilità che vadano oltre l’essenzialità delle mansioni.

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I nuovi trend

È evidente che anche per le imprese italiane ripensare i processi d’assunzione e trattenere i talenti è diventata la priorità principale: in che modo è possibile offrire ai dipendenti un’opportunità di sviluppo professionale in modo da farli rimanere più a lungo all’interno di un’organizzazione? Secondo gli esperti del settore una soluzione può essere rappresentata dai nuovi trend internazionali dell’internal reshuffle e del quiet hiring, grazie al quale le aziende riescono a ricollocare al proprio interno, con diversi compiti e responsabilità, risorse che avevano intenzione di abbandonare l’azienda per ‘nuovi lidi’ tramite programmi di upskilling e formazione.

Secondo una ricerca di Workplace Intelligence il 74% dei dipendenti Millennial e Gen Z è intenzionato a lasciare il posto di lavoro entro la fine dell’anno a causa della mancanza d’opportunità di sviluppo delle proprie competenze e, di conseguenza, della propria carriera professionale.

“Questi processi sono molto sottovalutati dalle aziende ma sono in grado di offrire molteplici vantaggi”, spiega Verderio, “Da una parte aumenta la fidelizzazione e la loyalty del dipendente che viene formato sul nuovo ruolo professionale conoscendo già le dinamiche aziendali. Dall’altra parte le organizzazioni traggono vantaggio dalla legacy verso l’azienda che i talenti mettono in campo, risparmiando tempo e costi nel reclutamento di una nuova risorsa. Senza dimenticare un vantaggio ancor più importante ovvero la dispersione del know how presente in azienda”.

Francesca Verderio
Francesca Verderio

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I dati di un report di LinkedIn

Diversi studi confermano, infatti, la validità delle strategie di talent internal mobility: secondo il Workplace Learning Report di LinkedIn, i dipendenti a cui viene data la possibilità di un nuovo incarico all’interno dell’organizzazione hanno una probabilità 3,5 volte maggiore di rimanere in azienda. Se, prima della pandemia, solo il 16% dei processi di selezione si concludeva con la riqualificazione di una risorsa interna, a partire dal 2021 la “talent mobility” aziendale è arrivata a pesare quasi il 20% delle selezioni. Si tratta di una piccola crescita (+25%) ma è il segnale che qualcosa sta cambiando.

“Qui è fondamentale il ruolo di consulenza delle società di selezione del personale”, sottolinea Verderio, “che deve abilitare questi processi nelle organizzazioni sbloccando la mentalità aziendale e avvalendosi di strumenti tecnologici di talent intelligence in grado di trovare il profilo migliore. Ogni ricerca presuppone la volontà da parte di azienda e candidato di crescere e migliorare: quando ai dipendenti già presenti all’interno dell’organizzazione viene data l’opportunità di assumere nuovi ruoli e responsabilità possono portare nuove prospettive e idee. Questo può aiutare un’azienda a rimanere innovativa e ad adattarsi ai cambiamenti del mercato”.

I desideri dei lavoratori

Il desiderio di una maggiore mobilità interna sarà un fattore chiave per favorire la fidelizzazione dei talenti in uno scenario dove, secondo uno studio internazionale ripreso da recruiter.com, il 41% dei dipendenti chiederà quest’anno un cambio di ruolo. Un altro aspetto importante su questo tema riguarda il basso engagement dell’internal mobility nei confronti dei dipendenti: solo uno su tre (33%) si sente incoraggiato a ricoprire nuovi ruoli internamente e solo uno su cinque (21%) pensa di poterne discutere con i propri manager.

Occorre però anche fare attenzione a quelli che potrebbero essere gli aspetti negativi della mobilità interna. C’è la possibilità, infatti, che possa portare a dei malumori interni danneggiando il morale del team: altri dipendenti, infatti, potrebbero sentirsi tagliati fuori dall’azienda per il fatto che sia stato scelto un altro candidato o, peggio ancora, potrebbero pensare che si tratti di favoritismo. Per questo è importante nella dinamica di selezione avere dei criteri di valutazione il più possibile chiari e trasparenti favorendo quanto più possibile l’engagement dei dipendenti: secondo la recente ricerca Workest 2 aziende su 3 (63%) affermano che mantenere i dipendenti è in realtà più difficile che assumerli. I numeri non sono migliori anche in merito al coinvolgimento dei dipendenti nelle aziende, visto che solo 2 su 10 si sentono coinvolti nel proprio lavoro, costando alle organizzazioni circa 500 miliardi di dollari all’anno.

Emerge altresì che i lavoratori riportano il timore di non rimanere competitivi all’interno del mercato del lavoro restando all’interno della stessa azienda a lungo: sempre secondo lo studio Workplace Intelligence il 78% dei lavoratori teme di non avere le competenze per fare carriera, il 58% è preoccupato che le proprie competenze siano già obsolete, mentre ben 7 lavoratori su 10 si sentono impreparati ad affrontare il proprio futuro lavorativo. “È chiaro che i dipendenti coinvolti nel loro lavoro rimarranno in azienda più a lungo, riducendo i costi di reclutamento e formazione di nuovi dipendenti. Per questo sarebbe molto riduttivo vedere la mobilità interna come quel processo che sposta i dipendenti da un reparto all’altro”, illustra la talent manager di Zeta Service Individua, “È un processo che dovrebbe includere anche il ripensamento di come sono strutturati i lavori e abbracciare la flessibilità riguardo alle responsabilità lavorative”.

I sette consigli

Vediamo allora quali soni i 7 consigli secondo gli esperti di Zeta Service Individua per valorizzare la mobilità interna all’interno delle aziende: è importante notare che questi suggerimenti non sono validi per tutte le organizzazioni, ma occorre adattarli alle esigenze e alla cultura specifiche di ogni azienda.

  1. YOUR PATH – Ogni ruolo all’interno dell’organizzazione dovrebbe avere percorsi chiari verso lo sviluppo futuro delle proprie competenze professionali. I dipendenti dovrebbero essere in grado d’identificare le loro prossime opportunità all’inizio della loro carriera per creare piani di sviluppo con i manager.
  2. ASSESSMENT – È una valutazione del personale sul potenziale presente in azienda sulle competenze e sulle carenze presenti all’interno dell’organizzazione. Questa particolare metodologia può includere interviste con dipendenti e leader aziendali, valutazioni dei processi e dei prodotti e altre attività.
  3. SUCCESS STORY E SUCCESSION PLAN – Riconoscere e premiare i dipendenti che sono riusciti positivamente a ricoprire nuovi ruoli all’interno dell’azienda e condividere le loro storie per ispirare gli altri: evidenziare questi successi permette di creare motivazione creando una cultura inclusiva.
  4. HUMAN & TECH MANAGEMENT – Sfruttare la tecnologia e lo storytelling per facilitare la mobilità interna: utilizzare i processi di job posting interno trasparenti ed efficaci, portali self-service e altri strumenti digitali per aiutare i dipendenti a trovare e candidarsi. Proporre eventi in presenza e momenti informativi rispetto alle nuove posizioni aperte in azienda come Job Café di confronto e momenti di informazione.
  5. PROGRAMMI DI FORMAZIONE E UPSKILLING– Costruire un programma di formazione e sviluppo delle competenze per le risorse presenti in azienda Così sarà possibile migliorare le prestazioni dei dipendenti acquisendo nuove conoscenze e accrescere l’engagement nei confronti dell’organizzazione.
  6. TALENT MOBILITY CULTURE – Comunicare l’importanza della mobilità interna: assicurarsi che i dipendenti siano consapevoli delle opportunità a loro disposizione all’interno dell’azienda e che comprendano i vantaggi (sia finanziari, sia altre tipologie di benefit) per perseguire tali opportunità.
  7. START FROM THE TOP – Occorre assicurarsi che i manager siano consapevoli delle capacità e dell’esperienza dei membri del loro team e cerchino attivamente opportunità per sfruttare quel talento all’interno dell’organizzazione: la spinta verso la mobilità interna deve venire dall’alto.

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