Articolo tratto dal numero di settembre 2023 di Forbes Italia. Abbonati!
Ben 1.300 km chilometri separano Capriolo, provincia di Brescia, da Londra, terza città più estesa d’Europa e polo economico e culturale planetario ambito da moltissimi giovani. La City, più di ogni altra città europea, detiene un patrimonio artistico di grandissima qualità e raffinata bellezza, e le possibilità di esprimersi attraverso l’arte sono svariate.
La musica è una di queste e per Marta Salogni, in un’epoca già di per sé difficile in cui l’industria musicale ha pensato di costruire prima i prodotti e poi i personaggi a tavolino, ha rappresentato da subito una svolta. “Determinazione, passione e voglia di avere un piano A che non ha mai previsto un piano B”, dice.
“Sapevo cosa volevo fare e cosa mi ha sempre spinto a farlo. E la voglia di sperimentare non avrà mai fine: per me lo studio del suono sarà sempre un viaggio infinito”.
Da Magazzino 47 al premio Best producer
Al di là della facile retorica, per raggiungere un obiettivo occorre prima di tutto conoscerlo a fondo e poi desiderarlo fortemente. Perché se non si ha ben in mente ciò che si vuole, è difficile individuare la giusta strategia per ottenere risultati – soprattutto in tempi in cui flessibilità e mercato globale richiedono una forte competizione.
“Sono partita da Capriolo, paese di ottomila abitanti, e mi sono trasferita a Brescia per studiare al liceo classico: lì ho ampliato i miei orizzonti e ho iniziato a forgiarmi al Magazzino 47. Nel retro mi sono imbattuta in un vecchio Yamaha analogico. E lì ho scoperto un mondo. Era questo l’unico modo per fare parte ‘dell’azione’ e della ‘performance’, senza esibirmi in pubblico. Amavo quella dimensione così terribilmente intima”.
Marta Salogni oggi è una moderna artista dei nostri tempi. È una sound engineer, diventata una personalità del mixer e dello studio di registrazione. Ha lavorato lavorare al fianco di Björk e Depeche Mode, raccogliendo in ognuno di loro la genialità musicale per rielaborarla come se fosse creta.
Lo scorso anno ha conquistato l’ambito Best producer agli Mpg Awards in Gran Bretagna. A Londra, così come in tante grandi città europee, i cambiamenti tecnologici hanno inesorabilmente apportato stravolgimenti anche al mondo dell’arte.
L’avvento della tecnologia
La musica cammina all’unisono con la società: si è passati da una fase hardware a una realtà software dove l’oggetto commerciale solido si è tramutato in qualcosa di liquido. “La digitalizzazione ha democratizzato il consumo degli ascoltatori e ha contestualmente avvicinato i giovani all’artigianalità dei suoni: chiunque può comprare una scheda audio e registrare un disco”, racconta Salogni.
“Non è la qualità degli strumenti a fare un gran lavoro ma è l’intenzione al concetto che si vuole dimostrare. L’arte ha dietro un pensiero deciso, chiaro e nitido. L’avvento delle tecnologie è un fattore positivo. La musica deve essere democratica ma i diritti di chi lavora devono essere ben distribuiti. Lo streaming non ha ben definito queste logiche ed è surreale che non esista una corretta distribuzione nei compensi”.
La scelta di un posto in cui vivere dipende da molte variabili e le più comuni sono: lingua, costo della vita e possibilità future. In Inghilterra il numero d’italiani è più che raddoppiato negli ultimi anni e i numeri si attestano a quasi mezzo milione con quasi la metà di essi che vivono nella sola Londra nonostante la Brexit e la crisi economica. A crescere in maniera esponenziale.
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