Articolo tratto dall’allegato Small Giants del numero di ottobre 2023 di Forbes Italia. Abbonati!
L ’economia circolare è la chiave di questo progetto. Una storia tutta italiana che parte da Trieste con lo scopo di ridurre gli sprechi alimentari attraverso l’upcycling. Thrst Bread Blonde Ale è infatti una birra che nasce dal pane, artigianale e ad alta fermentazione, che dice no ai processi di filtrazione e pastorizzazione.
La sua peculiarità sta nella sostituzione di circa il 25% del malto (ingrediente fondamentale per la produzione di questa bevanda) con il pane invenduto. Una bevanda che, nonostante la sua gradazione alcolica di 5,5 gradi, rimane fresca e beverina, grazie alle note aromatiche del lievito utilizzato, che donano alla birra anche una piacevole secchezza finale.
E poi presenta una leggera torbidità, derivante dall’aggiunta proprio del pane. Ha la particolarità di essere leggermente dolce con un retrogusto vagamente acidulo, quasi simile ad una birra Weizen. Una realtà made in Friuli, che crede nell’importanza di riscoprire il prodotto locale dando supporto alle piccole realtà, come i panifici con cui collabora.
Ma in cosa consiste il processo di upcycling utilizzato da questa azienda? È la trasformazione di sottoprodotti, materiali di scarto, prodotti inutili o indesiderati in nuovi materiali o beni percepiti di maggiore qualità, con un valore artistico o ambientale.
“Noi della Thrst crediamo che lo spreco alimentare sia uno dei problemi più importanti della nostra generazione”, spiegano dall’azienda. “Il pane è oggi uno degli alimenti più utilizzato ma anche più sprecato. Abbiamo pensato a un modo per impiegare un prodotto che viene considerato scarto, dandogli una nuova vita”.
Insomma, una realtà aziendale con un forte credo nell’ambito della sostenibilità. Ambasciatrice di questo progetto è la giovane fondatrice e ceo Ivana Podobnik, che abbiamo raggiunto per un’intervista.
Una scelta coraggiosa avviare il progetto durante la pandemia. Cosa vi ha spinto a partire con questa avventura?
È tutto nato da un gruppo di amici che condividevano la passione per l’arte brassicola. Dopo anni di ricerche, esperimenti, fallimenti e inaspettati successi, siamo riusciti a produrre la nostra prima birra ricavata dal pane. Da quel momento in poi abbiamo deciso di costituire la nostra società, a fine 2019. Come tutte le iniziative imprenditoriali, abbiamo incontrato nel nostro percorso momenti di grande soddisfazione alternati a periodi meno positivi. Senza ombra di dubbio l’ostacolo più difficile è stato quello legato alla pandemia, che è arrivata subito dopo l’inizio della nostra avventura imprenditoriale. Nonostante ciò, motivati da una vera e autentica passione e sicuri che le tutte difficoltà che avremmo incontrato avrebbero soltanto rafforzato i nostri convincimenti, abbiamo testardamente proseguito lo sviluppo del nostro progetto. Tre anni dopo siamo arrivati a questo punto, veramente molto felici della scelta che abbiamo fatto.
Thrst: perché avete scelto questo nome?
Nasce da un’intuizione, che mira a valorizzare le caratteristiche mitteleuropee e multiculturali della nostra città: Trieste. Una parola che gioca sui significati e l’orecchiabilità del nome stesso. Thrst è infatti un gioco di parole tra Trst (‘Trieste’ in lingua slovena) e thirst, ‘sete’ in inglese.
Quali sono i passaggi nella produzione della vostra birra?
Viene prodotta utilizzando gli ingredienti tradizionali quali malto, lievito e luppolo. La caratteristica unica della ricetta che abbiamo sviluppato è quella di sostituire una componente di malto utilizzato con il pane raffermo, che recuperiamo attraverso una rete di panificatori artigianali sparsi in tutto il territorio regionale friulano. La collaborazione con questi panifici, determinata dalla necessità di reperire la materia prima, è sempre stata condizionata dal mantenimento di standard di qualità che non inficiassero sul risultato della produzione. Sotto questo punto di vista siamo stati fortunati perché tutti i panifici con cui abbiamo instaurato un rapporto ci hanno sempre fornito una materia prima di alta qualità. L’aspetto relativo alla ricerca dei nostri fornitori è in assoluto la parte che preferiamo. Ci ha consentito di entrare in contatto con delle meravigliose realtà che mirano a generare qualcosa di innovativo nel nostro territorio, creando una rete di imprese che valorizzi tutti noi. Condividiamo insieme un progetto virtuoso che ha come obiettivo la riduzione dello spreco alimentare, un esempio di economia circolare.
Avete delle sovvenzioni dallo stato?
Durante il periodo del Covid abbiamo utilizzato quelli che erano gli strumenti d’aiuto alle imprese, ma da quel momento in poi abbiamo operato in assoluta autonomia.
Da chi è partita l’intuizione di utilizzare il pane per la produzione della birra?
L’idea è nata da un birrificio inglese che da anni si impegna in campagne zero waste. Tale iniziativa è stata concepita nell’ottica del grave problema legato allo spreco alimentare, nello specifico dello spreco del pane. Questa azienda è stata la fonte che ha ispirato lo sviluppo del nostro progetto. Volevamo portare sul territorio quest’idea di sostenibilità, far capire alle persone che il prodotto non più utilizzabile, come può essere il pane, non è necessariamente un ingrediente da buttare via, bensì una risorsa, un prodotto che merita una seconda vita.
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