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Food & Beverage

Carlo Petrini: “Contro malnutrizione, obesità e cambiamento climatico? L’educazione alimentare nelle scuole è fondamentale”

In un periodo in cui le sfide ambientali e i problemi di salute pubblica sono sempre più frequenti, non è mai stato così fondamentale promuovere un’educazione consapevole su alimentazione, ambiente e stili di vita salutari. A dimostrare questa consapevolezza ci sono diverse iniziative politiche, come la proposta di legge del presidente della Commissione difesa della Camera dei deputati, e private, come il recente appello partito da Rosolini, in Sicilia, con la partecipazione di importanti personalità del settore come Giorgio Calabrese e Salvatore Latino.

Ma c’è qualcuno che su questi temi si basa da sempre e questa organizzazione è senza dubbio Slow Food. Il fondatore Carlo Petrini evidenzia, infatti, l’importanza dell’educazione alimentare nelle scuole come strumento fondamentale per contrastare l’ignoranza sul cibo e le sue implicazioni sulla salute e sull’ambiente.

Perché è cruciale inserire l’educazione alimentare come insegnamento obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado? Quali benefici a lungo termine prevede per la società italiana?

Fino a qualche decennio fa, le conoscenze che stanno alla base dell’alimentazione passavano dai genitori ai figli. Il distaccamento delle nostre società dalla produzione del cibo, quindi l’allontanamento da ciò che più di altra cosa ci lega alla natura, ha generato come effetto l’inconsapevolezza di ciò che portiamo sulle nostre tavole quotidianamente. Tutto ciò ci ha reso schiavi delle pratiche commerciali e di marketing spesso volte al solo profitto delle aziende, e totalmente incuranti della salute degli individui e del Pianeta. Risultato: oggi conosciamo il solo prezzo e ignoriamo il vero valore del cibo. Educare i giovani non solo sul come alimentarsi, ma su come scegliere il cibo, sul rispetto della stagionalità, sull’impatto negativo degli alimenti ultra processati in tema di salute, sul non sprecare, sull’importanza della biodiversità (anche all’interno della singola dieta), sulle implicazioni sociale e di geopolitica e su molto altro ancora, è determinante per sovvertire tutte le gravi crisi che toccano da vicino il sistema alimentare.

A quali crisi si riferisce?

Ai miliardi di malnutriti (800 milioni per fame, oltre un miliardo per sovrappeso) e al tasso di obesità infantile in continua crescita in tutta Europa. E badiamo bene, proprio il nostro Paese, riconosciuto a livello mondiale come la patria del made in Italy, è a guidare questa triste e perversa classifica con ben il 42% della popolazione in sovrappeso nella fascia di età tra i 5 e i 9 anni. Ma voglio anche sottolineare un altro aspetto forse ancor più preoccupante: la crisi climatica, la quale vede l’immenso comparto del cibo come vittima e carnefice. Se da una parte il cambiamento atmosferico sta mettendo in ginocchio interi territori a causa dei suoi effetti (siccità, desertificazione, eventi atmosferici sempre più impattanti, etc.), dall’altra, possiamo dire con certezza che il principale responsabile di emissioni di gas climalteranti è proprio il sistema alimentare globale, che produce ben il 37% della CO2 totale. Per cambiare tutto ciò è necessario fornire i corretti strumenti cognitivi alla società civile. Solo attraverso l’educazione alimentare possiamo conoscere tutte le dinamiche che stanno dietro la produzione, la trasformazione e l’assimilazione di cibo, migliorando così lo stato di salute degli individui e del Pianeta.

Uno dei problemi attuali nel settore alimentare è la grande disinformazione e il fenomeno del greenwashing. Come pensa che l’educazione alimentare possa aiutare i cittadini, specialmente i giovani, a distinguere tra informazioni accurate e fuorvianti riguardo al cibo?

Una società più avveduta in tema alimentare è in grado di riconoscere le fake news e le menzogne di chi si fa paladino della sostenibilità solo per vendere di più. L’educazione alimentare, per sua stessa natura, richiede un approccio che possiamo definire interdisciplinare. Ecco che per formare sin da giovani le nuove e le future generazioni bisognerà fornire loro una conoscenza a 360° sul mondo del cibo.

Parlare di valori nutrizionali senza approfondire le pratiche agricole e di produzione risulterebbe un insegnamento parziale e incompleto. Così come per rendere più efficace la lettura di un’etichetta è necessario approfondire il valore storico culturale di quel prodotto: se le logiche di produzione che ne sottendono sono rispettose dei lavoratori; se per produrlo sono stati violati dei diritti; e se il prezzo di vendita garantisce un giusto guadagno a chi ha fornito le materie prime.

In diverse occasioni ha detto che la produzione agroalimentare può provocare gravi ingiustizie sociali e danneggiare il pianeta. In che modo l’educazione alimentare può contribuire a mitigare questi impatti negativi e promuovere un sistema alimentare più equo e sostenibile?

Sapere di cibo non vuol dire solo conoscerne il gusto, il tempo di cottura o il migliore abbinamento sotto il punto di vista di nutrizionale. È giunta l’ora di essere tutti consapevoli che con le nostre scelte e i nostri comportamenti quotidiani possiamo davvero sovvertire delle logiche perverse che da troppo tempo stanno ammalando le società e l’intero pianeta. Per esempio, ogni anno circa il 33% del cibo prodotto a livello mondiale viene buttato senza essere nemmeno toccato. Bisognerebbe adottare una politica di spesa diversa: comprare meno cibo per prevenire lo spreco e destinare quel risparmio dalla quantità alla qualità dei prodotti che portiamo in tavola.

Il vostro appello fa sponda con la proposta di legge di Antonino Minardo, presidente della Commisione Difesa della Camera, di inserire nelle scuole e nelle università l’insegnamento dell’educazione alimentare, ambientale e stili di vita. In che modo Slow Food contribuirà affinchè questa proposta diventi una legge dello Stato?

Questo appello è stato ideato, oltre che da Slow Food, dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e dalle Comunità Laudato Si’, ed è promosso dal Politecnico di Torino, dall’Università di Torino e dall’Università del Piemonte Orientale. Con questa mobilitazione non vogliamo solamente muovere una richiesta alla politica, la quale – purtroppo – ha sempre tempi molto lunghi. Firmando l’appello, infatti, ogni individuo si assume la responsabilità di adottare sin da subito dei comportamenti alimentari virtuosi. Dimostrando così che una parte della società è già pronta ad affrontare seriamente questo cambiamento. Dunque, chiedendo che l’educazione alimentare diventi diritto di ogni giovane studente, vogliamo anche legittimare tutte quelle realtà virtuose che già da anni portano avanti dei percorsi di educazione alimentare, per esempio grazie alla buona volontà di alcune maestre. È giunta l’ora di sistematizzare questa necessità e tutti i promotori di questo appello si mettono a disposizione per trovare le adeguate soluzioni e agevolare la formazione di tutto il personale doc

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