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Così Tim ha lanciato il suo primo microprocessore crittografico made in Italy

Articolo di Antonio Monreale apparso sul numero di febbraio 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Un progetto interamente made in Italy per inseguire la rivoluzione attivata dall’intelligenza artificiale ed elevare la sicurezza in diversi ambiti: dai dispositivi mobili alle smart city, dalle infrastrutture cloud all’internet of things, fino ai sistemi di difesa. Si chiama Secure Microchip, il primo microprocessore crittografico lanciato da Tim, un nuovo strumento per rafforzare l’autonomia e la sovranità tecnologica nel quadro delle strategie di cybersicurezza nazionali ed europee, in un contesto in cui gli attacchi hacker, in continuo aumento, sono una costante minaccia per i cittadini e le aziende. In particolare, il microprocessore rappresenterà “una risposta concreta anche alle esigenze di sicurezza delle piccole e medie imprese e per tutti quei soggetti che, a breve, dovranno dotarsi di sistemi più solidi o adeguarsi agli stringenti requisiti di cybersicurezza contenuti nel Cyber Resilience Act e nelle Direttive Ue Nis2 e Cer”, evidenzia Tim.

Prodotto da una filiera tutta europea, in collaborazione con importanti aziende del settore, e ideato da un gruppo di ingegneri italiani di Telsy, società del gruppo focalizzata sulla sicurezza crypto e cyber che opera nell’ambito di Tim Enterprise, il microprocessore è stato progettato per essere utilizzato in diversi ambiti: civile, militare, industriale e protezione di infrastrutture critiche, come binari ferroviari, reti elettriche, idriche e dighe. A questi si aggiungono i contesti sempre più diffusi di internet of things, a partire dalle smart city, con la protezione dei dati di sensori o telecamere in aree urbane ed extraurbane.

Guardando al settore industriale, il Secure Microchip tutela l’intero ciclo produttivo attraverso l’integrazione di un sistema crittografico con avanzate funzionalità di cybersecurity, garantendo la sicurezza del dialogo tra apparati (machine to machine). “Siamo un’azienda viva e che innova, continuiamo a giocare un ruolo da leader del nostro Paese. Con tutte le difficoltà di un contesto macroeconomico complesso, abbiamo il coraggio di continuare a investire in ogni ambito. Con questo progetto confermiamo il nostro ruolo di azienda a servizio del Paese e continuiamo a parlare di industria e innovazione”, dice Pietro Labriola, amministratore delegato di Tim, che ha presentato il progetto alla presenza di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in  Italy, Federico Eichberg, capo di gabinetto del ministero delle Imprese e del made in Italy, Elio Schiavo, chief enterprise and innovative solutions officer di Tim, ed Eugenio Santagata, chief public affairs and security officer di Tim e amministratore delegato di Telsy. Che si è soffermato sull’alta sicurezza offerta dello strumento. “Il microchip ha processi all’interno che ne garantiscono una blindatura fisica a livello di hardware e sul piano crittografico, grazie alla progettazione di chiavi che sono resistenti anche all’avvento della tecnologia quantistica. Nessuno, realisticamente, può aprire il microchip e capire cosa ci sia all’interno. Il concetto di sovranità nazionale può essere molto ampio, ma siamo soddisfatti perché con questa iniziativa lo decliniamo in maniera concreta e semplice”.

Integrabile in diversi scenari, la soluzione soddisfa i più avanzati standard di security by design e garantisce l’affidabilità delle comunicazioni crittografate. In sintesi, è un ‘atomo di sicurezza’ (root of trust) tutto italiano che permette di tutelare tutti i sistemi informatici o di comunicazione che trattano informazioni sensibili o confidenziali. Nell’ambito dei sistemi di autenticazione, il microprocessore può generare token di crittografia per accedere in sicurezza dai dispositivi mobili e da pc ai dati e ai servizi in cloud, come le applicazioni di business o di pubblica utilità per il cittadino. “Vogliamo rendere le città più accessibili, vivibili e sicure”, dichiara Schiavo. “Questo microchip affronta un problema sempre più rilevante, che è quello del cybercrime, un fenomeno con un trend in crescita, aumentato del 40% solo nell’ultimo anno. L’Italia registra il 9,6% degli attacchi”.

Il Secure Microchip può essere integrato nei server, nel caso in cui i servizi e l’infrastruttura informatica si trovino in un contesto di cloud privato. Tra i casi d’uso, i servizi della pubblica amministrazione come l’identità digitale o i sistemi finanziari e di home banking. “La digitalizzazione del sistema Paese non passa solo dalla costruzione di infrastrutture in fibra, ma anche dallo sviluppo di una serie di servizi per la pubblica amministrazione, per le famiglie e per le imprese”, aggiunge Labriola. “Lavoriamo per mettere a disposizione servizi all’avanguardia. In particolare, per le grandi aziende la sicurezza è un tema fondamentale. Il microchip progettato dai ricercatori di Telsy è una tecnologia tutta italiana, residente in Italia, che garantirà la massima sicurezza per l’accesso e la trasmissione dei dati. In un contesto di globalizzazione, vogliamo essere leader anche sul fronte della cybersicurezza”.

Alle parole di Labriola fanno eco quelle di Urso: “Il microchip made in Italy dimostra la vitalità industriale di Tim e simboleggia la sovranità tecnologica che vogliamo perseguire, anche per tutelarci da nuovi rischi e contrastare il cybercrime. Questa amministrazione è impegnata sul fronte della digitalizzazione dei servizi e dei settori produttivi, come dimostra l’utilizzo delle risorse del Pnrr”. 

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