Articolo tratto dal numero di marzo 2023 di Forbes Italia. Abbonati!
Questa storia affonda le radici nel Belgio del XIII secolo, quando le birre venivano prodotte nelle abbazie. Sette secoli dopo quelle birre fanno parte del portfolio di Ab InBev, il più grande produttore di birra a livello globale con più di 500 marchi, che opera in oltre 150 paesi e vanta uno staff di circa 169mila persone. Una multinazionale che ha scelto come sede nel nostro Paese la più dinamica delle città italiane, Milano. Arnaud Hanset, belga, da più di 13 anni assiste e contribuisce al percorso di crescita di Ab InBev e da oltre due anni è amministratore delegato e country director per l’Italia.
Come sta andando la sua esperienza nel nostro Paese?
L’Italia è ormai diventata per me e la mia famiglia la nostra nuova casa. I bambini parlano in italiano e tifano il Milan. In questi anni, con il mio team, abbiamo accelerato ulteriormente lo sviluppo di Ab InBev e vogliamo continuare la nostra crescita in questo Paese. Il mercato italiano della birra in Italia ha un grande potenziale ed è cruciale nelle nostre strategie. La sede di Milano in piazza Gae Aulenti conta 240 dipendenti di 18 nazionalità diverse con un’età media di appena 35 anni, e la città è stata scelta anche come quartier generale della business unit Europa Centrale, un hub internazionale che opera verso più di 40 Paesi.
Quali sono le tendenze di mercato nel mondo della birra e come il vostro portfolio traduce queste tendenze?
La birra rimane la bevanda più amata e venduta al mondo. E continua a crescere. Questo credo sia dovuto anche al fatto che è inclusiva, prodotta con ingredienti naturali, legata al territorio e resiliente. Nel panorama dei consumi italiani, dove c’è spazio di crescita per il consumo pro capite rispetto ad altri paesi, anche europei, la birra sta guadagnando sempre più un ruolo da protagonista. È in aumento l’interesse anche per il cosiddetto beerpairing, ovvero l’arte di abbinare birra e cibo. I consumatori cercano poi la qualità, un concetto particolarmente caro agli italiani, soprattutto quando si parla di gusto e di bere. Le nostre birre sul mercato italiano traducono perfettamente queste tendenze. Corona, ad esempio, è la birra dell’aperitivo per antonomasia, il momento di relax e fuga dalla quotidianità che ci allontana dallo stress. Leffe, invece, è la birra da degustazione per eccellenza. Ha gusto, note olfattive e proprietà organolettiche diverse: con lo chef Roberto Valbuzzi stiamo studiando quali siano gli abbinamenti migliori.
Quali sono gli obiettivi 2023 di Ab InBev? E quali sono le vostre aspirazioni più a lungo termine?
A livello globale, abbiamo evoluto e semplificato la nostra strategia sul lungo periodo che ruota intorno a tre pilastri: guidare e far crescere la categoria, digitalizzare e creare valore per il nostro ecosistema, ottimizzare il nostro business. Quest’anno, in Italia, continueremo a sviluppare i nostri brand premium e superpremium in modo strutturale e coerente. Nella gdo, poi, i nostri sforzi saranno indirizzati verso la traduzione della nostra visione della categoria a scaffale, mentre nell’horeca vogliamo ulteriormente rafforzare la cultura della spillatura con Stella Artois.
Attenzione alle persone, alla sostenibilità ambientale e al sociale: negli ultimi anni diversi fattori, oltre a quelli puramente economici, hanno iniziato ad acquisire sempre più importanza per le società. Come sono andati i vostri ultimi due anni e mezzo sotto questo punto di vista?
Lavorare in Ab InBev significa sognare in grande, con e per le persone. Il nostro scopo è quello di riflettere, al nostro interno, la diversità che caratterizza i nostri consumatori. Lo scorso anno, ad esempio, abbiamo portato a termine un programma di coaching e empowerment con i nostri talenti femminili. Non solo, in Ab InBev compiamo quotidianamente passi in avanti verso l’inclusione. Siamo vicini ai dipendenti che diventano genitori attraverso una policy aziendale per il congedo parentale migliorativa rispetto alla normativa italiana. Inoltre, abbiamo una strategia di ascolto delle nostre persone più che strutturata, con un annual engagement survey e due pulse survey per capire se i progetti in corso stiano sortendo gli effetti desiderati o se ci siano modifiche da attuare.
E per quanto riguarda l’ambiente?
La sostenibilità non è parte del nostro business, è il nostro business. Leffe, Stella Artois, Bud e Beck’s saranno i primi tra i brand AB InBev venduti in Italia a essere prodotti con net zero nel 2028, con l’ambizione di conseguire a livello globale l’obiettivo del net zero nella nostra value chain entro il 2040. Ci impegniamo a produrre le migliori birre utilizzando gli ingredienti naturali più pregiati. Una delle nostre priorità è quella di avere un impatto positivo sulle comunità locali con cui lavoriamo. Collaboriamo con loro per risolvere sfide urgenti e il nostro obiettivo è creare opportunità e un influsso positivo e significativo lungo tutta la catena del valore. I nostri clienti o fornitori imprenditori svolgono nei territori di riferimento un ruolo fondamentale. Vogliamo sostenerli e rafforzare il loro sviluppo e la loro crescita.
Un altro tema in cui Ab InBev si è distinta è il bere responsabile. Quali iniziative state portando avanti in Italia?
In quanto maggior produttore birrario mondiale, crediamo che nessun impegno contro il consumo dannoso di alcol sia più importante del nostro. Vogliamo, e dobbiamo, essere parte della soluzione, non del problema. Tra i nostri compiti c’è proprio quello di influenzare i comportamenti in maniera più consapevole. ‘Il gusto per il bere responsabile’ sintetizza perfettamente la nostra anima in Italia. Lo abbiamo affrontato con talk, degustazioni e apprendimento esperienzale, coinvolgendo istituzioni, docenti universitari, clienti e giornalisti, affinché il messaggio di responsabilità sia il più esteso possibile. E molto deve ancora venire. La birra è passione, condivisione, gusto. E vogliamo che ogni esperienza con le nostre birre sia positiva.
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