Alberto Galassi Ferretti Group
Business

Alberto Galassi, il manager dei due mondi che ha risollevato il gruppo Ferretti e l’ha portato al miliardo di fatturato

Dall’azzurro intenso del cielo – da piccolo sognava di fare il pilota di aerei – a quello limpido del mare. Con un unico obiettivo: seguire rotte inesplorate e disegnare nuove frontiere commerciali, rivoluzionando il settore della nautica e salvando dalla tempesta il gruppo Ferretti. Quello dell’avvocato Alberto Galassi, amministratore delegato di Ferretti group, è un viaggio professionale all’insegna del coraggio e della passione. La stessa passione che l’ha portato ad accettare la sfida, per molti impossibile, di ridare forza allo storico marchio Riva, fondato nel 1842 a Sarnico e parte del gruppo Ferretti dal 2000, e di diventare il timoniere di una delle più importanti aziende nautiche nel mondo. Un gigante con brand come Pershing, Itama, Crn, Custom Line e Wally, sette stabilimenti produttivi (tutti concentrati in Italia), oltre 1.800 dipendenti diretti, con un indotto di circa quattromila, 1,03 miliardi di euro di ricavi registrati nel 2022 (+14,6% rispetto al 2021) e un portafoglio ordini che, nel primo trimestre del 2023, ha quasi raggiunto quota 1,5 miliardi di euro (+15,4% rispetto all’ultimo trimestre del 2022).

Numeri corroborati da un altro storico viaggio: quello che ha portato, in soli 15 mesi, il gruppo Ferretti nell’esclusivo club delle società dual listed. Prima con lo sbarco alla Borsa di Hong Kong – la società è stata salvata nel 2012 dall’acquisizione del colosso cinese Weichai Power, ancora oggi azionista di controllo – e poi, il 27 giugno, nel suo porto naturale: quello di Borsa Italiana, con una capitalizzazione di mercato di un miliardo di euro.

L’operazione ha suscitato l’interesse di importanti investitori istituzionali italiani e internazionali. Due su tutti: Karel Komarek, fondatore del gruppo Kkcg, e Danilo Iervolino, azionista di controllo di Bfc Media (casa editrice che pubblica l’edizione italiana di Forbes) e dell’Espresso Media, che, in qualità di anchor investor, hanno sottoscritto il 35,4% delle azioni in offerta. “Vedere salire a bordo imprenditori del calibro di Iervolino e Komarek, oltre al fondo sovrano di Abu Dhabi, è un grande onore per la società. Con il loro interesse, questi investitori dimostrano di conoscere il nostro potenziale, la nostra mission, le nostre persone”, racconta Galassi, che da bambino sognava di diventare un pilota dell’Aeronautica militare. Un sogno che in un certo senso si è realizzato con la presidenza di Piaggio Aero Industries, prima di entrare in Ferretti.

Dai cieli al mare. La sua è una storia all’insegna della scoperta e del viaggio.
Sicuramente è stato un viaggio inaspettato. Da appassionato e cliente del marchio Riva, tutto mi sarei aspettato tranne che di diventarne il timoniere. Epiteto, peraltro, che mi dedicò lo stesso Carlo Riva in una foto del 2014 che conservo ancora nel mio ufficio.

Come è arrivata questa opportunità?
Per puro caso. Nel 2013 il gruppo Weichai era diventato sponsor della Ferrari in Formula 1 ed era entrato in contatto con Piero Ferrari, al quale chiese cosa pensasse del suo recente investimento in Ferretti. La risposta fu molta chiara: non andava bene nulla, né le persone, né il prodotto, ritenuto non innovativo e non all’altezza delle richieste dei clienti. Gli chiesero quindi di far parte del cda come consigliere indipendente. Anche in quel caso, però, la risposta fu negativa.

Fu quindi Ferrari a suggerire il suo nome?
Sì, perché conosceva la mia passione e la mia competenza come armatore, dato che in passato avevo comprato diverse barche e vedevo il mondo della nautica dal punto di vista di un cliente. Così, a fine 2013, il presidente Xu Xinyu mi nominò consigliere indipendente.

Una grande sfida.
Assolutamente sì, anche perché l’azienda era in grossa difficoltà, i prodotti erano sbagliati e la strategia commerciale era scellerata. Lo dissi chiaramente all’azionista di riferimento, che mi chiese: ‘Qual è la terapia per salvarla?’.

E lei che cosa rispose? 
Capitali, così da ricostruire interamente la gamma prodotti; un management nuovo e competente; tempo, perché l’azienda doveva essere totalmente rifondata. Loro dissero di sì a tutto e, anzi, mi chiesero di diventarne la guida. Una proposta che mi fece entrare in crisi, perché non c’era nulla di positivo in azienda. Sono stati i tre mesi più difficili e incerti della mia carriera.

Poi però ha accettato. Deve ringraziare qualcuno per questa scelta?
Mia moglie. È stata l’unica a credere in questo progetto e in me. Mi disse: ‘Se c’è una persona che può salvare questo marchio, questa azienda, sei tu’. Sapeva del mio amore per il marchio Riva e mi convinse. E in effetti il suo istinto aveva ragione.

E che cosa fece per prima cosa?
Partii dalle persone, costruendo un manipolo di centurioni pronti a lottare insieme a me. Due su tutti: Stefano de Vivo e Giordano Pellacani, attuali chief commercial officer e sales & marketing director custom business. Li scelsi per un motivo curioso: furono loro a vendermi le mie prime barche. Lo fecero con così tanta professionalità, competenza e onestà che mi convinsero a ripartire da loro.

Quanto sono importanti le persone all’interno di Ferretti?
Sono il fulcro dell’azienda. Sono loro, con le loro qualità, a renderla unica. Poi vengono gli investimenti e i prodotti, perché sono una naturale conseguenza.

E i giovani?
Sono linfa vitale e il nostro top management lo dimostra. Bisogna lasciare spazio a loro e alle donne. Non bisogna avere paura, bisogna dare loro fiducia e affidare loro le chiavi del successo, perché sono il futuro dell’azienda. L’età non conta. Sono la testa, la qualità della persona e la maturità a fare la differenza.

Un pensiero estero, più che italiano.
Io ho avuto la fortuna di studiare, di viaggiare e di lavorare all’estero. Questo probabilmente mi ha permesso di pensarla in questo modo. Anche perché c’è un’altra grande differenza con il nostro Paese: la meritocrazia. All’estero non esistono i ‘figli di’, è il merito a dettare legge. Un principio che, per fortuna, anche qui in Italia a poco a poco sta prendendo forza.

Ma è solo questo il problema dell’imprenditoria in Italia?
Un altro è quello del ricambio generazionale. Non sempre la generazione successiva è forte, audace e visionaria come quella che ha fondato e guidato la società. Molti ancora non lo capiscono. Non è obbligatorio essere manager solo perché è l’azienda di famiglia. Bisogna avere anche il coraggio di lasciare a qualcun altro le redini della società. Questo non significa abbandonarla. Anzi, si può essere azionisti e proprietari senza avere un incarico manageriale. Sono due ruoli completamente diversi.

Chi ha una visione imprenditoriale fuori dagli schemi è sicuramente Tan Xuguang, presidente di Weichai. Che rapporto ha con lui?
Bellissimo. Perché, oltre a essere un grande leader, è una persona leale, capace di trasformare le sue promesse in realtà. Un aneddoto: non ho mai letto i miei rinnovi contrattuali. Ho sempre firmato in fiducia. Penso che, prima o poi, finiremo insieme questa avventura. Anche se non so quando, perché mi sto divertendo e non riesco a smettere.

Anche la doppia quotazione in 15 mesi è stata divertente?
Quella forse no. Perché sono stati 15 mesi folli, soprattutto in un contesto macro-economico complesso: la crisi a causa della guerra, l’aumento dell’inflazione e dei costi delle materie prime, i mercati instabili e volatili. Non ci siamo fatti mancare niente. Credo di aver espiato tutti i miei peccati in questo periodo.

Ma ce l’avete fatta.
Con grande orgoglio e soddisfazione. Anche perché siamo riusciti a connettere due autorità governative, quella di Hong Kong e quella italiana. Siamo stati apripista in questa direzione. Quindi sì, nonostante tutto, è stato bellissimo.

Che cosa si aspetta dai prossimi mesi?
Il 2023 sarà il nostro miglior anno in assoluto. A dimostrazione del fatto che il meglio deve ancora venire.

Anche sul campo? Da quando il City Football Group, del cui cda è membro, ha acquisito il Palermo Calcio, lei è diventato consigliere d’amministrazione della società.
Per la prossima stagione, l’obiettivo è la Serie A. È quello il palcoscenico che merita la società. Sia per la storia della squadra e della città che per i tifosi. Quando siamo arrivati, siamo stati chiari fin dall’inizio: consolidare il primo anno e puntare alla Serie A dall’anno successivo. E così faremo. Quest’anno ci divertiremo e avremo un obiettivo chiaro in testa: arrivare almeno tra le prime quattro del campionato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .