
La transizione verso un’economia sostenibile ha messo a dura prova le aziende, che fanno fatica a trovare i professionisti necessari (94%) e i talenti di cui hanno bisogno per raggiungere i propri obiettivi Esg (75%). Se a livello globale solo 1 lavoratore su 8 possiede più di una competenza “green”, è il nostro Paese a presentare le maggiori carenze.
Ad affermarlo è il report Building Competitive Advantage with A People-First Green Business Transformation presentato da ManpowerGroup al World Economic Forum di Davos, che ha coinvolto circa 40mila datori di lavoro e oltre 5mila persone in 41 Paesi.
Il percorso verso un’economia più sostenibile, promosso da consumatori, investitori e istituzioni, accelererà la trasformazione verde delle aziende e porterà a un aumento delle opportunità di impiego nell’ambito della sostenibilità, creando fino a 30 milioni di nuovi posti di lavoro nel mondo entro il 2030.
Lo studio rivela un sostanziale divario tra gli ambiziosi target di riduzione delle emissioni e l’accesso ai talenti “verdi” necessari per raggiungere gli obiettivi ambientali. Secondo il report, il 70% delle aziende di tutti i settori pianifica di assumere talenti nell’ambito della sostenibilità, i cosiddetti green jobs.
Le intenzioni di assunzione più forti (81%) sono state riscontrate nel settore dell’energia e dei servizi pubblici, seguito dai comparti information technology (77%) e servizi finanziari (75%), mentre i talenti verdi più ricercati sono quelli attinenti alle funzioni della produzione (36%), di operations e logistica (31%), It (30%), vendite e marketing (27%), ingegneria (26%), amministrazione (25%) e risorse umane (25%).
Secondo quanto emerge da un secondo studio presentato da ManpowerGroup e Cepsa – leader nel settore energetico in Spagna – solo in Europa si calcolano oltre 1,7 milioni di nuovi posti di lavoro “verdi” entro il 2040 grazie allo sviluppo di molecole verdi, come l’idrogeno e i biocarburanti, nell’ambito della transizione energetica.
Tuttavia, il rapporto rivela che la transizione richiederà la riqualificazione e l’aggiornamento del 60% dei professionisti per dotarli delle competenze cruciali necessarie a soddisfare la crescente domanda verde. L’Italia, la Spagna e la Germana sono tra i Paesi che presentano le maggiori carenze di competenze, da affrontate attraverso la formazione professionale, gli strumenti di mappatura della forza lavoro e i partenariati pubblico-privati.
Lo studio evidenzia inoltre l’aumento della partecipazione delle donne ai lavori della green economy, anche se inferiore al 40% nella maggior parte dei Paesi. Rappresentano un caso isolato Spagna e Italia, dove si prevede che le donne ricopriranno oltre il 50% dei posti di lavoro verdi diretti entro il 2040.
Tra le figure più ricercate nell’ambito dell’efficientamento energetico troviamo tecnici manutentori, ingegneri delle infrastrutture e civili e progettisti di impianti, olto richiesti anche nell’ambito del fotovoltaico. In questo settore sono strategici anche i manutentori e gli installatori di impianti.
Nel comparto automotive/assemblaggio veicoli elettrici i più ricercati sono i tecnici manutentori, oltre ai tecnici dedicati al controllo di qualità e agli ingegneri di prodotto. Come detto in precedenza, le competenze verdi scarseggiano tra i professionisti. Tra i principali ostacoli citati dalle aziende, si evidenziano il reperimento di candidati qualificati (44%), la creazione di programmi di riqualificazione efficaci (39%) e l’identificazione di competenze trasferibili (36%).
Tuttavia, resta fondamentale mettere al centro le persone, accompagnando allo sviluppo di tecnologie green un adeguato investimento sulle competenze:
“Le aziende, per promuovere la sostenibilità e dotarsi dei profili green di cui hanno sempre più bisogno, devono mantenere le persone al centro. È essenziale che gli sforzi verso tecnologie green siano accompagnati da adeguati investimenti in upskilling e reskilling, riqualificazione e aggiornamento delle competenze”, afferma Daniela Caputo, marketing, communication e innovation director di ManpowerGroup.
“Solo così potranno garantire una transizione efficace verso un futuro più sostenibile. I leader d’azienda che pongono l’accento sullo sviluppo delle competenze delle persone come elemento centrale delle loro strategie net-zero possono favorire sia gli azionisti che gli stakeholder. Le aziende che trascurano questo aspetto rischiano di perdere talenti e risorse cruciali”.
Si calcola un tasso di assunzione medio per le persone con almeno una competenza verde superiore del 29% rispetto alla media, mentre il numero di annunci di lavoro che ne richiedono almeno è cresciuto del 15% nel 2023 rispetto all’anno precedente. Sotto questo aspetto, si registrano differenze sostanziali a seconda dei diversi gruppi di lavoratori: il 70% dei ruoli impiegatizi si dichiara pronto ad abbracciare la transizione verde, mentre solo il 57% dei ruoli legati alla produzione afferma lo stesso.
Differenze emergono anche a livello settoriale: i lavoratori dei comparti information technology (75%) e servizi finanziari e immobiliare (74%) sono i più pronti ad accogliere le prossime trasformazioni in ambito sostenibilità. Allo stesso tempo, i lavoratori dei settori energia e utility (64%) e trasporti, logistica e automotive (62%) risultano meno ottimisti.
In generale, la maggior parte dei lavoratori è ottimista sulla transizione verde e, nel valutare un’opportunità di lavoro, analizzano sempre più spesso i progressi che le aziende hanno fatto in campo ambientale. A livello generazionale si riscontrano delle discrepanze tra lavoratori, con una maggiore attenzione al tema sostenibilità da parte dei più giovani. Se infatti un terzo (32%) delle persone appartenenti alla Gen Z crede che i lavori verdi saranno contraddistinti da una retribuzione più elevata, solo il 14% dei Baby Boomers condivide questo pensiero.
Infine, il 71% dei componenti della Gen Z e il 60% dei Millennial ritiene che le iniziative verso un mondo più sostenibile miglioreranno il loro lavoro, rispetto ad appena il 44% dei Baby Boomers. Rispetto alle altre generazioni, i giovani intravedono maggiori opportunità di sviluppo della propria carriera, con il 35% della Gen Z e il 34% dei Millennial che lo considerano uno dei principali vantaggi della transizione.

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